Sono al primo trimestre e ho avuto una piccola perdita di sangue: sarà una minaccia d’aborto?
Di per sé, una perdita ematica può significare tutto e nulla: nella maggior parte dei casi può essere legata al processo di formazione della placenta, oppure alla maggiore fragilità capillare dell’utero, che in gravidanza è particolarmente vascolarizzato, per cui può bastare un rapporto sessuale o una visita ginecologica per trovare qualche macchiolina di sangue sugli slip. Nelle donne che hanno concepito con fecondazione assistita, inoltre, la causa può essere la terapia ormonale, che viene prescritta per salvaguardare la gravidanza nelle prime settimane. In ogni caso, per tranquillizzarsi, è sempre consigliabile fare un controllo dal ginecologo o in ospedale.
Mi sento sempre stanca: è normale?
Si tratta di un fenomeno fisiologico, soprattutto se si verifica nel primo trimestre: la “colpa” è del progesterone, di cui nei primi mesi aumentano i livelli, lo stesso ormone che in questo periodo gestazionale tende a dare sonnolenza soprattutto dopo i pasti, ma anche al mattino appena sveglie! L’unica cosa da fare è cercare di assecondare i messaggi del corpo e concedersi più pause, in attesa che, verso la fine del terzo mese, la placenta prenda il sopravvento e “metta a riposo” il progesterone, facendone diminuire la produzione.
Come si riconoscono i primi calcetti del bambino?
Innanzitutto sapendo in che epoca si possono avvertire: se la donna alla seconda gravidanza riesce a percepirli sin dalla 18ma settimana, sia perché è in grado di riconoscerli più facilmente sia perché le pareti addominali e uterine sono più sottili, per la futura mamma che aspetta il primo bebè è difficile avvertirli prima della 20-21ma settimana. La sensazione che si prova quando il bebè si muove è quella di unleggero sfarfallio all’interno della pancia, percepibile soprattutto se ci si mette sdraiate.
Dall’ecografia risulta che aspetto un maschio: è sicuro o è possibile che il ginecologo si sia sbagliato?
Dipende dalla posizione del bambino e dalla perizia del ginecologo: se il feto è messo nella posizione giusta, i genitali si possono distinguere correttamente sin dalla 12-13ma settimana. Se è una femminuccia, infatti, si vede una struttura trilaminare, con tre linee costituite dalle grandi labbra e dal clitoride, mentre se è un maschietto si vede la piccola protrusione del pene. Se il bebè è rivolto di spalle, il pene potrebbe essere confuso con il cordone ombelicale, ma basta fare un ecodoppler per capire. L’ecografia in cui di solito si dà il “verdetto finale” è la morfologica, che viene effettuata intorno alla 20ma settimana, ma se il piccolo ha le gambine chiuse non è possibile saperlo neanche allora!
Perché ho notato delle secrezione dal capezzolo?
È un fenomeno assolutamente fisiologico – così come è fisiologico se non si verifica – legato alla produzione, da parte delle ghiandole mammarie, del colostro, un liquido sieroso che alimenterà il neonato nei primi giorni di vita in attesa della montata lattea. Il liquido può fuoriuscire spontaneamente o sollecitato da una leggera spremitura del capezzolo, in particolare a partire dalla 24-28ma settimana di gestazione. È bene sottolineare che la secrezione – o la mancata secrezione – in gravidanza non pregiudica in alcun modo l’allattamento al seno.
Perché ho sempre un sensazione di bagnato sugli slip?
Può capitare, durante tutta la gravidanza ma soprattutto verso le ultime settimane, che le perdite mucose siano piuttosto abbondanti e liquide (in termine tecnico si parla di idrorrea), tant’è vero che molte donne pensano di aver rotto le membrane: in realtà dipende dalla trasudazione delle pareti vaginali, che fisiologicamente producono una maggior secrezione. Di solito la rottura del sacco amniotico dà perdite molto più copiose e improvvise, tuttavia in caso di dubbio si può andare in ospedale, dove verrà effettuato il cosiddetto prom-test, un semplice tampone che consente di identificare la natura del liquido.
