Il primo problema in assoluto riguarda in particolare l’incapacità di reperire gameti. Come sappiamo, la fecondazione eterologa si distingue dall’omologa perché è quel tipo di fecondazione assistita che richiede l’uso di gameti esterni alla coppia: per rendere possibile questo intervento, è quindi necessario che vi siano stati in precedenza donatori disponibili a donare il loro sperma o i loro ovociti, in maniera da garantire alle coppie infertili la possibilità di usufruirne.
Per motivi difficili da definire, ma in ogni caso abbastanza impegnativi, le strutture non riescono ad adeguarsi alle richieste delle coppie infertili: i gameti mancano, perché mancano le donazioni e, probabilmente, queste ultime mancano perché non vi sono informazioni e incentivi a sufficienza per rendere possibile la fecondazione eterologa in Italia.
In qualche caso, le coppie decidono quindi di rinunciare al lungo percorso in Italia per rivolgersi alle cliniche straniere: questo comportamento, del tutto giustificabile, non fa però che incentivare il turismo riproduttivo, ed in qualche caso rende ancora più importante il costo dell’eterologa visto che, a partire dal suo inserimento nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), questi cicli dovranno essere rimborsati. Ed a proposito di rimborso, anche quello dei costi è un problema: in alcuni casi il costo dell’eterologa è accettabile, ma nella maggior parte dei casi, invece, i prezzi sono esorbitanti. Per non parlare di un altro aspetto, che potrebbe apparire secondario ma non lo è: il commercio degli ovuli e gli ovuli rubati, che dopo il caso Antinori ha sollevato un polverone nel nostro paese. Ed anche la domanda più importante: si riuscirà a dare alle coppie la sicurezza di potersi affidare a strutture adeguate per l’eterologa nel nostro paese?
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