La malattia è legata ad una anomala risposta immunitaria, soprattutto di un tipo di globuli bianchi denominato linfociti T, alla gliadina, una glicoproteina, vale a dire una molecola complessa formata da una parte proteica e una glucidica (zuccherina). La gliadina, insieme alla glutenina, costituisce glutine, una proteina presente nei derivati alimentari di grano, orzo, segale e altri cereali.
La malattia dura tutta la vita e non vi è cura; la rigida astinenza dietetica dal glutine è il solo mezzo per prevenire i danni alla mucosa intestinale e le complicanze cliniche (NIH, 2004; Shan et al 2002 ; Fasano et al 2003; Corrao et al 2001; Fasano e Catassi, 2001).
L'intolleranza al glutine si verifica in individui geneticamente predisposti nei quali l'ingestione di glutine innesca una reazione immunitaria complessa. La prima fase consiste in un'infiammazione della mucosa intestinale provocata dalla risposta immunitaria anomala. Quando il glutine raggiunge l'intestino, un enzima, chiamato transglutaminasi tissutale (tTG), si lega al glutine stesso e ne favorisce l'assorbimento. Nei soggetti intolleranti, a livello dello strato più profondo della mucosa intestinale, il glutine viene "processato" da cellule del sistema immunitario deputate alla identificazione delle molecole in arrivo dal lume intestinale e riconosciuto "per errore" come dannoso. La mucosa è il rivestimento del lume interno dell'intestino e il suo strato più profondo è denominato lamina propria. Come conseguenza di questo primo contatto, avviene l'attivazione dei Linfociti T che, a loro volta, coinvolgono altre cellule del sistema immunitario in una "reazione a catena", che ha come esito finale il danneggiamento dei villi intestinali. Sono queste le microscopiche sporgenze della mucosa intestinale che favoriscono l'assorbimento delle componenti alimentari. Nell'ambito della anomala reazione immunitaria al glutine, si formano anche anticorpi di classe IgG e IgA anti-glutine (AGA) e anti tTG, che vengono dosati nel sangue per indirizzare la diagnosi. Gli anticorpi sono molecole prodotte da cellule del sistema immunitario e che, nel sangue, nei tessuti e nelle secrezioni, legano, inattivano ed eliminano composti identificati come dannosi. Il processo infiammatorio che si attiva in seguito all'ingestione di alimenti contenenti glutine è in grado di alterare la struttura della mucosa dell'intestino tenue, provocando un'infiltrazione di cellule del sistema immunitario nei vari strati della mucosa, provocando la riduzione dell'altezza dei villi, fino a determinare la loro scomparsa. Questo aspetto della superficie della mucosa si definisce atrofico e impedisce un corretto assorbimento delle sostanze nutritizie (malassorbimento). Il malassorbimento è responsabile, a sua volta, della maggior parte dei sintomi della malattia celiaca (Farrell and Kelly, 2002; Fasano, 2003; Green and Jabri, 2003; NIH, 2004; Lundin e coll. 2003; Arentz-Hansen e coll. 2004). Il riscontro di una mucosa atrofica in corso di endoscopia con prelievo di campioni di tessuto (biopsia), è la sola evidenza che possa confermare con certezza la diagnosi della malattia.
I sintomi della malattia celiaca si presentano con un'alta variabilità in base all'età , alla funzione del sistema immunitario di ciascun individuo, all'entità dell'esposizione al glutine e all' estensione del tratto di intestino danneggiato. Si distinguono manifestazioni gastrointestinali o "classiche" della celiachia e sintomi non-gastrointestinali.
Celiachia e funzione dell'apparato riproduttivo
La celiachia è associata a diverse manifestazioni extra-intestinali, alcune delle quali sembrano avere importanti effetti sull'apparato riproduttivo (Rostami et al, 2001; Collin et al, 2002). La possibilità di una correlazione tra malattia celiaca e problemi all'apparato riproduttivo, tra i quali una vera e propria infertilità , aborti ricorrenti e ritardo di crescita del feto nell'utero, è stata oggetto di numerosi studi. In varie ricerche che hanno analizzato l'effetto della malattia celiaca sulla funzione riproduttiva, le donne affette da celiachia con una dieta normale, avevano un aumentato rischio di infertilità , se confrontate con le pazienti che seguivano una dieta priva di glutine (Ferguson et al 1982; McCann et al 1988; Molteni et al 1990; Sher et al 1996).
