I risultati della procreazione medicalmente assistita (PMA) sono strettamente correlati alla qualità degli spermatozoi utilizzati per la fecondazione in vitro. La normalità del nucleo dello spermatozoo è fondamentale affinché si sviluppi un embrione senza anomalie genetiche che sia in grado di dare origine ad una gravidanza evolutiva.
I ricercatori del Servizio del Servizio di Andrologia e Medicina della Riproduzione Umana dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, diretti dal prof. Carlo Foresta coadiuvato dal dott. Andrea Garolla, hanno messo a punto una nuova tecnica chiamata γH2AX test che è in grado di analizzare la doppia elica del DNA spermatico che è frequentemente alterata nei soggetti infertili.
La metodica, mai applicata finora sugli spermatozoi umani, ha già condotto a risultati molto importanti: quando tutte le altre tecniche oggi esistenti non erano in grado di predire il successo della PMA, questa ha invece dimostrato che quando meno del 13% degli spermatozoi presenta rotture della doppia elica, i soggetti candidati a PMA hanno elevate probabilità di concepimento. La percentuale di queste anomalie incrementa con l’aumentare del danno testicolare, tanto da interessare oltre il 20% degli spermatozoi nei soggetti infertili a fronte di valori inferiori al 5% nei soggetti in grado di concepire naturalmente.
Questa tecnica di analisi degli spermatozoi ha chiarito per la prima volta in modo molto definito che le alterazioni della doppia elica del DNA spermatico sono determinanti nei processi di fertilizzazione dell’ovocita e ha individuato una elevata percentuale di queste alterazioni nei campioni seminali di soggetti con danno testicolare. In questi ultimi anni si assiste sempre più frequentemente alla ricerca di prole con tecniche di PMA tuttavia la percentuale di successo di queste procedure è bassa a causa delle frequenti anomalie genetiche dell’embrione ed il motivo dei numerosi insuccessi trova giustificazione nei risultati cui sono giunti i ricercatori padovani. I risultati di questo studio sono attualmente in fase di pubblicazione su RBM Online, una prestigiosa rivista scientifica inglese del settore.
“La conoscenza di questo dato è molto importante nella diagnostica e nel counselling delle coppie prima di procedere alla PMA. Infatti, nei casi di alterazione di questo parametro è possibile utilizzare delle terapie in grado di modificare l’integrità del DNA spermatico – spiega il prof. Foresta – anche perché una tecnica di PMA andata male, per una mancata fertilizzazione o per una malformazione dell’embrione che porta poi all’aborto spontaneo, rappresenta un grave fallimento per la coppia e per il medico che la cura.”
Fonte http://www.clicmedicina.it/come-individuare-lo-spermatozoo-sano-per-il-successo-della-pma/
I ricercatori del Servizio del Servizio di Andrologia e Medicina della Riproduzione Umana dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, diretti dal prof. Carlo Foresta coadiuvato dal dott. Andrea Garolla, hanno messo a punto una nuova tecnica chiamata γH2AX test che è in grado di analizzare la doppia elica del DNA spermatico che è frequentemente alterata nei soggetti infertili.
La metodica, mai applicata finora sugli spermatozoi umani, ha già condotto a risultati molto importanti: quando tutte le altre tecniche oggi esistenti non erano in grado di predire il successo della PMA, questa ha invece dimostrato che quando meno del 13% degli spermatozoi presenta rotture della doppia elica, i soggetti candidati a PMA hanno elevate probabilità di concepimento. La percentuale di queste anomalie incrementa con l’aumentare del danno testicolare, tanto da interessare oltre il 20% degli spermatozoi nei soggetti infertili a fronte di valori inferiori al 5% nei soggetti in grado di concepire naturalmente.
Questa tecnica di analisi degli spermatozoi ha chiarito per la prima volta in modo molto definito che le alterazioni della doppia elica del DNA spermatico sono determinanti nei processi di fertilizzazione dell’ovocita e ha individuato una elevata percentuale di queste alterazioni nei campioni seminali di soggetti con danno testicolare. In questi ultimi anni si assiste sempre più frequentemente alla ricerca di prole con tecniche di PMA tuttavia la percentuale di successo di queste procedure è bassa a causa delle frequenti anomalie genetiche dell’embrione ed il motivo dei numerosi insuccessi trova giustificazione nei risultati cui sono giunti i ricercatori padovani. I risultati di questo studio sono attualmente in fase di pubblicazione su RBM Online, una prestigiosa rivista scientifica inglese del settore.
“La conoscenza di questo dato è molto importante nella diagnostica e nel counselling delle coppie prima di procedere alla PMA. Infatti, nei casi di alterazione di questo parametro è possibile utilizzare delle terapie in grado di modificare l’integrità del DNA spermatico – spiega il prof. Foresta – anche perché una tecnica di PMA andata male, per una mancata fertilizzazione o per una malformazione dell’embrione che porta poi all’aborto spontaneo, rappresenta un grave fallimento per la coppia e per il medico che la cura.”
Fonte http://www.clicmedicina.it/come-individuare-lo-spermatozoo-sano-per-il-successo-della-pma/
Nessun commento:
Posta un commento