domenica 16 agosto 2015

Preeclampsia ed eclampsia


         È una malattia caratterizzata da pressione arteriosa elevata, con valori attorno a 140 mm/Hg per la massima e 90 mm/Hg di minima, da gonfiori (edemi) in diverse parti del corpo (principalmente caviglie, mani) e dalla comparsa diproteine nelle urine (proteinuria).         Lo stato di preeclampsia non deve essere sottovalutato, giacché può evolvere in alcuni casi in eclampsia vera e propria (incidenza: 0,05 – 0,2 di tutte le gravidanze), che, se non adeguatamente trattata, provoca seri danni alla gestante e al nascituro.         I sintomi della preeclampsia sono facilmente rilevabili dal medico negli stadi precoci della malattia, in occasione di controlli routinari, d’obbligo in ogni gravidanza.
La gestante deve essere attenta a rilevare e riferire al medico ogni gonfiore, anche se gli edemi, specie agli arti inferiori, sono frequenti e innocui in gravidanza.

         Nell’eclampsia conclamata la madre può presentare, oltre ai disturbi già citati, un forte mal di testadolori addominali con vomito, e, nei casi più gravi, perdita di conoscenza e crisi di tipo epilettico.         Da parte del feto, la sofferenza è legata a disturbi circolatori a livello renale e placentare, con conseguente ritardo dell’accrescimento e, in casi estremi, con esito mortale.
         L’aggravarsi della preeclampsia con il passaggio allo stato di eclampsia vera e propria è di solito segnato dalla comparsa di visione offuscata o comunque alterata, dolori addominali e alla spalla, nausea e vomitoconfusione mentale, fino alla perdita di conoscenza, difficoltà nella respirazione.
         Si conoscono due patologie simili per sintomatologia, ma a decorso non egualmente grave:
– Ipertensione cronica in gravidanza, quando l’aumento della pressione preesiste alla gravidanza, ma non vi sono ulteriori segni clinici, a decorso non particolarmente preoccupante.
– Ipertensione gestazionale, insorgente con la gravidanza, non associata a proteinuria né ad edemi, di modesta entità, che si risolve spontaneamente, piuttosto che aggravarsi, nelle ultime settimane di gestazione o subito dopo.
Incidenza
         Nei paesi occidentali la patologia eclamptica rappresenta il più grave rischio di morte, sia per la madre che per il nascituro. Secondo dati dell’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) a livello mondiale, una donna muore per eclampsia ogni sei minuti.
Diagnosi
         La diagnosi si basa essenzialmente sulla visita della gestante alla ricerca dei segni clinici già citati e sul riscontro di proteine nelle urine dopo 20 settimane di gestazione. La presenza o meno dei vari sintomi farà classificare la patologia riscontrata come preeclampsia o come eclampsia conclamata.
         Un esame che consente di diagnosticare con una certa sicurezza la preeclampsia è l’esame Doppler delle arterie uterine, che permette, già alla 20°/24° settimana, di valutare la funzionalità del circolo di quel distretto; se il flusso è alterato il rischio dell’insorgere della preeclampsia è del 30%, e in questo caso i controlli dovranno essere più ravvicinati e attenti.
Se l’esame Doppler della flussimetria risulta normale, il rischio di avere forme di preeclampsia è praticamente trascurabile.
         Le donne in stato di preeclampsia devono essere ospedalizzate per consentire il monitoraggio della situazione materna e fetale.
Fattori favorenti l’incidenza della malattia sembrano essere i seguenti:
– Età inferiore a 20 anni o superiore ai 37
– Essere primipare
– Obesità
– Diabete
– Ipertensione
– Avere avuto uno stato preeclamptico in precedenti gravidanze
Terapia
         La terapia si avvale in fase preeclamptica severa ed eclamptica di farmaci, di uso altamente specialistico.          Ci basti citare in questa sede il solfato di magnesio per via iniettiva, che è risultato dimezzare il rischio del passaggio dalla fase preeclamptica a quella eclamptica, ed è indicato inoltre nelle fasi critiche della fase eclamptica (in particolare crisi convulsive), come ha riconosciuto l’O.M.S. che lo ha inserito perciò nella lista dei farmaci salvavita. Il suo uso deve essere riservato alle pazienti ospedalizzate.
L’unica vera terapia consiste comunque nel parto.
         Se la gravidanza ha già raggiunto la 24° settimana si cercherà di farla procedere il più possibile, somministrando betametasone per accelerare lo sviluppo dei polmoni fetali, in modo da consentire una respirazione autonoma dopo la nascita.
Se la gestazione non ha raggiunto le 24 settimane, si può decidere di interrompere la
gravidanza.
Se la gravidanza ha superato la 34° settimana si procede col parto.
Fonte http://www.noimamme.it/dal-concepimento-alla-nascita/c34-gravidanza/preeclampsia-eclampsia-gestosi.html

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