Gratuito o a pagamento?
Le tre ecografie previste dal Ministero della Salute sono completamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale, purché vengano effettuate nelle settimane previste. Le altre possono essere eseguite gratuitamente solo su specifica richiesta del ginecologo, che dovrà attestare la condizione di rischio della gravidanza.
L’ecografia del primo trimestre
E’ forse quella più emozionante per la futura mamma, poiché le dà finalmente la certezza visiva di portare in grembo un bebè. Si può eseguire dalla 6a-7ima settimana, e in tal caso si vedrà un “fagiolino”, fino alla 13esima settimana, in cui si vedrà già formato un primo abbozzo del bimbo. È un esame molto importante poiché consente di confermare ilcorretto annidamento dell’ovulo fecondato nell’utero e di datare con maggiore precisione la gestazione. Un’informazione utile per calcolare, con un margine di errore di 3-4 giorni al massimo, la data presunta del parto (la “DPP” indicata nel referto). Poi, naturalmente, si può vedere se la gravidanza è singola o multipla e, nella seconda ipotesi, se i gemelli “abitano” nella stessa camera gestazionale e se hanno placente separate, in modo da stabilire i controlli più appropriati. Se si programma nelle primissime settimane, l’ecografia del primo trimestre viene in genere eseguita per via transvaginale, mentre nelle settimane successive si esegue per via addominale, cioè semplicemente appoggiando la sonda sulla pancia, come accade per le ecografie del secondo e del terzo trimestre. Quando si effettua tra la 11esima e la13esima settimana, inoltre, il ginecologo può abbinare anche la valutazione dellatranslucenza nucale, che però deve essere eseguito solamente da i ginecologi specificamente accreditati.Si tratta della misurazione della falda liquida che si accumula dietro la nuca del feto in quel periodo gestazionale e che, unita all’esame di un campione ematico, fornisce una stima del rischio che il bambino sia affetto da alcune patologie, come la sindrome di Down. Nel caso in cui risulti un rischio aumentato, la donna potrà decidere se sottoporsi a esami invasivi, villocentesi o amniocentesi, per avere una diagnosi certa.
L’ecografia del secondo trimestre
In base alle nuove linee guida deve essere effettuata tra la 19esima e la 21esima settimana di gestazione. Viene comunemente denominata morfologica, poiché valuta l’anatomia dei vari organi del feto al fine di individuare eventuali anomalie. È un’ecografia che va eseguita in questa epoca gestazionale perché il feto è abbastanza grande per poter analizzare alcune caratteristiche anatomiche che, col passare delle settimane, sarebbero più difficili da visualizzare a causa della fisiologica crescita fetale. Essendo un’indagine più complessa rispetto alla prima, richiede anche più tempo: 20-30 minuti rispetto ai 10-15 della precedente. Sul monitor, la futura mamma non riesce più a vedere il suo bambino per intero, ma solo per segmenti: la testolina, il braccio, la colonna vertebrale. Ma ciò che la emoziona di più è che, se il bebè è messo nella giusta posizione, può finalmente sapere se sarà maschio o femmina.
L’ecografia del terzo trimestre
Si esegue intorno alla 32esima settimana e serve per ricercare eventuali anomalie anatomiche che si possono manifestare tardivamente, oltre a verificare alcuni parametri per monitorare la crescita del bambino, controllare la quantità di liquido amniotico e la posizione della placenta, visualizzare la posizione fetale. A dire il vero, sull’opportunità di effettuare questa ecografia ci sono correnti di pensiero differenti e anche le ultime linee guida indicano tale esame come raccomandato “alle donne nelle quali un precedente esame ha rilevato una placenta che ricopre in tutto o in parte l’orifizio uterino interno, ossia nei casi di placenta previa, che hanno impedito una corretta indagine nell’ecografia precedente”.