Le pazienti celiache generalmente hanno un ritardo nella comparsa della prima mestruazione (menarca), che si verifica intorno ai 18 anni, irregolarità delle mestruazioni, assenza di ovulazione ed un aumentato tempo necessario per ottenere il concepimento.
Altri riflessi negativi in campo ostetrico possono essere: basso peso alla nascita e ritardo di crescita del feto nell'utero. Un dato interessante è stato raccolto nel gruppo di 12 donne con Malattia celiaca studiate da Martinelli et al. nel 2010. Tre neonati sono nati gravemente prematuri e non vitali (25%) e 5 neonati erano sottopeso (41%); nella stessa casistica ci sono stati anche tre casi (25%) di presentazione podalica (il nascituro ha le gambe in corrispondenza dell'apertura dell'utero) e uno di preeclampsia, una patologia gravidica che può essere anche molto grave.
Per quanto riguarda la ridotta durata dell'allattamento, l'unico dato, peraltro di notevole interesse, viene riportato in uno studio di Ciacci et al., nel quale nelle madri celiache non trattate, la durata dell'allattamento è ridotta di circa 2,5 volte, rispetto alle madri che seguivano la dieta senza glutine (Ciacci et al. 1996).
Dagli studi attualmente disponibili emergono inoltre altri elementi interessanti come la mancanza di correlazione tra la gravità delle manifestazioni cliniche della malattia celiaca e le alterazioni della funzione riproduttiva. L'anemia da carenza di ferro può essere un indicatore per identificare i casi di malattia celiaca subclinica, che rappresenta il segno più evidente e frequente. Alcuni studi clinici evidenziano come la malattia celiaca possa manifestarsi nella sua forma conclamata o riattivarsi, durante la gravidanza, in pazienti con forma non evidente in termini clinici (subclinica) o che hanno intrapreso da tempo la dieta senza glutine,.
Sebbene il meccanismo che correla la malattia celiaca con le alterazioni della funzione riproduttiva non sia stato ancora completamente chiarito, il malassorbimento che provoca uno stato di malnutrizione generale e la carenza di elementi nutrizionali specifici, come ferro, acido folico e zinco, possono essere causa di ridotta fertilità e dei problemi ostetrici e ginecologici associati alla malattia celiaca. Infatti, la presenza di alterazioni riproduttive nei casi di malattia celiaca subclinica suggerisce un ruolo importante delle carenze di fattori nutrizionali specifici come minerali (ferro, zinco) e vitamine (acido folico, vitamine B12, K e B6) importanti per lo sviluppo prenatale del feto. Bassi livelli sierici di acido folico nella madre sono anche associati all'aumento del rischio di aborti spontanei, ipotizzando che il concepimento sia avvenuto nel periodo di maggiore carenza. La carenza di elementi nutrizionali specifici è inoltre coinvolta nella patogenesi di numerose malformazioni: difetti del tubo neurale e dello sviluppo del cuore, malformazioni del sistema urinario, restringimento (stenosi) del piloro. Inoltre, l'inadeguato apporto di nutrienti è anche associato ad aumentato rischio di ritardo di crescita del feto all'interno dell'utero, distacco ed infarto placentare e parto prematuro.
Recentemente è stato suggerito che il ridotto apporto di acido folico abbia un ruolo nell'aumento di aborti spontanei osservato nelle donne celiache. Nelle pazienti che seguono la dieta senza glutine, un supporto dietetico con tale vitamina dovrebbe essere considerato nel periodo che precede il concepimento, perché anche modeste carenze di acido folico possono essere dannose per il feto. A tal proposito è bene ricordare che la concentrazione di acido folico negli eritrociti è un migliore indicatore del rischio di malformazioni congenite rispetto ai livelli sierici della stessa molecola. La menopausa nelle pazienti con malattia celiaca tende ad avere un anticipo di 7 anni rispetto ai controlli sani ed è caratterizzata da un'elevata incidenza di alterazioni nel metabolismo del tessuto osseo (osteopatia metabolica).
