sabato 3 novembre 2018

Preservazione della fertilità nella donna

        Le attuali strategie proposte per preservare la fertilità nella donna affetta da neoplasia sono rappresentate da:

trasposizione ovarica (ooforopessi): 
       consiste nello spostare chirurgicamente le ovaie il più lontano possibile dal campo di irradiazione e può essere offerta alle pazienti che devono essere sottoposte ad irradiazione pelvica. La procedura può essere effettuata per via laparoscopica se una laparotomia non è necessaria per il trattamento primario della neoplasia. Nel medesimo intervento è possibile eseguire un prelievo di tessuto ovarico per crioconservazione (tecnica ancora sperimentale). L’età della paziente influenza il successo della metodica per cui non è indicato eseguire la trasposizione ovarica per preservare la fertilità dopo i 40 anni. Le indicazioni a tale tecnica dipendono fortemente dal tipo di neoplasia da trattare e dal tipo e dose del campo di irradiazione pelvica.
Crioconsevazione del tessuto ovarico: 
Immagine di una donna che parla con una dottoressa       è una tecnica che ha il vantaggio di non richiedere né un partner né una stimolazione ormonale e che offre importanti prospettive per preservare sia la funzione riproduttiva sia l’attività steroidogenetica. Può essere effettuata in qualsiasi momento del ciclo mestruale, permettendo quindi di evitare il ritardo nell’inizio del trattamento chemioterapico ma necessita di un intervento chirurgico laparoscopico per il prelievo di frammenti di corticale ovarica. E’ indicata in donne con età inferire a 38 anni con riserva ovarica adeguata. E’ da  sottolineare tuttavia che si tratta di una tecnica ancora sperimentale.
Crioconservazione ovocitaria:
       è indicata in pazienti che hanno la possibilità di rinviare il trattamento chemioterapico di 2-3- settimane e che hanno una riserva ovarica adeguata per il recupero di un numero sufficiente di ovociti. Rappresenta un’importante strategia di preservazione della fertilità per prevenire l’ infertilità conseguente ai danni delle terapie antineoplastiche.
Utilizzo di LH-RH analoghi in concomitanza a chemioterapia: 
       tali farmaci riducono la tossicità ovarica della chemioterapia che colpisce maggiormente i tessuti con rapido turnover cellulare. Lo stato indotto di inibizione dell’attività ovarica durante la terapia antiblastica potrebbe proteggere le ovaie stesse dall’effetto della chemioterapia. La somministrazione cronica di LH-RH (ormone di rilascio dell’ormone luteinizzante), riducendo la secrezione di FSH (ormone follicolo stimolante), sopprime la funzione ovarica e potrebbe quindi ridurre l’effetto tossico della chemioterapia.

Fonte http://www.salute.gov.it/portale/fertility/dettaglioContenutiFertility.jsp?lingua=italiano&id=4573&area=fertilita&menu=tutela

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