La fecondazione assistita è tornata di nuovo sotto i riflettori. Una sentenza della Corte Costituzionale ha fatto crollare un altro tassello della legge 40, una delle norme più discusse della storia italiana. E ora la diagnosi preimpianto, ovvero l'esame dell'embrione prima che questo venga trasferito nell'utero, diventerà realtà.
Ma cosa succederà in pratica? Facciamo chiarezza con Filomena Gallo, avvocato e segretario dell'Associazione Luca Coscioni, che ha seguito tante coppie che hanno fatto ricorso proprio contro questo provvedimento nelle loro battaglie contro la legge 40.
Non si useranno gli embrioni ammalati
In realtà, già a maggio la Corte Costituzionale aveva dato il via libera alla diagnosi preimpianto. “Peccato, però, che non aveva chiarito la questione della selezione degli embrioni” precisa l'esperta. “Infatti, con la diagnosi si fa ovviamente una selezione: per la procreazione non si usano quelli ammalati. La legge 40 dice, però, che la selezione è reato. Quindi, in pratica, nei centri di fecondazione assistita i medici non si fidavano a fare l'esame per paura di essere citati in giudizio. In questi mesi tante donne mi hanno raccontato che questo accadeva soprattutto negli ospedali pubblici. Pensiamo alla delusione delle coppie che devono fare la fecondazione assistita, uno dei due è portatore di una malattia genetica, e non può sapere se trasmetterà la patologia a suo figlio solo per un cavillo legale. Da oggi questa assurdità non succederà più: tutte le strutture, pubbliche e private, dovranno attrezzarsi ed eseguire questo esame”.
Non si praticherà l’eugenetica
Quando si parla di selezione degli embrioni, il dibattito si scalda. “Si teme di cadere nell'eugenetica, la pratica di scegliere le caratteristiche somatiche del nascituro” precisa Filomena Gallo. “Niente paura: quella sarà ancora vietata, non sarà mai possibile predeterminare il colore degli occhi di un figlio. Invece, non è ancora chiaro il destino degli embrioni non utilizzati perché affetti da patologie. La legge dice che vanno crioconservati, ma sarebbe meglio se fossero donati a istituti di ricerca”.
Si proteggerà di più la salute delle donne
Le motivazioni della nuova sentenza riflettono una nuova attenzione vero l'universo femminile. “La diagnosi preimpianto si fa proprio per tutelare la salute della futura mamma” dice il segretario dell'Associazione Luca Coscioni. “Iniziare una gravidanza con un embrione che ha malattie genetiche mette a rischio la vita della donna che, invece, va tutelata prima di tutto. È un bel passo avanti anche sul fronte dei diritti. La strada, però, è ancora lunga. Nel nostro Paese, una coppia che deve ricorrere alla fecondazione assistita vive un calvario fatto di esami, tentativi e fallimenti e lo prova da sola, senza la minima assistenza e comprensione. Non parliamo poi dell'eterologa: i centri pubblici che la eseguono sono ancora pochissimi e allora molte coppie continuano ad andare all'estero
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