I fibromi uterini, o miomi, possono essere singoli o multipli e differenziarsi per sede e dimensioni. Le probabilità che compaiano aumentano con l’età. Ben tre donne su quattro, infatti, li sviluppano a un certo punto della vita, ma solo in una minoranza di casi creano problemi e possono anche rendere infertili. All’origine ci sono diversi fattori, tra cui la familiarità e l’azione di alcuni ormoni, in particolare gli estrogeni.
Quali sono i più problematici?
“Generalmente sono quelli ‘sottomucosi’, che compaiono cioè nella cavità dell’utero”, spiega Vittorio Unfer, Professore di Ostetricia e Ginecologia all’Università IPUS Istituzione di Alta Formazione di Chiasso in Svizzera. “Se presenti in questa sede o all’interno di una tuba, anche se di dimensioni ridotte, sono in grado di bloccare il viaggio degli spermatozoi e rendere difficile l’impianto dell’embrione. Possono, quindi, ridurre le probabilità che si avvii la gravidanza o provocarne l’interruzione. Meno gravi sono, in genere, i fibromi ‘sottosierosi’, esterni alla cavità uterina, e gli ‘intramurali’, collocati nello spessore della parete uterina, che possono rappresentare una complicazione solo se di grandi dimensioni (8-10 cm) o se posizionati male, come quando spingono sulla vescica o sporgono nell’endometrio”.
Quali sono i sintomi che li accompagnano?
“I fibromi uterini, nella maggior parte dei casi, sono asintomatici. Vengono, quindi, individuati in occasione delle visite di controllo”, spiega l’esperto. “Solo se sono di grosse dimensioni o se alterano la parete interna dell’utero ci si accorge della loro presenza perché possono provocare emorragie al di fuori del ciclo, senso di pesantezza nella parte bassa dell’addome, incontinenza urinaria (se il fibroma preme sulla vescica), dolori intestinali e dolore nei rapporti sessuali”.
Cosa può succedere a gravidanza avviata?
“Durante l’attesa, per effetto degli estrogeni, i fibromi tendono ad aumentare di volume (di solito fino alla 24a settimana) per cui vanno tenuti sotto osservazione”, dice Vittorio Unfer. “Anche quelli ‘sottosierosi’ e gli ‘intramurali’, che non ostacolano il concepimento, possono in alcuni casi creare qualche problema a gravidanza avviata: quando si interpongono tra il feto e il canale del parto o se la placenta aderisce eccessivamente all’utero a causa del fibroma (placenta accreta). In quest’ultimo caso, la donna rischia di avere un’emorragia dopo la nascita del bambino”.
Quando vanno trattati e in che modo?
“L’opportunità del trattamento viene decisa in base all’età della donna oltre che al numero, alla localizzazione e alla grandezza dei fibromi”, spiega Vittorio Unfer. “Se si desidera un figlio, bisogna tener conto che, una volta fatta l’operazione, occorrerà aspettare 10-12 mesi che l’area si cicatrizzi prima di cominciare la ricerca. L’età, quindi, conta molto: a 25 anni consiglierei di eliminare il fibroma se può ostacolare il concepimento o il buon esito della gravidanza, ma a 38-40 la soluzione migliore potrebbe essere di cercare comunque il bambino, per non perdere un anno prezioso, visto che a quest’età la fertilità cala rapidamente”, continua l’esperto.
“Dopo i 35 anni, bisogna tener conto, poi, che avere un utero fibromatoso (cioè un po’ invecchiato e meno elastico) o un fibroma uterino è un fenomeno frequentissimo. La maggior parte delle volte, non rappresentano un impedimento a portare avanti la gravidanza”.
L’opportunità di sottoporsi all’operazione, quindi, va valutata caso per caso dallo specialista. L’intervento attualmente più praticato per i fibromi uterini è l’asportazione chirurgica. In alternativa, esistono l’embolizzazione, una tecnica mininvasiva e molto diffusa che prevede l’iniezione di sostanze che chiudono i piccoli vasi sanguigni che alimentano il fibroma, e l’ablazione, cioè la distruzione delle cellule con ultrasuoni focalizzati.