Docce o bagni caldi possono esser dannosi durante i nove mesi?
No, a meno che l’acqua non sia proprio bollente! Come regola generale, bisogna evitare, soprattutto nel primo trimestre, tutto ciò che può far aumentare la temperatura corporea oltre i 38°, poiché il calore eccessivo può avere effetto teratogeno: è lo stesso motivo per cui si consiglia di abbassare la febbre quando sale troppo. In più, il calore eccessivo può creare vasodilatazione, che favorisce la rottura dei capillari e provoca cali di pressione. È vero che le donne finlandesi continuano tranquillamente a far la sauna anche durante l’attesa, sia pure con temperature e durate inferiori, ma loro sono abituate sin da bambine. Meglio dunque evitare di compiere “esperimenti” proprio in questo periodo e accontentarsi di un bel bagno o una doccia con acqua intorno ai 32 gradi, magari terminando con una docciatura fresca dalle caviglie alle cosce, per restringere i vasi e riattivare la circolazione.
Si possono usare tranquillamente farmaci da banco e integratori?
Quando si aspetta un bebè è sempre meglio eccedere in cautela, anche se si tratta di acquistare farmaci da banco o integratori, poiché potrebbero contenere sostanze controindicate durante l’attesa, soprattutto nel primo trimestre, in cui si stanno formando gli organi del bambino. Meglio chiedere sempre il consiglio preventivo del ginecologo o di un bravo farmacista. Altri riferimenti utili per avere risposte qualificate sull’uso di medicinali in gravidanza sono i seguenti:
- Centro di Tossicologia Clinica degli Ospedali Riuniti di Bergamo, numero verde 800883300, attivo 24 ore su 24.
- Filo Rosso dell’Associazione Studio Malformazioni (ASM), che ha tre sedi. AMilano, Ospedale San Paolo, tel. 02-89.10.207. Orari: Lunedì, martedì, mercoledì e venerdì: 10.30-13.30. Giovedì: 14.00-17.00. A Roma, Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina, tel. 06-58.00.897. Orari: lunedì, martedì, mercoledì, venerdì: 14-17; giovedì: 10.00-13.00. A Napoli, Policlinico Universitario Federico II, tel. 081-54.63.881. Orari: lunedì-venerdì: 15.00-18.00.
- Telefono Rosso del Policlinico Gemelli di Roma, tel. 06-3050077, attivo lunedì, mercoledì e venerdì dalle 09.00 alle 13.00; martedì e giovedì dalle 14 alle 18.
Saprò riconoscere il momento giusto per andare in ospedale?
È il timore di tutte le future mamme! In linea generale, occorre recarsi in ospedale quando si rompono le membrane, poiché non è più assicurata la sterilità dell’ambiente uterino, oppure quando le contrazioni diventano regolari, ossia se ne registrano, da almeno un’ora, due ogni dieci minuti, che durano almeno un minuto ciascuna. Non sempre, però, il quadro è così chiaro, quindi alla domanda ‘”Quando andare in ospedale?”, la risposta corretta è “Quando non ci si sente più tranquille”. Può darsi che si tratti solo di un pretravaglio, la cosiddetta fase prodromica, che è una fase preparatoria che può durare da poche ore a qualche giorno, così come può darsi che si stia avviando il travaglio vero e proprio. In ospedale gli operatori sono abituati alle ansie delle partorienti, quindi non bisogna avere remore a recarvisi: tutt’al più si sarà fatto un viaggio inutile!
Ho già partorito con un cesareo: dovrò farne un altro?
