Recenti scoperte rinnovano le speranze di tutte quelle coppie che cercano disperatamente un figlio e devono fare i conti col problema dell‘infertilità.
Migliaia di genitori quindi potrebbero realizzare il loro sogno grazie a un nuovo test che permette alla fecondazione in vitro di adattarsi al ciclo individuale di fertilità di ciascuna donna.
Per la prima volta infatti i medici ritengono di essere in grado di identificare il punto nel ciclo di una donna in cui vi è una maggior possibilità che l’embrione si impianti nel grembo.
Rivoluzionaria scoperta per la fecondazione in vitro apre a nuove speranze
Il trattamento attuale richiede un’ecografia della mucosa uterina e per verificare lo stato di salute generale.
Per le donne esiste una finestra di tempo dai 2 ai 4 giorni in cui il rivestimento dà il segnale chimico che permette all’embrione di attecchire, dando il via alla gravidanza.
Ma un team di scienziati guidati dal professor Juan Garcia Velasco presso la clinica della fertilità di Madrid sostiene che i tentativi falliti si verifichino perché l’embrione viene impiantato nel momento sbagliato.
“Lo studio che stiamo intraprendendo cerca di rispondere se il test di ricettività endometriale possa aiutare le coppie fin dal primo giorno per rilevare appunto i difetti endometriali“ dichiara lo scienziato.
Velasco spera che il test spieghi perché alcune donne non rimangono incinte quando viene trasferita una buona qualità di embrioni.
Secondo lui scegliendo un buon embrione e ponendolo nell’utero nel momento giusto i tassi di successo dovrebbero aumentare.
“Questi test stanno aiutando noi medici a capire il motivo per cui la fecondazione in vitro può non avere successo e ridurre la frustrazione dei pazienti davanti a domande senza risposta” sottolinea il professore.
Secondo lui il 15% dei fallimenti nella fecondazione in vitro sono dovuti a una cattiva scelta della tempistica.
“Fino a questo momento l’endometrio era una specie di scatola nera. Ora possiamo dire che questo era il problema e che questo è ciò che possiamo fare a questo proposito” ha ribadito il professore.
Il test consiste nel prelievo, per una biopsia, dello strato interno dell’utero di una donna. Gli esperti poi analizzano 238 geni permettendo loro di stabilire quando l’endometrio della donna sarà più ricettivo all’impianto dell’embrione.
Ecco come si è svolto lo studio pilota:
- sono state coinvolte 17 donne che non sono rimaste incinte a dispetto dei 6 turni di fecondazione in vitro con le tecniche tradizionali
- con loro è stato utilizzato il test per determinare la finestra di impianto di ciascuna donna
- la finestra di impianto, secondo i ricercatori era costante in tutte le donne
I risultati hanno dimostrato che, diversamente da quanto pensato, ogni donna ha una propria finestra.
I ricercatori hanno quindi diagnosticato per ciascuna la finestra di impianto e ogni donna ha subito l’impianto a seconda del proprio ciclo.
Alla fine 9 sono rimaste incinte e hanno dato alla luce un bimbo.
La comprensione dell’“orologio molecolare” in gioco, indipendentemente dalla presenza o assenza dell’embrione, potrebbe diventare un biomarcatore di ricettività endometriale.
Una donna di 39 anni, che aveva già fatto diversi fallimentari tentativi di fecondazione in vitro, ha voluto insistere ricorrendo al metodo di Velasco: è stato quindi effettuato il test di matrice recettività endometriale (SER).Il team ha quindi prelevato una parte del rivestimento dell’utero per farne una biopsia 5 giorni dopo la terapia ormonale.
Ne è risultato che l’endometrio era pre ricettivo quindi l’embrione era stato impiantato troppo presto.Uno spostamento di 2 giorni della finestra ha reso necessario ripetere il test di ricettività endometriale dopo 7 giorni di ciclo di progesterone.La donna è rimasta incinta.
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