giovedì 13 agosto 2015

Infertilità, quanto conta l'età

             Nel settembre del 2008 il Comitato congiunto del Collegio americano di ostetrici e ginecologi e quello della Società americana di medicina della riproduzione ha pubblicato sulla rivista Fertility and sterility (una delle più importanti del settore) un documento di raccomandazioni per la diagnosi corretti dell'infertilità.
             Secondo la loro analisi, la fertilità femminile è strettamente correlata all'età e comincia a declinare in modo sostanziale ben prima che si avvertano i primi segni della menopausa.
             Col passare degli anni il numero i ovociti contenuti nelle ovaie declina per via di un processo naturale chiamato atresia. Basti pensare che un feto femminile, quando è ancora nella pancia della mamma, possiede dai 6 ai 7 milioni di ovociti che già alla nascita sono diventati solo 1-2 milioni, per poi scendere intorno ai 300-500mila alla pubertà, 25mila a 37 anni e solo 1.000 a 51 anni, che è l'età media di inizio della menopausa.
             Il calo di fertilità è graduale e continuo, ma gli studi hanno dimostrato che vi sono due “età critiche”: quella intorno ai 32 anni e quella dopo i 37. Il tutto è dovuto a cambiamenti ormonali. L'età è quindi un fattore di rischio in sé, anche se diversi studi hanno dimostrato che si combina con una riduzione progressiva dei rapporti sessuali che segue più o meno l'andamento dell'età. Il risultato è evidente: donne più avanti con gli anni e che hanno meno rapporti sessuali hanno minori chanche di concepire naturalmente.
             L'età influisce anche sulle probabilità di successo di un qualsiasi intervento di fecondazione assistita, come ha dimostrato uno studio ormai storico pubblicato nel 1982 sul New England Journal of Medicine.
             Donne che non hanno problemi di concepimento ma che per sterilità del marito hanno dovuto sottoporsi a una inseminazione con sperma di donatore (una delle condizioni più favorevoli per avere un bambino con l'aiuto della medicina, perché si tratta di unire artificialmente ovuli e sperma di due persone sostanzialmente sane) ottengono una gravidanza nel 74% dei casi se hanno meno di 32 anni, nel 62% tra 32 e 35 anni e nel 54% sopra i 35. È bene ricordare che solo il 2-3% delle donne è naturalmente fertile dopo i 42 anni, anche se mediamente la menopusa compare quasi dieci anni dopo.
             I dati raccolti nel 2008 dall'Istituto superiore della sanità su tutti i centri italiani autorizz ati dicono che su cento cicli di fecondazione artificiale (FIVET/ICSI) in pazienti con meno di 29 anni, sono state ottenute circa 30 gravidanze, mentre su cento cicli iniziati in pazienti con 45 anni o più, sono state ottenute circa 2 gravidanze.
             Il fattore tempo è quindi importantissimo: per questa ragione il documento di cui americano citato sopra conclude affermando che anche se la diagnosi di infertilità vera e propria si ha solo dopo un anno di tentativi infruttuosi, se la donna ha più di 35 anni è bene che inizi un percorso diagnostico già dopo sei mesi. Anche sei mesi possono essere troppi se ci sono ragioni di sospettare un'infertilità (per esempio perché la donna soffre di disturbi ginecologici, o ha subito interventi importanti all'addome che possono aver causato aderenze, oppure ancora se ha disturbi ormonali già noti).
             Per quel che riguarda l'uomo, invece, si può dire che, a parte le infertilità dovute a particolari patologie, si verifica anche un calo dovuto all'età. Una prima riduzione della qualità dello sperma inizia già dopo i 35 anni (e diventa significativa dopo i 40 anni). In genere un partner meno giovane favorisce gli aborti spontanei, e ciò indipendentemente dall’età della donna.
Fonte http://www.nostrofiglio.it/concepimento/infertilita/infertilita-quanto-conta-l-eta

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