Al congresso di Riccione, appuntamento annuale delle maggiori società scientifiche della riproduzione, se ne è parlato molto. Col passare dei giorni montano polemiche e preoccupazione per le conseguenze di una circolare della Regione Lazio datata 18 maggio. Si tratta dell’elenco dei centri pubblici abilitati al rilascio di piani terapeutici per la cura della fertilità che consentono alle pazienti di avere gratuitamente, tra l’altro, i farmaci necessari per la stimolazione ovarica, le gonadotropine.
Detta così, sembra un’iniziativa tecnica, basata su una norma dell’agenzia italiana del farmaco (Aifa), senza ricadute per il cittadino. Invece è destinata a condizionare la procreazione medicalmente assistita, la Pma, e a danneggiare le donne meno danarose. In pratica succede questo. I centri privati, che assorbono almeno l’80% dell’attività del Lazio, non potranno più redigere piani terapeutici con i quali le coppie possono richiedere ai medici di famiglia la ricetta rossa per la rimborsabilità delle medicine. Chi vuole fare cure antisterilità in privato, scelta in certi casi obbligata considerate le lunghe liste di attesa, dovrà dunque pagare anche i farmaci. La circolare indica come prescrittori 15 ospedali pubblici e tra questi se ne contano alcuni che non si occupano di Pma o che la svolgono solo sulla carta. Ad esempio il San Filippo Neri. Qui il centro è stato ristrutturato ma non autorizzato all’attività per la mancanza del nulla osta dei vigili del fuoco atteso da tre anni. Altra stranezza. Tra i prescrittori manca il Sant’Anna, che pure è l’ospedale femminile per antonomasia.
La precedente circolare del 2000 rendeva possibili i piani terapeutici anche ai privati. Il risultato è che la Pma sarà ancora più difficile e costosa. Un ciclo di gonadotropine, prescritte per preparare la donna alla stimolazione e al prelievo di ovociti, costa tra 1000 e 1500 euro. Nel Lazio il pubblico è carente di strutture di riferimento per questo tipo di cure e chi sogna di avere un bambino provando con le tecniche della provetta non ha vita facile. A Roma l’unica possibilità per le coppie è l’ospedale Pertini diretto da Rocco Rago, mentre ha da poco ripreso l’attività la struttura dell’Umberto I (Cesare Aragona). Al S. Anna rimane un’attività residuale.
Per quanto riguarda l’eterologa (con donazione di gameti), non viene offerta in nessun ospedale della regione. Se cercano la gratuità, le donne devono bussare alle porte di una clinica di Chianciano Terme, convenzionata col servizio sanitario nazionale. In questo caso il Lazio versa alla Toscana circa 2000 euro per ogni paziente. Molto critica sull’iniziativa è l’associazione Luca Coscioni. Il segretario Filomena Gallo è pronta ad agire: «Sembrava che con Zingaretti qualcosa fosse cambiato in materia di fecondazione assistita, invece non è così. I pazienti cominciano ad avere problemi per il rilascio della prescrizione di farmaci. Chiediamo al governatore di intervenire a tutela delle coppie. Altrimenti saremo costretti a rivolgerci ai tribunali per garantire il diritto alle cure».
Fonte http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/16_giugno_05/procreazione-assistita-criticheper-stop-farmaci-gratuiti-02861980-2a71-11e6-9c68-4645b6fa27fd.shtml
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