Il kisspeptin, questo il nome della proteina, svolge una funzione vitale nella fase iniziale della pubertà. Secondo gli studiosi dell’Imperial College London, sarebbe anche in grado di fare recuperare le funzioni riproduttive primarie alle donne con bassi livelli di ormone sessuale, il cui sistema riproduttivo è spento.
“Purtroppo però – spiega il professor Giovanni Menaldo, direttore del Centro di procreazione assistita San Carlo di Torino – una sostanza che agisce a livello dell’ormone follicolo-stimolante GNRH non può risolvere le situazioni più difficili. In altre parole, questa proteina agisce su un campo ristretto di casi di infertilità, quelli in cui manca l’ovulazione. Si tratta dell’8% delle coppie infertili, ma è comunque una buona notizia”.
L’ormone giocherebbe un ruolo fondamentale nello stimolare il rilascio di quelli che controllano il ciclo mestruale. Lo studio, presentato in occasione dell’ultima conferenza della Società di endocrinologia, è stato definito dall’autore della ricerca, l’endocrinologo dell’Imperial College London Waljit Dhillo, “una conquista emozionante”. In effetti, gli esseri umani e gli animali deficitari della proteina kisspeptin restano sessualmente immaturi, tanto che la molecola è stata definita “l’interruttore della pubertà” proprio per la capacità di attivare il GPR54, il recettore codificato da un gene che “scatena” quell’attacco ormonale che rende gli adolescenti intrattabili.
In uno studio precedente, gli stessi ricercatori avevano dimostrato che un trattamento a base di kisspeptin è in grado di stimolare la produzione di ormoni sessuali in donne fertili. Adesso hanno fatto un passo avanti, concentrandosi sugli effetti che la proteina può avere su donne con squilibri ormonali.
Nell’ultima ricerca, un gruppo di donne non fertili e senza ciclo mestruale è stato trattato con iniezioni di kisspeptin, e un altro con soluzione salina. Dopo aver prelevato a tutte campioni di sangue per misurare i livelli dei due ormoni chiave dell’ovulazione – il luteinizzante (Luteinising hormone- LH) e il follicolo stimolante (Follicle-stimulating- hormone- FSH) – gli scienziati hanno notato che, rispetto al trattamento placebo, la kisspeptin aveva incrementato del 48% la produzione di LH e del 16 quella di FSH.
Il dottor Dhillo ha spiegato che la cura a base di kisspeptin su donne non fertili ha stimolato un aumento della produzione di ormone luteinizzante addirittura superiore a quello ottenuto con il trattamento su donne fertili. “L’infertilità è una condizione che interessa milioni di coppie in tutto il mondo. Lo studio è una conquista, e suggerisce la possibilità che il trattamento faccia recuperare le funzioni riproduttive alle donne con bassi livelli di ormoni sessuali”.
“Questa scoperta è senza dubbio interessante – conclude Menaldo – considerando la possibilità concreta di aiutare gli uomini con deficit nella produzione di spermatozoi. Quanto alle donne, potrebbe sostituire, ma è tutto da sperimentare, le terapie a base di gonadotropine, con iniezioni di ormoni sulla pancia e sui glutei”.
Ma il professore precisa che da tutto questo resta esclusa la fetta più consistente di donne non fertili, quelle che soffrono di menopausa precoce o hanno perso la funzionalità ovarica in seguito a un intervento chirurgico (ad esempio in caso di tumore all’utero o di endometriosi). Nel loro caso la terapia non risolve il problema e l’unica cura resta ancora “mettersi in lista d’attesa negli ambulatori inglesi o dell’Europa dell’est per una fecondazione assistita, dato che la nostra legge non prevede l’ovodonazione”.
Il prossimo obiettivo degli scienziati inglesi sarà ora quello di stabilire il protocollo migliore per somministrazioni ripetute di kisspeptin. Con la speranza di sviluppare una nuova terapia della fertilità, capace di aiutare quelle 8 coppie su 100 che desiderano un figlio.
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