Anche lo stress ossidativo, può essere associato alle forme croniche di malattia celiaca. Esso consiste nell'accumulo nei tessuti di radicali liberi di origine lipidica e proteica. I radicali liberi sono sostanze derivate dal metabolismo delle cellule e che sono potenzialmente dannosi, quando non smaltiti adeguatamente. Nella forma classica di malattia celiaca sono molto attivi processi metabolici che provocano lo sviluppo di radicali liberi. Può essere importante valutare la variazione di indicatori di accumulo di molecole tossiche che potrebbero influenzare negativamente la funzione riproduttiva (Odetti et al 1998).
Sebbene il meccanismo che determina questi effetti non sia stato ancora completamente chiarito, si presuppone che il malassorbimento, responsabile di uno stato di malnutrizione generale con carenze di specifici nutrienti, interagisca con i sistemi ormonale ed immunitario della paziente. Infatti, malattie come il diabete mellito, disordini tiroidei e surrenali e malattie autoimmuni sono spesso associate alla malattia celiaca.
Per quanto riguarda la possibile associazione tra malattia celiaca e malformazioni congenite non vi sono al momento dati epidemiologici adeguati. È comunque certo che la malattia celiaca induca carenze di vitamine specifiche ed elementi nutrizionali essenziali, che sono indubbiamente correlate ad un aumento del rischio di malformazioni nel nascituro. Ad esempio la carenza di acido folico, vitamina B12 e/o zinco è associata a difetti del tubo neurale, mentre la carenza di vitamina K è associata a malformazioni scheletriche.
Attualmente, una diagnosi precoce e l'inizio tempestivo della dieta senza glutine sono gli unici metodi per prevenire seri danni al sistema riproduttivo delle donne con malattia celiaca. Tuttavia, un lieve malassorbimento cronico può insorgere in seguito a ingestione continuata di basse dosi di glutine, intenzionale o non intenzionale, attraverso ad esempio additivi dei cibi e eccipienti dei farmaci. In ogni caso, le donne affette da malattia celiaca sono un sottogruppo a rischio, la funzione riproduttiva delle quali dovrà essere controllata da un punto di vista clinico e gestita con modifiche della nutrizione.
Fonti
Arentz-Hansen H, Fleckenstein B, Molberg O, Scott H, Koning F, Jung G, Roepstorff P, Lundin KE, Sollid LM. 2004 Oct;1(1):e1. Epub 2004 Oct 19.
Ciacci C, Cirillo M, Auriemma G, Di Dato G, Sabbatini F, Mazzacca G. Celiac disease and pregnancy out come Am J Gastroenterol 1996, 91 718-22.
La malattia dura tutta la vita e non vi è cura; la rigida astinenza dietetica dal glutine è il solo mezzo per prevenire i danni alla mucosa intestinale e le complicanze cliniche (NIH, 2004; Shan et al 2002 ; Fasano et al 2003; Corrao et al 2001; Fasano e Catassi, 2001).
L'intolleranza al glutine si verifica in individui geneticamente predisposti nei quali l'ingestione di glutine innesca una reazione immunitaria complessa. La prima fase consiste in un'infiammazione della mucosa intestinale provocata dalla risposta immunitaria anomala. Quando il glutine raggiunge l'intestino, un enzima, chiamato transglutaminasi tissutale (tTG), si lega al glutine stesso e ne favorisce l'assorbimento. Nei soggetti intolleranti, a livello dello strato più profondo della mucosa intestinale, il glutine viene "processato" da cellule del sistema immunitario deputate alla identificazione delle molecole in arrivo dal lume intestinale e riconosciuto "per errore" come dannoso. La mucosa è il rivestimento del lume interno dell'intestino e il suo strato più profondo è denominato lamina propria. Come conseguenza di questo primo contatto, avviene l'attivazione dei Linfociti T che, a loro volta, coinvolgono altre cellule del sistema immunitario in una "reazione a catena", che ha come esito finale il danneggiamento dei villi intestinali. Sono queste le microscopiche sporgenze della mucosa intestinale che favoriscono l'assorbimento delle componenti alimentari. Nell'ambito della anomala reazione immunitaria al glutine, si formano anche anticorpi di classe IgG e IgA anti-glutine (AGA) e anti tTG, che vengono dosati nel sangue per indirizzare la diagnosi. Gli anticorpi sono molecole prodotte da cellule del sistema immunitario e che, nel sangue, nei tessuti e nelle secrezioni, legano, inattivano ed eliminano composti identificati come dannosi. Il processo infiammatorio che si attiva in seguito all'ingestione di alimenti contenenti glutine è in grado di alterare la struttura della mucosa dell'intestino tenue, provocando un'infiltrazione di cellule del sistema immunitario nei vari strati della mucosa, provocando la riduzione dell'altezza dei villi, fino a determinare la loro scomparsa. Questo aspetto della superficie della mucosa si definisce atrofico e impedisce un corretto assorbimento delle sostanze nutritizie (malassorbimento). Il malassorbimento è responsabile, a sua volta, della maggior parte dei sintomi della malattia celiaca (Farrell and Kelly, 2002; Fasano, 2003; Green and Jabri, 2003; NIH, 2004; Lundin e coll. 2003; Arentz-Hansen e coll. 2004). Il riscontro di una mucosa atrofica in corso di endoscopia con prelievo di campioni di tessuto (biopsia), è la sola evidenza che possa confermare con certezza la diagnosi della malattia.
