IL "DIVIETO di accesso” alla procreazione assistita alle coppie fertili portatrici di patologie genetiche è caduto il 14 maggio di quattro anni fa ma, in concreto, sono soltanto otto le regioni che si fanno carico del costo delle indagini diagnostiche che darebbero alle coppie la possibilità di sapere se rischiano di trasmettere ai figli una malattia genetica. Nei Livelli essenziali di assistenza del 2017, infatti, non sono state incluse queste indagini diagnostiche.
La sentenza della Corte Costituzionale
Sono passati quattro anni dalla sentenza 96/2015 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell'esclusione dalla possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma) alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili che tramite queste tecniche possono accedere ad indagini diagnostiche specifiche. Una tappa fondamentale in un lungo percorso che aveva già visto nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo confermare come la legge 40 violi l’art. 8 della Dichiarazione europea dei diritti umani relativamente al rispetto della vita familiare.
Così, dal 2015, oltre alle coppie infertili o sterili che in virtù della legge 40 già potevano chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione prima del trasferimento in utero, anche le coppie fertili portatrici di patologie genetiche possono accedere alla PMA per eseguire indagini di diagnostica prenatale. “Nonostante questo grande traguardo - sottolinea Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni - oggi non è ancora possibile un pieno rispetto della sentenza d’incostituzionalità della Corte costituzionale perché soltanto chi ha la possibilità economica di pagare la Diagnosi Genetica di Preimpianto può evitare il rischio di trasmettere al proprio figlio la malattia genetica di cui si è affetti o portatori”.
Nei Lea manca la diagnosi genetica di preimpianto
Con l'aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza nel 2017, per la prima volta sono state incluse anche tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita, ma non è stato fatto alcun cenno alle tecniche applicate in tutti i paesi europei, compresa l’Italia, proprio per la Diagnosi Genetica di Preimpianto. “In Italia i principi di eguaglianza e di universalità del Servizio Sanitario Nazionale - prosegue Gallo - costituiscono un presupposto irrinunciabile per assicurare la coesione del Paese e per contrastare le disuguaglianze sociali. Per le persone che però hanno bisogno di accedere a indagini diagnostiche genetiche di preimpianto il principio di uguaglianza, il diritto alla salute, il principio di universalità del Ssn non sono applicabili”.
Accesso alla diagnosi pre-impianto solo in otto regioni
Campania, Sardegna, Lazio, Toscana, Piemonte, Veneto, Friuli, Lombardia: solo queste otto regioni si fanno carico del costo di queste indagini. “La Lombardia – spiegano dall’Associazione Luca Coscioni – è costretta a farsi carico della spesa dai tribunali, le altre invece per piena volontà politica, cercando di intervenire per sanare una discriminazione determinata dal Ministro della Salute”.
L’appello al ministero della Salute
Per questo l’Associazione Luca Coscioni ha promosso con esperti ed altre associazioni di pazienti un appello al Ministro della Salute, Giulia Grillo, affinché i LEA siano aggiornati includendo anche queste indagini. Le Associazioni chiedono al Ministero di rendere possibile l’accesso a tutte le tecniche di PMA, inclusa la diagnosi preimpianto, anche nelle strutture pubbliche perché il limite economico non sia un ostacolo ad avere una famiglia con dei figli. Inoltre, viene chiesta la definizione delle tariffe per le tecniche di queste prestazioni perché, ad un anno dall’aggiornamento, il fabbisogno dei pazienti è ancora disatteso.
La sentenza della Corte Costituzionale
Sono passati quattro anni dalla sentenza 96/2015 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell'esclusione dalla possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma) alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili che tramite queste tecniche possono accedere ad indagini diagnostiche specifiche. Una tappa fondamentale in un lungo percorso che aveva già visto nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo confermare come la legge 40 violi l’art. 8 della Dichiarazione europea dei diritti umani relativamente al rispetto della vita familiare.
Così, dal 2015, oltre alle coppie infertili o sterili che in virtù della legge 40 già potevano chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione prima del trasferimento in utero, anche le coppie fertili portatrici di patologie genetiche possono accedere alla PMA per eseguire indagini di diagnostica prenatale. “Nonostante questo grande traguardo - sottolinea Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni - oggi non è ancora possibile un pieno rispetto della sentenza d’incostituzionalità della Corte costituzionale perché soltanto chi ha la possibilità economica di pagare la Diagnosi Genetica di Preimpianto può evitare il rischio di trasmettere al proprio figlio la malattia genetica di cui si è affetti o portatori”.
Nei Lea manca la diagnosi genetica di preimpianto
Con l'aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza nel 2017, per la prima volta sono state incluse anche tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita, ma non è stato fatto alcun cenno alle tecniche applicate in tutti i paesi europei, compresa l’Italia, proprio per la Diagnosi Genetica di Preimpianto. “In Italia i principi di eguaglianza e di universalità del Servizio Sanitario Nazionale - prosegue Gallo - costituiscono un presupposto irrinunciabile per assicurare la coesione del Paese e per contrastare le disuguaglianze sociali. Per le persone che però hanno bisogno di accedere a indagini diagnostiche genetiche di preimpianto il principio di uguaglianza, il diritto alla salute, il principio di universalità del Ssn non sono applicabili”.
Accesso alla diagnosi pre-impianto solo in otto regioni
Campania, Sardegna, Lazio, Toscana, Piemonte, Veneto, Friuli, Lombardia: solo queste otto regioni si fanno carico del costo di queste indagini. “La Lombardia – spiegano dall’Associazione Luca Coscioni – è costretta a farsi carico della spesa dai tribunali, le altre invece per piena volontà politica, cercando di intervenire per sanare una discriminazione determinata dal Ministro della Salute”.
L’appello al ministero della Salute
Per questo l’Associazione Luca Coscioni ha promosso con esperti ed altre associazioni di pazienti un appello al Ministro della Salute, Giulia Grillo, affinché i LEA siano aggiornati includendo anche queste indagini. Le Associazioni chiedono al Ministero di rendere possibile l’accesso a tutte le tecniche di PMA, inclusa la diagnosi preimpianto, anche nelle strutture pubbliche perché il limite economico non sia un ostacolo ad avere una famiglia con dei figli. Inoltre, viene chiesta la definizione delle tariffe per le tecniche di queste prestazioni perché, ad un anno dall’aggiornamento, il fabbisogno dei pazienti è ancora disatteso.
L’indagine
Ma cosa pensano gli italiani delle varie tematiche legate alla fecondazione assistita? Dall’analisi condotta lo scorso mese dall’Istituto di Ricerca SWG, emerge come l’82% degli intervistati ritenga importante regolamentare tutte le forme di procreazione assistita. L’85% degli intervistati, inoltre, si dichiara favorevole alla diagnosi pre-impianto, mentre il 69% è favorevole a destinare alla ricerca scientifica gli embrioni non utilizzati, piuttosto che lasciarli congelati indefinitamente. Alla fecondazione assistita con gameti di un donatore esterno alla coppia si dichiara favorevole il 64% degli intervistati, mentre il 57% è d’accordo rispetto al diritto per le donne single e il 42% per le coppie dello stesso sesso.
Fonte https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/05/14/news/fecondazione_assistita_test_genetici_preimpianto_rimborsati_solo_in_8_regioni-226261754/
Nessun commento:
Posta un commento