L’acido folico, anche conosciuto come vitamina B9, deve essere introdotto attraverso la dieta assumento gli specificici alimenti che lo contengano o mediante integratori specifici, purtroppo non viene prodotto dal nostro organismo. Se in condizioni basali il suo fabbisogno quotidiano ammonta a circa 0.2 mg, durante la gravidanza, quando il feto attinge alle riserve materne, questo raddoppia a circa 0,4 mg.
Nella popolazione ostetrica l’acido folico ricopre un ruolo di fondamentale importanza, è ampiamente riconosciuta la sua capacità di prevenire le coliche renali e le malformazioni neonatali, specie per quelle a carico del sistema nervoso centrale (come i difetti del tubo neurale, ed altri tipi di malformazioni del cranio) e del cuore.
Considerando che la letteratura dimostra che un peso alla nascita inferiore al 10° percentile è associato ad un aumento del tasso di morbilità e mortalità neonatale ed è correlato all’insorgenza di malattie croniche in età avanzata (diabete di tipo 2, ipertensione, obesità, malattie cardiovascolari e problemi di salute mentale), la prevenzione delle nascite di neonati piccoli per l’età gestazionale (SGA) ha il potenziale per produrre benefici significativi per la salute pubblica.
I ricercatori dell’indagine citata, condotta tra il 2009 ed il 2012 da un gruppo di ricercatori del Sandwell and West Birmingham Hospitals (Regno Unito), hanno sfruttato un ampio database regionale perinatale e condotto una revisione sistematica della letteratura alla quale ha fatto seguito una meta-analisi degli studi. Il campione, molto eterogeneo, era composto da 111.736 gravide con una età media di 28.7 anni e indice di massa corporea medio di 24.7 kg/m2; il 42% delle gestanti erano primipare, l’82% non fumatrici.
Grazie alla raccolta dati è emerso che la maggioranza delle donne ha effettuato la supplementazione raccomandata di acido folico, in modesta parte in via pre-concezionale (25.5%) ed in misura maggiore solo dopo il concepimento (74.5%), mentre il 15.1% di queste non ha integrato la propria dieta. Dall’analisi dei dati emerge che il 13.4% ed il 7% dei neonati sono nati con peso inferiore al 10° ed al 5° percentile, rispettivamente: la percentuale più elevata di nascite di neonati SGA si è registrata tra le donne che non avevano assunto acido folico. Inoltre, confrontando gli effetti della supplementazione di B9 pre/post-concezionale, la percentuale di Small for Gestational Age è risultata essere inferiore nel gruppo di donne che hanno assunto precocemente l’acido folico: tra le gestanti che hanno assunto anticipatamente la vitamina vi sono stati il 9.9% ed il 4.8% di bambini SGA sotto il 10° ed il 5° percentile rispettivamente, contro il 13.8% e 7.1% registrati tra le donne che hanno integrato la propria dieta solo dopo il concepimento.
Pertanto, i benefici derivanti dall’assunzione di acido folico sono maggiori quando questa è precoce e l’integrazione precoce è risultata associata ad una significativa riduzione del rischio di basso peso alla nascita, inferiore sia al 10 ° che al 5° percentile. Nonostante in molti paesi le raccomandazioni che invitano ad avviare l’integrazione pre-concezionale di vitamina B9 siano marcate, il riscontro da parte della popolazione è ancora modesto (ad esempio, nel Regno Unito oscilla tra il 14.8 ed il 31%); risulta quindi fondamentale identificare le opportune strategie per migliorare l’attuazione della politica di supplementazione dell’acido folico in quanto, date le conseguenze nel breve e lungo periodo di una sua carenza durante la gestazione, simili interventi possono avere importanti implicazioni per la salute pubblica.
Permane oggi la necessità di comprendere il meccanismo con il quale la B9 produce il suo effetto sul peso alla nascita, allo scopo di ottimizzare il dosaggio della supplementazione nelle donne considerate a più alto rischio di SGA; l’ottimizzazione del dosaggio è particolarmente rilevante anche alla luce dell’attuale dibattito internazionale sulle politiche della fortificazione degli alimenti.
