In linea generale, le donne occidentali fanno figli in età più avanzata rispetto alle donne dei paesi orientali.
Da un punto di vista strettamente medico, si tende a ritenere che sussisterebbero maggiori rischi per la salute dei bambini che vengono partoriti quando la donna è più avanti con l’età.
In realtà, come dimostra invece il complesso di dati del Millennium Cohort Study del Regno Unito (pubblicato anche sulla rivista Bioepidemiology and Social Biology), le cosse non starebbero proprio così.
A quanto pare, infatti, sarebbero maggiori le probabilità di diventare obesi per i figli nati da madri fra i 23-29 anni che non per i bambini partoriti da donne fra i 30-39 anni.
Ma non solo: i bambini nati da donne già trentenni avrebbero dato risultati più alti ai test cognitivi e comportamentali ai quali è stato sottoposto il campione. Non sarebbero invece presenti per questi bambini quei rischi di obesità rilevati per quelli nati da madri più giovani.
Il Millennium Cohort Study, in poche parole, mira a riconsiderare con più attenzione i risultati di quegli studi che hanno portato a correlare l’età della madre al maggior rischio di malattie genetiche o deficit cognitivi nei figli. Il campione utilizzato da questo studio è piuttosto ampio: ben 18mila bambini britannici.
La ricerca coordinata da Alice Goisis impone quindi più attenzione nel prendere in considerazione i dati tradizionalmente accettati come dogma.
Insomma, avere figli dopo i trent’anni non significherebbe categoricamente esporre i nascituri a dei rischi: anzi, spiega la ricercatrice, le donne ultra-trentenni sarebbero più attente ai loro figli e al loro sviluppo cognitivo per diversi motivi.
Innanzitutto le donne più “mature” sono mediamente più istruite, economicamente indipendenti e con una relazione stabile. Generalmente seguono stili di vita più sani ed equilibrati, per esempio fumano di meno e mangiano meglio. Inoltre, se tendono a giocare di meno con i bambini, pare leggano loro di più.
Non c’è quindi da stupirsi se il punteggio dei test cognitivi di questi bambini sia più alto rispetto a quello dei loro coetanei nati da madri più giovani.
In fin dei conti, il Millennium Cohort Study mira solamente a giustificare quali possano essere gli effetti positivi di una gravidanza portata avanti da una donna di trent’anni in un paese come il Regno Unito, dove l’età media delle madri è cresciuta vertiginosamente dai 25 anni ai 28 anni.
Se è comunque presto per trarre conclusioni, questo studio offre interessanti spunti di riflessione rispetto all’annosa questione su quale sia l’età giusta per mettere al mondo un bambino.
Fonte
How Are Children of Older Mothers Doing? Evidence from the United Kingdom
Da un punto di vista strettamente medico, si tende a ritenere che sussisterebbero maggiori rischi per la salute dei bambini che vengono partoriti quando la donna è più avanti con l’età.
In realtà, come dimostra invece il complesso di dati del Millennium Cohort Study del Regno Unito (pubblicato anche sulla rivista Bioepidemiology and Social Biology), le cosse non starebbero proprio così.
A quanto pare, infatti, sarebbero maggiori le probabilità di diventare obesi per i figli nati da madri fra i 23-29 anni che non per i bambini partoriti da donne fra i 30-39 anni.
Ma non solo: i bambini nati da donne già trentenni avrebbero dato risultati più alti ai test cognitivi e comportamentali ai quali è stato sottoposto il campione. Non sarebbero invece presenti per questi bambini quei rischi di obesità rilevati per quelli nati da madri più giovani.
Il Millennium Cohort Study, in poche parole, mira a riconsiderare con più attenzione i risultati di quegli studi che hanno portato a correlare l’età della madre al maggior rischio di malattie genetiche o deficit cognitivi nei figli. Il campione utilizzato da questo studio è piuttosto ampio: ben 18mila bambini britannici.
La ricerca coordinata da Alice Goisis impone quindi più attenzione nel prendere in considerazione i dati tradizionalmente accettati come dogma.
Insomma, avere figli dopo i trent’anni non significherebbe categoricamente esporre i nascituri a dei rischi: anzi, spiega la ricercatrice, le donne ultra-trentenni sarebbero più attente ai loro figli e al loro sviluppo cognitivo per diversi motivi.
Innanzitutto le donne più “mature” sono mediamente più istruite, economicamente indipendenti e con una relazione stabile. Generalmente seguono stili di vita più sani ed equilibrati, per esempio fumano di meno e mangiano meglio. Inoltre, se tendono a giocare di meno con i bambini, pare leggano loro di più.
Non c’è quindi da stupirsi se il punteggio dei test cognitivi di questi bambini sia più alto rispetto a quello dei loro coetanei nati da madri più giovani.
In fin dei conti, il Millennium Cohort Study mira solamente a giustificare quali possano essere gli effetti positivi di una gravidanza portata avanti da una donna di trent’anni in un paese come il Regno Unito, dove l’età media delle madri è cresciuta vertiginosamente dai 25 anni ai 28 anni.
Se è comunque presto per trarre conclusioni, questo studio offre interessanti spunti di riflessione rispetto all’annosa questione su quale sia l’età giusta per mettere al mondo un bambino.
Fonte
How Are Children of Older Mothers Doing? Evidence from the United Kingdom
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