I sintomi della malattia celiaca si presentano con un'alta variabilità in base all'età , alla funzione del sistema immunitario di ciascun individuo, all'entità dell'esposizione al glutine e all' estensione del tratto di intestino danneggiato. Si distinguono manifestazioni gastrointestinali o "classiche" della celiachia e sintomi non-gastrointestinali.
Celiachia e funzione dell'apparato riproduttivo
La celiachia è associata a diverse manifestazioni extra-intestinali, alcune delle quali sembrano avere importanti effetti sull'apparato riproduttivo (Rostami et al, 2001; Collin et al, 2002). La possibilità di una correlazione tra malattia celiaca e problemi all'apparato riproduttivo, tra i quali una vera e propria infertilità , aborti ricorrenti e ritardo di crescita del feto nell'utero, è stata oggetto di numerosi studi. In varie ricerche che hanno analizzato l'effetto della malattia celiaca sulla funzione riproduttiva, le donne affette da celiachia con una dieta normale, avevano un aumentato rischio di infertilità , se confrontate con le pazienti che seguivano una dieta priva di glutine (Ferguson et al 1982; McCann et al 1988; Molteni et al 1990; Sher et al 1996).
Le pazienti celiache generalmente hanno un ritardo nella comparsa della prima mestruazione (menarca), che si verifica intorno ai 18 anni, irregolarità delle mestruazioni, assenza di ovulazione ed un aumentato tempo necessario per ottenere il concepimento.
Altri riflessi negativi in campo ostetrico possono essere: basso peso alla nascita e ritardo di crescita del feto nell'utero. Un dato interessante è stato raccolto nel gruppo di 12 donne con Malattia celiaca studiate da Martinelli et al. nel 2010. Tre neonati sono nati gravemente prematuri e non vitali (25%) e 5 neonati erano sottopeso (41%); nella stessa casistica ci sono stati anche tre casi (25%) di presentazione podalica (il nascituro ha le gambe in corrispondenza dell'apertura dell'utero) e uno di preeclampsia, una patologia gravidica che può essere anche molto grave.
Per quanto riguarda la ridotta durata dell'allattamento, l'unico dato, peraltro di notevole interesse, viene riportato in uno studio di Ciacci et al., nel quale nelle madri celiache non trattate, la durata dell'allattamento è ridotta di circa 2,5 volte, rispetto alle madri che seguivano la dieta senza glutine (Ciacci et al. 1996).
Dagli studi attualmente disponibili emergono inoltre altri elementi interessanti come la mancanza di correlazione tra la gravità delle manifestazioni cliniche della malattia celiaca e le alterazioni della funzione riproduttiva. L'anemia da carenza di ferro può essere un indicatore per identificare i casi di malattia celiaca subclinica, che rappresenta il segno più evidente e frequente. Alcuni studi clinici evidenziano come la malattia celiaca possa manifestarsi nella sua forma conclamata o riattivarsi, durante la gravidanza, in pazienti con forma non evidente in termini clinici (subclinica) o che hanno intrapreso da tempo la dieta senza glutine,.