Fonti scientifiche primarie: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25424556
Nella popolazione ostetrica l’acido folico ricopre un ruolo di fondamentale importanza, è ampiamente riconosciuta la sua capacità di prevenire le coliche renali e le malformazioni neonatali, specie per quelle a carico del sistema nervoso centrale (come i difetti del tubo neurale, ed altri tipi di malformazioni del cranio) e del cuore.
Considerando che la letteratura dimostra che un peso alla nascita inferiore al 10° percentile è associato ad un aumento del tasso di morbilità e mortalità neonatale ed è correlato all’insorgenza di malattie croniche in età avanzata (diabete di tipo 2, ipertensione, obesità, malattie cardiovascolari e problemi di salute mentale), la prevenzione delle nascite di neonati piccoli per l’età gestazionale (SGA) ha il potenziale per produrre benefici significativi per la salute pubblica.
I ricercatori dell’indagine citata, condotta tra il 2009 ed il 2012 da un gruppo di ricercatori del Sandwell and West Birmingham Hospitals (Regno Unito), hanno sfruttato un ampio database regionale perinatale e condotto una revisione sistematica della letteratura alla quale ha fatto seguito una meta-analisi degli studi. Il campione, molto eterogeneo, era composto da 111.736 gravide con una età media di 28.7 anni e indice di massa corporea medio di 24.7 kg/m2; il 42% delle gestanti erano primipare, l’82% non fumatrici.
Grazie alla raccolta dati è emerso che la maggioranza delle donne ha effettuato la supplementazione raccomandata di acido folico, in modesta parte in via pre-concezionale (25.5%) ed in misura maggiore solo dopo il concepimento (74.5%), mentre il 15.1% di queste non ha integrato la propria dieta. Dall’analisi dei dati emerge che il 13.4% ed il 7% dei neonati sono nati con peso inferiore al 10° ed al 5° percentile, rispettivamente: la percentuale più elevata di nascite di neonati SGA si è registrata tra le donne che non avevano assunto acido folico. Inoltre, confrontando gli effetti della supplementazione di B9 pre/post-concezionale, la percentuale di Small for Gestational Age è risultata essere inferiore nel gruppo di donne che hanno assunto precocemente l’acido folico: tra le gestanti che hanno assunto anticipatamente la vitamina vi sono stati il 9.9% ed il 4.8% di bambini SGA sotto il 10° ed il 5° percentile rispettivamente, contro il 13.8% e 7.1% registrati tra le donne che hanno integrato la propria dieta solo dopo il concepimento.
Pertanto, i benefici derivanti dall’assunzione di acido folico sono maggiori quando questa è precoce e l’integrazione precoce è risultata associata ad una significativa riduzione del rischio di basso peso alla nascita, inferiore sia al 10 ° che al 5° percentile. Nonostante in molti paesi le raccomandazioni che invitano ad avviare l’integrazione pre-concezionale di vitamina B9 siano marcate, il riscontro da parte della popolazione è ancora modesto (ad esempio, nel Regno Unito oscilla tra il 14.8 ed il 31%); risulta quindi fondamentale identificare le opportune strategie per migliorare l’attuazione della politica di supplementazione dell’acido folico in quanto, date le conseguenze nel breve e lungo periodo di una sua carenza durante la gestazione, simili interventi possono avere importanti implicazioni per la salute pubblica.
Permane oggi la necessità di comprendere il meccanismo con il quale la B9 produce il suo effetto sul peso alla nascita, allo scopo di ottimizzare il dosaggio della supplementazione nelle donne considerate a più alto rischio di SGA; l’ottimizzazione del dosaggio è particolarmente rilevante anche alla luce dell’attuale dibattito internazionale sulle politiche della fortificazione degli alimenti.
Fonti scientifiche primarie: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25424556
Nessun commento:
Posta un commento