Fonte https://www.dolceattesa.com/rimanere-incinta/fibromi-uterini-infertilita_infertilita/
Quali sono i più problematici?
“Generalmente sono quelli ‘sottomucosi’, che compaiono cioè nella cavità dell’utero”, spiega Vittorio Unfer, Professore di Ostetricia e Ginecologia all’Università IPUS Istituzione di Alta Formazione di Chiasso in Svizzera. “Se presenti in questa sede o all’interno di una tuba, anche se di dimensioni ridotte, sono in grado di bloccare il viaggio degli spermatozoi e rendere difficile l’impianto dell’embrione. Possono, quindi, ridurre le probabilità che si avvii la gravidanza o provocarne l’interruzione. Meno gravi sono, in genere, i fibromi ‘sottosierosi’, esterni alla cavità uterina, e gli ‘intramurali’, collocati nello spessore della parete uterina, che possono rappresentare una complicazione solo se di grandi dimensioni (8-10 cm) o se posizionati male, come quando spingono sulla vescica o sporgono nell’endometrio”.
Quali sono i sintomi che li accompagnano?
“I fibromi uterini, nella maggior parte dei casi, sono asintomatici. Vengono, quindi, individuati in occasione delle visite di controllo”, spiega l’esperto. “Solo se sono di grosse dimensioni o se alterano la parete interna dell’utero ci si accorge della loro presenza perché possono provocare emorragie al di fuori del ciclo, senso di pesantezza nella parte bassa dell’addome, incontinenza urinaria (se il fibroma preme sulla vescica), dolori intestinali e dolore nei rapporti sessuali”.
Cosa può succedere a gravidanza avviata?
“Durante l’attesa, per effetto degli estrogeni, i fibromi tendono ad aumentare di volume (di solito fino alla 24a settimana) per cui vanno tenuti sotto osservazione”, dice Vittorio Unfer. “Anche quelli ‘sottosierosi’ e gli ‘intramurali’, che non ostacolano il concepimento, possono in alcuni casi creare qualche problema a gravidanza avviata: quando si interpongono tra il feto e il canale del parto o se la placenta aderisce eccessivamente all’utero a causa del fibroma (placenta accreta). In quest’ultimo caso, la donna rischia di avere un’emorragia dopo la nascita del bambino”.
Quando vanno trattati e in che modo?
“L’opportunità del trattamento viene decisa in base all’età della donna oltre che al numero, alla localizzazione e alla grandezza dei fibromi”, spiega Vittorio Unfer. “Se si desidera un figlio, bisogna tener conto che, una volta fatta l’operazione, occorrerà aspettare 10-12 mesi che l’area si cicatrizzi prima di cominciare la ricerca. L’età, quindi, conta molto: a 25 anni consiglierei di eliminare il fibroma se può ostacolare il concepimento o il buon esito della gravidanza, ma a 38-40 la soluzione migliore potrebbe essere di cercare comunque il bambino, per non perdere un anno prezioso, visto che a quest’età la fertilità cala rapidamente”, continua l’esperto.
“Dopo i 35 anni, bisogna tener conto, poi, che avere un utero fibromatoso (cioè un po’ invecchiato e meno elastico) o un fibroma uterino è un fenomeno frequentissimo. La maggior parte delle volte, non rappresentano un impedimento a portare avanti la gravidanza”.
L’opportunità di sottoporsi all’operazione, quindi, va valutata caso per caso dallo specialista. L’intervento attualmente più praticato per i fibromi uterini è l’asportazione chirurgica. In alternativa, esistono l’embolizzazione, una tecnica mininvasiva e molto diffusa che prevede l’iniezione di sostanze che chiudono i piccoli vasi sanguigni che alimentano il fibroma, e l’ablazione, cioè la distruzione delle cellule con ultrasuoni focalizzati.
Fonte https://www.dolceattesa.com/rimanere-incinta/fibromi-uterini-infertilita_infertilita/
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