Sebbene il meccanismo che correla la malattia celiaca con le alterazioni della funzione riproduttiva non sia stato ancora completamente chiarito, il malassorbimento che provoca uno stato di malnutrizione generale e la carenza di elementi nutrizionali specifici, come ferro, acido folico e zinco, possono essere causa di ridotta fertilità e dei problemi ostetrici e ginecologici associati alla malattia celiaca. Infatti, la presenza di alterazioni riproduttive nei casi di malattia celiaca subclinica suggerisce un ruolo importante delle carenze di fattori nutrizionali specifici come minerali (ferro, zinco) e vitamine (acido folico, vitamine B12, K e B6) importanti per lo sviluppo prenatale del feto. Bassi livelli sierici di acido folico nella madre sono anche associati all'aumento del rischio di aborti spontanei, ipotizzando che il concepimento sia avvenuto nel periodo di maggiore carenza. La carenza di elementi nutrizionali specifici è inoltre coinvolta nella patogenesi di numerose malformazioni: difetti del tubo neurale e dello sviluppo del cuore, malformazioni del sistema urinario, restringimento (stenosi) del piloro. Inoltre, l'inadeguato apporto di nutrienti è anche associato ad aumentato rischio di ritardo di crescita del feto all'interno dell'utero, distacco ed infarto placentare e parto prematuro.
Recentemente è stato suggerito che il ridotto apporto di acido folico abbia un ruolo nell'aumento di aborti spontanei osservato nelle donne celiache. Nelle pazienti che seguono la dieta senza glutine, un supporto dietetico con tale vitamina dovrebbe essere considerato nel periodo che precede il concepimento, perché anche modeste carenze di acido folico possono essere dannose per il feto. A tal proposito è bene ricordare che la concentrazione di acido folico negli eritrociti è un migliore indicatore del rischio di malformazioni congenite rispetto ai livelli sierici della stessa molecola. La menopausa nelle pazienti con malattia celiaca tende ad avere un anticipo di 7 anni rispetto ai controlli sani ed è caratterizzata da un'elevata incidenza di alterazioni nel metabolismo del tessuto osseo (osteopatia metabolica).
Anche lo stress ossidativo, può essere associato alle forme croniche di malattia celiaca. Esso consiste nell'accumulo nei tessuti di radicali liberi di origine lipidica e proteica. I radicali liberi sono sostanze derivate dal metabolismo delle cellule e che sono potenzialmente dannosi, quando non smaltiti adeguatamente. Nella forma classica di malattia celiaca sono molto attivi processi metabolici che provocano lo sviluppo di radicali liberi. Può essere importante valutare la variazione di indicatori di accumulo di molecole tossiche che potrebbero influenzare negativamente la funzione riproduttiva (Odetti et al 1998).
Sebbene il meccanismo che determina questi effetti non sia stato ancora completamente chiarito, si presuppone che il malassorbimento, responsabile di uno stato di malnutrizione generale con carenze di specifici nutrienti, interagisca con i sistemi ormonale ed immunitario della paziente. Infatti, malattie come il diabete mellito, disordini tiroidei e surrenali e malattie autoimmuni sono spesso associate alla malattia celiaca.
Per quanto riguarda la possibile associazione tra malattia celiaca e malformazioni congenite non vi sono al momento dati epidemiologici adeguati. È comunque certo che la malattia celiaca induca carenze di vitamine specifiche ed elementi nutrizionali essenziali, che sono indubbiamente correlate ad un aumento del rischio di malformazioni nel nascituro. Ad esempio la carenza di acido folico, vitamina B12 e/o zinco è associata a difetti del tubo neurale, mentre la carenza di vitamina K è associata a malformazioni scheletriche.
Attualmente, una diagnosi precoce e l'inizio tempestivo della dieta senza glutine sono gli unici metodi per prevenire seri danni al sistema riproduttivo delle donne con malattia celiaca. Tuttavia, un lieve malassorbimento cronico può insorgere in seguito a ingestione continuata di basse dosi di glutine, intenzionale o non intenzionale, attraverso ad esempio additivi dei cibi e eccipienti dei farmaci. In ogni caso, le donne affette da malattia celiaca sono un sottogruppo a rischio, la funzione riproduttiva delle quali dovrà essere controllata da un punto di vista clinico e gestita con modifiche della nutrizione.
Fonti
Arentz-Hansen H, Fleckenstein B, Molberg O, Scott H, Koning F, Jung G, Roepstorff P, Lundin KE, Sollid LM. 2004 Oct;1(1):e1. Epub 2004 Oct 19.
Ciacci C, Cirillo M, Auriemma G, Di Dato G, Sabbatini F, Mazzacca G. Celiac disease and pregnancy out come Am J Gastroenterol 1996, 91 718-22.
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