La biologia ci ha insegnato che, almeno in teoria, gli uomini potrebbero avere figli a qualsiasi età, ma per le donne non vale lo stesso. I primi continuano infatti a produrre nuovi spermatozoi nel corso di tutta la loro vita , mentre l'orologio biologico delle seconde corre molto più velocemente: l’apice della capacità procreativa si raggiunge intorno ai 20 anni, poi questa comincia inesorabilmente a diminuire Le donne, infatti, nascono già con tutto il loro potenziale riproduttivo – circa 300.000 cellule che diventeranno ovociti maturi durante il periodo fertile .
Ora sembra che le cose potrebbero andare diversamente. Già nel 2004, il gruppo di ricerca di Jonathan Tilly, direttore del Vincent Center for Reproductive Biologypresso l'ospedale universitario, aveva trovato cellule staminali adulte nel tessuto ovarico di femmine di topo, e dimostrato che queste erano in grado di dare luogo afollicoli ovarici. Lo studio era stato pubblicato su Nature e aveva fatto discutere parecchio. Da qual momento però, altre ricerche di gruppi indipendenti hanno dimostrato l'esistenza di queste staminali adulte e il loro potenziale.
Ora, nel nuovo studio, Tilly e colleghi hanno trovato per la prima volta queste cellule staminali ovariche anche negli esseri umani (in tessuto ovarico prelevato con biopsia). Non solo: le hanno prelevate e fatte differenziare in cellule che presentavano le stesse caratteristiche degli ovociti.
Anche questo studio è stato pubblicato su Nature. In breve, dopo aver riconosciuto le staminali (grazie a una particolare proteina espressa solo sulla loro superficie), Tilly le ha isolate e marcate con una proteina fluorescente, e iniettate nuovamente nel tessuto originale; quest'ultimo, infine, è stato trapiantato sotto la pelle di topi. Dopo 7 e 14 giorni si erano formati follicoli immaturi marcati con la proteina.
In un altro esperimento, questa volta condotto sulle staminali ovariche dei topi, gli ovociti ottenuti con lo stesso protocollo erano stati fatti maturare completamente e fecondati in vitro: gli embrioni sono stati lasciati procedere nelle divisioni cellulari per qualche ora, fino allo stato di blastocisti.
Diverse le prospettive che si aprono nel campo dei trattamenti contro l'infertilità. Per esempio già si immagina un futuro in cui non sarà necessario ricorrere allastimolazione ormonale per ottenere pochi ovociti per volta.
Il gruppo di Tilly – che sta valutando la possibilità di realizzare una banca di staminali ovariche umane, dovrebbe partire con un trial clinico già entro quest'anno grazie anche al finanziamento della sua azienda OvaScience.
Tornando alle possibili applicazioni, si parla in ogni caso di un futuro non troppo vicino. “Nessuno dei criteri che noi usiamo per stabilire che una cellula è un ovocita di alta qualità, usato per i trattamenti attuali, è soddisfatto dallo studio”, ha fatto notare David Albertini del Kansas University Medical Center, in un'intervista al New York Times: “Anche se i risultati dovessero essere confermati, l’immediato uso di queste cellule non sarebbe nei trattamenti per l’infertilità, ma in altri campi, come la sperimentazione farmacologica”.
Ora sembra che le cose potrebbero andare diversamente. Già nel 2004, il gruppo di ricerca di Jonathan Tilly, direttore del Vincent Center for Reproductive Biologypresso l'ospedale universitario, aveva trovato cellule staminali adulte nel tessuto ovarico di femmine di topo, e dimostrato che queste erano in grado di dare luogo afollicoli ovarici. Lo studio era stato pubblicato su Nature e aveva fatto discutere parecchio. Da qual momento però, altre ricerche di gruppi indipendenti hanno dimostrato l'esistenza di queste staminali adulte e il loro potenziale.
Ora, nel nuovo studio, Tilly e colleghi hanno trovato per la prima volta queste cellule staminali ovariche anche negli esseri umani (in tessuto ovarico prelevato con biopsia). Non solo: le hanno prelevate e fatte differenziare in cellule che presentavano le stesse caratteristiche degli ovociti.
Anche questo studio è stato pubblicato su Nature. In breve, dopo aver riconosciuto le staminali (grazie a una particolare proteina espressa solo sulla loro superficie), Tilly le ha isolate e marcate con una proteina fluorescente, e iniettate nuovamente nel tessuto originale; quest'ultimo, infine, è stato trapiantato sotto la pelle di topi. Dopo 7 e 14 giorni si erano formati follicoli immaturi marcati con la proteina.
In un altro esperimento, questa volta condotto sulle staminali ovariche dei topi, gli ovociti ottenuti con lo stesso protocollo erano stati fatti maturare completamente e fecondati in vitro: gli embrioni sono stati lasciati procedere nelle divisioni cellulari per qualche ora, fino allo stato di blastocisti.
Diverse le prospettive che si aprono nel campo dei trattamenti contro l'infertilità. Per esempio già si immagina un futuro in cui non sarà necessario ricorrere allastimolazione ormonale per ottenere pochi ovociti per volta.
Il gruppo di Tilly – che sta valutando la possibilità di realizzare una banca di staminali ovariche umane, dovrebbe partire con un trial clinico già entro quest'anno grazie anche al finanziamento della sua azienda OvaScience.
Tornando alle possibili applicazioni, si parla in ogni caso di un futuro non troppo vicino. “Nessuno dei criteri che noi usiamo per stabilire che una cellula è un ovocita di alta qualità, usato per i trattamenti attuali, è soddisfatto dallo studio”, ha fatto notare David Albertini del Kansas University Medical Center, in un'intervista al New York Times: “Anche se i risultati dovessero essere confermati, l’immediato uso di queste cellule non sarebbe nei trattamenti per l’infertilità, ma in altri campi, come la sperimentazione farmacologica”.
Fonte: "Oocyte formation by mitotically active germ cells purified from ovaries of reproductive-age women", Yvonne A R White, Dori C Woods, Yasushi Takai, Osamu Ishihara, Hiroyuki Seki & Jonathan L Tilly; Nature Medicine (2012)
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