Annarita, il tuo romanzo nasce da un’esperienza personale. Gioia, la protagonista, le tenta tutte pur di avere un figlio. C’è un’imposizione esterna sulle donne, che le fa sentire sbagliate quando nono riescono a diventare madri?
“Credo che non sia solo questione di colpa sociale. Io sono cresciuta in una casa piena di libri, con la testa libera. Ero consapevole che non sarei stata obbligata ad avere bambini per essere accettata. Ma io credo davvero che, quando siamo innamorati, la questione dei figli ce la poniamo. Vale soprattutto per noi donne, dotate di utero: non ne faccio una questione etica o religiosa, ci mancherebbe. Ma arriva un momento nel quale la natura ti interroga, chiedendoti che cosa vuoi fare di quell’apparato riproduttivo, se davvero figli ne vuoi davvero. Difficilmente credo a quelle che dicono che non si sono mai poste il problema. Io non sono riuscita a diventare madre, oggi sto bene con me stessa e mi godo la libertà: ma continuo a pensare che i figli siano il futuro”.
Sofferenza fisica, sofferenza psichica: Gioia, però, conserva un gran senso dell’ironia. Lo trovi necessario per affrontare i fallimenti e le frustrazioni della fecondazione?
“Assolutamente sì. Serve a gestire le emozioni, soprattutto se sei molto sensibile come me. Serve a sdrammatizzare, a guardare al domani. Soprattutto perché, in Italia, una donna che passa dalla fecondazione si sente sola, emarginata: questo Paese gioca sulla pelle delle donne, le cure che potresti fare in tempo qui si protraggono all’infinito perché, davanti a noi, abbiamo mille paletti. E il corpo, a un tratto, scoppia: c’è chi crolla prima, chi dopo. Ma tutte, prima o poi, sono costrette a fermarsi”.
Che cosa ne è del rapporto di coppia, messo così a dura prova?
“Io credo che ogni coppia abbia il proprio destino. Certo è che le prove da superare sono molte: puoi avere rapporti sessuali solo in certi giorni, il corpo della donna si trasforma”.
Che cosa manca, al di là dei tecnicismi, in Italia?
“Il sostegno psicologico. In Spagna, dove anche io sono finita, oltretutto da aspirante mamma single, c’è uno psicologo che ti segue nelle visite e ti supporta anche dopo, quando senti il bisogno di decomprimere. La situazione mentale in cui si trova una donna, soprattutto quando è lontana da casa e dagli affetti, è terribile: io persi addirittura la carta di credito in aeroporto tanto ero in stato di trance. Senza contare i costi: mi sono potuta permettere solo una parte del percorso, oltre non sono riuscita ad andare con i miei mezzi economici”.
Che cosa ti scrivono le donne che ti contattano quotidianamente?
“Mi raccontano la loro disperazione, le loro storie intime fatte di mille ostacoli. Io do a tutte un messaggio di speranza, invito tutte a non colpevolizzarsi. Allo stesso tempo non ce l’ho né con gli uomini, né con i medici. Ma in Italia quelle come me e come Gioia sono condannate: dalla Chiesa, in primis, lo dico da cattolica, vista l’educazione che ho ricevuto. Siamo come i divorziati a cui era negata la Comunione. E non credo nemmeno che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale di un anno e mezzo fa, la nuova legge si farà. Ho scritto fondi e appelli ma non penso affatto che, prima di un nuovo governo, ci saranno novità”.
“Credo che non sia solo questione di colpa sociale. Io sono cresciuta in una casa piena di libri, con la testa libera. Ero consapevole che non sarei stata obbligata ad avere bambini per essere accettata. Ma io credo davvero che, quando siamo innamorati, la questione dei figli ce la poniamo. Vale soprattutto per noi donne, dotate di utero: non ne faccio una questione etica o religiosa, ci mancherebbe. Ma arriva un momento nel quale la natura ti interroga, chiedendoti che cosa vuoi fare di quell’apparato riproduttivo, se davvero figli ne vuoi davvero. Difficilmente credo a quelle che dicono che non si sono mai poste il problema. Io non sono riuscita a diventare madre, oggi sto bene con me stessa e mi godo la libertà: ma continuo a pensare che i figli siano il futuro”.
Sofferenza fisica, sofferenza psichica: Gioia, però, conserva un gran senso dell’ironia. Lo trovi necessario per affrontare i fallimenti e le frustrazioni della fecondazione?
“Assolutamente sì. Serve a gestire le emozioni, soprattutto se sei molto sensibile come me. Serve a sdrammatizzare, a guardare al domani. Soprattutto perché, in Italia, una donna che passa dalla fecondazione si sente sola, emarginata: questo Paese gioca sulla pelle delle donne, le cure che potresti fare in tempo qui si protraggono all’infinito perché, davanti a noi, abbiamo mille paletti. E il corpo, a un tratto, scoppia: c’è chi crolla prima, chi dopo. Ma tutte, prima o poi, sono costrette a fermarsi”.
Che cosa ne è del rapporto di coppia, messo così a dura prova?
“Io credo che ogni coppia abbia il proprio destino. Certo è che le prove da superare sono molte: puoi avere rapporti sessuali solo in certi giorni, il corpo della donna si trasforma”.
Che cosa manca, al di là dei tecnicismi, in Italia?
“Il sostegno psicologico. In Spagna, dove anche io sono finita, oltretutto da aspirante mamma single, c’è uno psicologo che ti segue nelle visite e ti supporta anche dopo, quando senti il bisogno di decomprimere. La situazione mentale in cui si trova una donna, soprattutto quando è lontana da casa e dagli affetti, è terribile: io persi addirittura la carta di credito in aeroporto tanto ero in stato di trance. Senza contare i costi: mi sono potuta permettere solo una parte del percorso, oltre non sono riuscita ad andare con i miei mezzi economici”.
Che cosa ti scrivono le donne che ti contattano quotidianamente?
“Mi raccontano la loro disperazione, le loro storie intime fatte di mille ostacoli. Io do a tutte un messaggio di speranza, invito tutte a non colpevolizzarsi. Allo stesso tempo non ce l’ho né con gli uomini, né con i medici. Ma in Italia quelle come me e come Gioia sono condannate: dalla Chiesa, in primis, lo dico da cattolica, vista l’educazione che ho ricevuto. Siamo come i divorziati a cui era negata la Comunione. E non credo nemmeno che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale di un anno e mezzo fa, la nuova legge si farà. Ho scritto fondi e appelli ma non penso affatto che, prima di un nuovo governo, ci saranno novità”.
Annarita Briganti sarà di nuovo in libreria il 22 ottobre con “L’amore è una favola”(Cairo), che presenterà a Bookcity (Milano) il 24 ottobre.
Fonte http://www.romagnamamma.it/2015/09/fecondazione-tra-debiti-e-ormoni-cinquanta-messaggi-al-giorno-a-tutte-dico-di-non-mollare/
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