Tra il 15% e il 25% delle gravidanze diagnosticate infatti si interrompono per cause prevalentemente legate ad anomalie cromosomiche, quindi sono inevitabili. Tale percentuale aumenta drammaticamente con l'età materna, superando, da 40 anni in su, il 50 %. L'unica prevenzione possibile potrebbe pertanto consistere nell'incoraggiare le donne ad affrontare la gravidanza in età più giovane, invertendo il trend attuale, per cui l'età media delle gestanti tende ad essere sempre più attempata.
Nell'ambito dell'aborto spontaneo esiste tuttavia una sottocategoria particolare. Il 5% delle donne subiscono 2 aborti, l'1% invece 3 o più. In questi casi si parla di aborto ricorrente e gli embrioni risultano per lo più normali dal punto di vista cromosomico.
Uno studio recente offre una nuova spiegazione a questo fenomeno, aprendo delle interessanti prospettive per la prevenzione di questa patologia (Emma S. Lucas et al, Loss of Endometrial Plasticity in Recurrent Pregnancy Loss, STEM CELLS 2016;34,346-356).
L'endometrio è un tessuto dotato di straordinarie potenzialità rigenerative, in relazione a eventi dinamici quali le mestruazioni, l'aborto, il parto, che determinano l'attivazione delle cellule staminali dell'endometrio e la loro differenziazione in cellule mature. Tali cellule si trasformano in cellule deciduali in occasione della gravidanza. Anomalie nella maturazione delle cellule stromali dell'endometrio e conseguenti alterazioni deciduali potrebbero essere alla base dell'aborto ricorrente. Sono stati fatti studi su colture cellulari di cellule ottenute da aborti ricorrenti, che hanno dimostrato che l'aborto ricorrente è associato a carenza delle popolazioni endometriali clonogeniche. In alcune donne si verifica un deficit delle cellule staminali e un precoce invecchiamento stromale che ostacola la trasformazione dell'endometrio in decidua e predispone all'aborto spontaneo. Tale fenomeno tende a ripresentarsi nelle gravidanze successive. La comprensione dei meccanismi patogenetici dell'aborto spontaneo è essenziale per sviluppare test diagnostici e terapie per prevenire tale patologia. Lo studio evidenzia che si dovrà intervenire già prima del concepimento, per migliorare la formazione della decidua e fornisce un nuovo e promettente contributo a future ricerche sull'argomento.
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