Farla o non farla, dunque? Anche se in ambiente ostetrico le opinioni circa la sua utilità sono contrastanti, soprattutto per quel che attiene la valutazione della crescita fetale, pur tuttavia il Ministero continua a segnalarla tra le ecografie offerte dal SSN e la maggioranza dei ginecologi continua a eseguirla di routine.
Farne in più serve davvero?
In una gravidanza che procede in modo fisiologico, le tre ecografie indicate dal Ministero della Salute, eseguite nelle settimane previste dalle linee guida, sono più che sufficienti per monitorare lo stato di salute generale del bambino. Fare ecografie aggiuntive dal proprio ginecologo senza una precisa indicazione non fornisce alcuna informazione in più e non ha alcuna utilità se non offrire alla mamma il piacere di vedere il suo piccolo.
Sulla validità diagnostica delle ecografie è bene fare chiarezza. Le ecografie di screening o di I livello, che sono le tre offerte di routine a tutte le donne, anche se eseguite da personale qualificato e con apparecchiature idonee, hanno comunque una sensibilità che è in media del 50%. Questo significa che l’ecografia è in grado di rilevare solo il 50% delle anomalie fetali possibili, con oscillazioni anche significative a seconda della patologia che si vuole evidenziare: se la sensibilità aumenta per anomalie macroscopiche, come un’anencefalia, vi sono altre malformazioni ben difficili da visualizzare, come ad esempio l’assenza di un dito di una mano o anomalie minori del sistema muscolo-scheletrico.
A volte questo può dipendere dalla posizione in cui è messo il bambino, ma il più delle volte è dovuto ai limiti intrinseci della metodica ecografica. Non per niente recita il testo delle linee guida: “I professionisti devono informare le donne delle limitazioni dell’indagine ecografica eseguita di routine e del fatto che il tasso di rilevazione varia con il tipo di anomalia fetale, l’indice di massa corporea della donna (lo spessore del pannicolo adiposo della paziente può rappresentare un grosso limite alla chiarezza delle immagini ecografiche del feto, con conseguente perdita di sensibilità diagnostica) e con la posizione del feto al momento dell’indagine”.
Le indagini di II livello
Si tratta di indagini effettuate su precisa indicazione del ginecologo quando emergono fattori di rischio, ad esempio se la mamma soffre di diabete, se si riscontra un ritardo di crescita o se dall’ecografia di screening emerge un sospetto diagnostico di un’anomalia anatomica. In tal caso l’ecografia verrà effettuata in un centro specializzato, che dispone di apparecchiature più sofisticate e di personale preparato per eseguire quel tipo di indagine, in modo da poter studiare in modo mirato l’organo o la patologia su cui si vuole indagare più dettagliatamente. Ma, viene spontaneo chiedersi, perché non fare ecografie di II livello a tutte le donne? È inutile, perché non si saprebbe che cosa andare a indagare, oltre che impossibile da realizzare: un simile screening richiede una disponibilità di strutture e di personale che non esiste. In più, comporterebbe un costo esagerato per il SSN o per la stessa paziente, se volesse effettuare certi esami privatamente, che non è giustificato da alcuna necessità.
3D: solo in alcuni casi
Consentono di vedere il bambino con un’immagine tridimensionale, ma hanno un’indicazione di nicchia, poiché servono per un perfezionamento diagnostico in caso di patologie ben precise per le quali c’è già stata una prima diagnosi attraverso l’ecografia bidimensionale. Per il resto ad oggi non c’è nessuna evidenza scientifica che l’ecografia tridimensionale possa essere più valida come strumento di screening di massa rispetto alla bidimensionale. In compenso viene effettuata solo in pochi Centri ed è molto più cara per il costo delle apparecchiature impiegate e per il maggior tempo di esecuzione dell’esame. Stesso discorso per la quadridimensionale, che altro non è se non una tridimensionale in tempo reale.
Fonte http://www.dolceattesa.rcs.it/2013/04/ecografie-perche-ne-bastano-tre/
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