No, un pregresso cesareo è un’indicazione assoluta, anzi, sono sempre più numerosi i punti nascita che cercano di motivare le donne a partorire spontaneamente. L’unica cautela, ormai adottata da tutti gli ospedali, è quella di misurare, attraverso una semplice ecografia, lo spessore del segmento uterino inferiore, che è la zona dove viene praticato il taglio del cesareo e dove, in un successivo parto, si potrebbero verificare lacerazioni. Se lo spessore è superiore o uguale a 3,5 cm, c’è maggiore sicurezza a tentare il parto naturale, magari anche con parto in acqua, che è la modalità che meglio consente di distendere i tessuti e favorire la dilatazione uterina.
Proverò imbarazzo durante il parto?
Le contrazioni del parto, oltre a provocare dolore, stimolano il rilascio di endorfine, ormoni che attenuano la sensazione dolorosa, in più fanno quasi perdere il contatto con la realtà, come se si fosse avvolte in una “nube ovattata”. Sotto l’effetto delle endorfine, la donna è talmente occupata da ciò che le sta succedendo che tutto ciò che la circonda non la interessa e l’imbarazzo, in quel momento, è una sensazione che difficilmente la sfiora.
Tornerò in forma dopo la nascita del bebè?
La risposta è semplice: dipende da quanto si è ingrassato durante la gravidanza, se si è praticata attività fisica se, insomma, ci si è prese cura del proprio corpo. Se i chili accumulati non sono stati troppi, già dopo un mese dal parto si può tranquillamente tornare nei propri jeans, a maggior ragione se la neomamma allatta, poiché la produzione di latte richiede un notevole dispendio calorico per l’organismo materno.
Sarò in grado di allattare?
Non ci sono donne capaci e donne incapaci di allattare: tutte hanno la possibilità di nutrire al seno il proprio bambino, che portino una prima o una quinta di reggiseno! La buona riuscita dell’allattamento dipende da altri fattori: da quanto la mamma è motivata ad allattare, dall’aiuto che riceve in casa, dal sostegno di chi le sta intorno. Avere la comprensione e l’incoraggiamento del partner, i consigli di una figura competente e l’aiuto materiale nel gestire i primi giorni dopo il parto alleviano lo stress e la stanchezza della neomamma e le danno la serenità e la fiducia per poter allattare a lungo.
Una mia amica ha sofferto di depressione post partum: succederà anche a me?
Nell’insorgenza della depressione post partum entrano in gioco numerosi fattori: da una parte una predisposizione congenita, dall’altra aspetti come la stanchezza accumulata nel corso dei mesi, l’esperienza del parto, la forma fisica in cui si ritrova dopo la nascita. Se ci si sente stanche e appesantite, anche la gestione del bebè diventa più difficile, specie se non si ha nessuno su cui contare; se invece si arriva al parto in forma, al rientro a casa c’è qualcuno che aiuta, il partner collabora alla gestione del bebè e non ci fa sentire sole, è difficile che si presenti uno stato di depressione. E poi è importante che la neomamma ritrovi presto un po’ di tempo da dedicare a se stessa: lasciare ogni tanto il bimbo a casa con i nonni o con la tata per andare a fare due passi da sola, incontrarsi con le amiche, recarsi dal parrucchiere sono piccoli gesti che aiutano a ‘staccare’ e fanno stare bene. Non bisogna provare sensi di colpa: se il bambino resta per un’oretta lontano dalla mamma non succede niente di grave, in compenso al suo rientro la mamma si sentirà più rilassata e caricata, pronta a coprire nuovamente il suo ruolo e a svolgerlo al meglio.
Fonte http://www.dolceattesa.com/gravidanza/gravidanza-quel-che-vorresti-chiedere_psicologia/?cmpid=SF_Quimamme_interna_facebook_seiincintaelansiadagravidanza_undef_undef&utm_source=facebook.com&utm_medium=social&utm_term=interna&utm_content=qm&utm_campaign=seiincintaelansiadagravidanza&refresh_ce-cp
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