I ricercatori hanno coinvolto giovani pazienti che avevano da poco tempo ricevuto una diagnosi di tumore – 16 uomini e 18 donne tra i 17 e i 49 anni di età – e 15 operatori scelti tra il personale specialistico dei reparti oncologici delle due strutture.
I pazienti hanno ricevuto informazioni scritte sui trattamenti che avrebbero ricevuto per il consenso informato, il quale comprende una nota sulla conservazione della fertilità. Tutti sono stati poi intervistati in seguito al primo consulto con i medici: le domande riguardavano la percezione e la comprensione della diagnosi iniziale e della prognosi possibile, e la possibilità di avere dei figli in futuro. In particolare, è stato chiesto loro di valutare la qualità delle informazioni ricevute, della comunicazione e del supporto offerto.
Al personale, invece, è stata chiesta una opinione sul tipo di informazioni date ai pazienti più giovani e sul grado di conoscenza dei trattamenti disponibili per la conservazione della fertilità. Una domanda riguardava anche la percezione delle priorità dei pazienti.
Da queste ultime interviste è emerso che il personale medico evita di discutere diconservazione della fertilità con le donne perché convinto che la terapia oncologica sia più urgente o perché si ritiene che la fertilità non verrà compromessa se i trattamenti di prima linea avranno successo.
Le conseguenze di questo atteggiamento sono facili da intuire. Vista la facilità delle procedure e il tasso di successo delle tecniche di conservazione degli spermatozoi, gli uomini sono stati attivamente incoraggiati a considerare la possibilità di utilizzare la banca del seme, anche quando avevano già dei figli. Per contro, a poche donne è stata offerta la stessa possibilità, considerando anche che i protocolli medici non erano pronti e che questo avrebbe comportato un ritardo nell'inizio dei trattamenti oncologici.
“Lo studio mette in luce un problema molto conosciuto e sentito nel mondo della preservazione della fertilità”, commenta Andrea Borini, Presidente della Società italiana di conservazione della fertilità, Profert: “Questo è uno dei primi articoli scientifici che dimostra, anche se non con numeri importanti, che vi è una grande differenza nei consulti rivolti a uomini e donne. La preservazione della fertilità viene facilmente consigliata ai primi perché si conosce bene il metodo di conservazione e quanto sia semplice, e sono noti i buoni risultati. All'opposto, vi è grande difficoltà nel suggerire la preservazione della fertilità a una ragazza o a una donna, perché si ha poca dimestichezza con le tecniche di conservazione degli ovociti e del tessuto ovarico. Inoltre molti non conoscono i risultati che si possono ottenere con queste tecniche, e si trincerano dietro l'etichetta di 'tecniche sperimentali'. È fondamentale che gli specialisti – oncologi, ematologi, chirurghi, pediatri, infermieri, biologi e medici della riproduzione – si confrontino costantemente. Non c'è tempo per queste pazienti di aspettare gli esiti di migliaia di casi, e per verificare in che percentuale le tecniche porteranno a un successo rispetto a quanti hanno congelato gameti o tessuto ovarico. Non si devono, ovviamente, generare illusioni, ma queste pazienti possono comunque avere una speranza in più di diventare mamme dopo la malattia. Come Profert abbiamo preparato un elenco dei centri che si occupano di conservazione della fertilità. Oggi, i medici e i pazienti stessi hanno la possibilità di sapere a chi rivolgersi per avere informazioni molto velocemente”.
Fonte: Peddie V, Porter M, Barbour R, Culligan D, MacDonald G, King D, Horn J, Bhattacharya S.; Factors affecting decision making about fertility preservation after cancer diagnosis: a qualitative study. BJOG 2012; DOI: 10.1111/j.1471-0528.2012.03368.x
I pazienti hanno ricevuto informazioni scritte sui trattamenti che avrebbero ricevuto per il consenso informato, il quale comprende una nota sulla conservazione della fertilità. Tutti sono stati poi intervistati in seguito al primo consulto con i medici: le domande riguardavano la percezione e la comprensione della diagnosi iniziale e della prognosi possibile, e la possibilità di avere dei figli in futuro. In particolare, è stato chiesto loro di valutare la qualità delle informazioni ricevute, della comunicazione e del supporto offerto.
Al personale, invece, è stata chiesta una opinione sul tipo di informazioni date ai pazienti più giovani e sul grado di conoscenza dei trattamenti disponibili per la conservazione della fertilità. Una domanda riguardava anche la percezione delle priorità dei pazienti.
Da queste ultime interviste è emerso che il personale medico evita di discutere diconservazione della fertilità con le donne perché convinto che la terapia oncologica sia più urgente o perché si ritiene che la fertilità non verrà compromessa se i trattamenti di prima linea avranno successo.
Le conseguenze di questo atteggiamento sono facili da intuire. Vista la facilità delle procedure e il tasso di successo delle tecniche di conservazione degli spermatozoi, gli uomini sono stati attivamente incoraggiati a considerare la possibilità di utilizzare la banca del seme, anche quando avevano già dei figli. Per contro, a poche donne è stata offerta la stessa possibilità, considerando anche che i protocolli medici non erano pronti e che questo avrebbe comportato un ritardo nell'inizio dei trattamenti oncologici.
“Lo studio mette in luce un problema molto conosciuto e sentito nel mondo della preservazione della fertilità”, commenta Andrea Borini, Presidente della Società italiana di conservazione della fertilità, Profert: “Questo è uno dei primi articoli scientifici che dimostra, anche se non con numeri importanti, che vi è una grande differenza nei consulti rivolti a uomini e donne. La preservazione della fertilità viene facilmente consigliata ai primi perché si conosce bene il metodo di conservazione e quanto sia semplice, e sono noti i buoni risultati. All'opposto, vi è grande difficoltà nel suggerire la preservazione della fertilità a una ragazza o a una donna, perché si ha poca dimestichezza con le tecniche di conservazione degli ovociti e del tessuto ovarico. Inoltre molti non conoscono i risultati che si possono ottenere con queste tecniche, e si trincerano dietro l'etichetta di 'tecniche sperimentali'. È fondamentale che gli specialisti – oncologi, ematologi, chirurghi, pediatri, infermieri, biologi e medici della riproduzione – si confrontino costantemente. Non c'è tempo per queste pazienti di aspettare gli esiti di migliaia di casi, e per verificare in che percentuale le tecniche porteranno a un successo rispetto a quanti hanno congelato gameti o tessuto ovarico. Non si devono, ovviamente, generare illusioni, ma queste pazienti possono comunque avere una speranza in più di diventare mamme dopo la malattia. Come Profert abbiamo preparato un elenco dei centri che si occupano di conservazione della fertilità. Oggi, i medici e i pazienti stessi hanno la possibilità di sapere a chi rivolgersi per avere informazioni molto velocemente”.
Fonte: Peddie V, Porter M, Barbour R, Culligan D, MacDonald G, King D, Horn J, Bhattacharya S.; Factors affecting decision making about fertility preservation after cancer diagnosis: a qualitative study. BJOG 2012; DOI: 10.1111/j.1471-0528.2012.03368.x
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