La ‘selezione’ degli spermatozoi
I ‘sopravvissuti’ arrivano alla cervice uterina, dove incontrano un altro ostacolo, costituito dal muco cervicale, che ha caratteristiche diverse a seconda del periodo del ciclo: se il periodo non è quello ‘giusto’, il muco cervicale erige una barriera invalicabile e il viaggio di tutti gli spermatozoi finisce lì; se invece la donna è nella fase ovulatoria, la cervice secerne un muco filamentoso e liquido dove gli spermatozoi riescono a passare e sopravvivere senza problemi per tre-quattro giorni.
In cammino verso la cellula uovo
Attraversata anche questa barriera, un numero di spermatozoi via via decimato dalle ‘fatiche del viaggio’ prosegue il cammino all’interno della cavità uterina e poi sempre più su fino alla tuba e all’ampolla tubarica, che è la parte più vicina all’ovaio in cui è stata prodotta la cellula uovo.
Giunto finalmente al ‘traguardo’, grazie ad una particolare reazione chimica, uno solo degli spermatozoi, che non a caso viene definito vincente, riesce a infilarsi nella cellula uovo e a fecondarla. Il gioco è fatto: una volta avvenuta la fecondazione, la membrana dell’ovocita diventa impenetrabile e nessun altro spermatozoo riuscirà ad invadere il campo!
Da due gameti a uno zigote: il bimbo è già tutto lì
Avviene così l’unione di due cellule, dette gameti. Si tratta di cellule speciali perché, a differenza di tutte le cellule del corpo, portatrici di una coppia di cromosomi, ogni gamete porta con sé un singolo cromosoma. Ed è solo grazie all’incontro che si ricompone la coppia, dando vita a un maschio, se l’unione è tra cromosoma X e cromosoma Y, o una femmina, se sono entrambi cromosomi X.
La cellula fecondata, che si chiama zigote, non racchiude in sé solo il sesso del bambino, bensì tutto il suo DNA: caratteristiche genetiche, colore degli occhi, della pelle, dei capelli… tutto in una sola minuscola cellula.
Da zigote a morula a tre giorni dalla fecondazione
Appena 30 ore dopo la fecondazione, quando è ancora nell’ampolla tubarica, la nuova unità biologica comincia a segmentarsi in due, e poi in quattro, in otto… e nel frattempo inizia a spostarsi per compiere un viaggio a ritroso verso l’utero, dove arriva a circa 3 giorni dalla fecondazione: ormai da zigote è diventata morula, ossia un agglomerato di 12-14 cellule proprio simile ad una piccola mora.
L’annidamento nell’utero
Una volta che la morula è entrata nell’utero, l’attività replicativa prosegue senza sosta e in modo sempre più complesso: da morula, l’agglomerato di cellule viene definito blastocisti e sette giorni dopo la fecondazione si possono già distinguere due tipologie di cellule: le trofoblastiche, che daranno origine al trofoblasto (primo abbozzo della placenta) e alla membrana amniotica, e le embrioblastiche, che daranno origine all’embrione.
È questo il momento in cui avviene la cosiddetta invasione trofoblastica: le cellule trofoblastiche si danno da fare per entrare in contatto con le cellule dell’endometrio – o meglio della decidua, come si chiamerà d’ora in poi - che rivestono la mucosa interna dell’utero, le chiedono il ‘permesso’ di aderire e stabiliscono rapporti di vascolarizzazione, fino a formare un reticolo vascolare così fitto che consentirà nel corso dei mesi il passaggio di nutrimento e di ossigeno dall’organismo materno a quello fetale. Terminata l’invasione, termina il processo di impianto dell’embrione.
Siamo appena a 13 giorni dal concepimento, la donna probabilmente non si è ancora accorta di nulla e sta aspettando le mestruazioni, e invece il suo ‘progetto di bimbo’ si è già stabilmente insediato nell’utero, pronto a crescere.
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