Minimizzare un problema non è la maniera migliore per trovare soluzioni. Ignorarlo nemmeno. Ma leggere di accoltellamenti sui treni che non si ritiene siano attentati, mi fa pensare alla stagione dei pedoni investiti in strada e degli abusi sui minori: episodi che sembrano salire di incidenza solo perché nell’arco di un paio di mesi diventano le uniche notizie su cui si concentrano articoli, commenti, editoriali illustri, trasmissioni televisive. La conseguenza naturale di un’informazione orchestrata in questo modo è che ormai ci portiamo appiccicata addosso, anche mentre dormiamo, la paura che ciò che leggiamo si possa materializzare nelle nostre vite, come un fantasma che prenda, infine, sostanza.
Questa vita sospesa tra quotidiana routine e paura impedisce in maniera quasi automatica di contemplare una sfera pubblica - nel privato siamo tutti migliori, con i nostri difetti e i nostri slanci di generosità - che si apra con costanza al dibattito costruttivo su ciò che nella vita sociale sia perfettibile o radicalmente riformabile. E quindi anche se nel privato siamo migliori, scontiamo una frustrante mancanza di informazioni. Così, in questa cupa estate di paura, colpisce leggere l’appello di Ilaria D’Amico che dalle colonne del “Corriere della Sera” invita a donare maternità. Si parla di fecondazione eterologa, ovvero quella pratica necessaria per una coppia che volesse avere un figlio nonostante sia affetta da sterilità.
La storia della fecondazione eterologa in Italia si ricollega a quanto scrivevo in questa stessa rubrica la scorsa settimana sulla ricerca scientifica che è anche e soprattutto ricerca della felicità. Fino al 2004 era possibile accedere all’eterologa purché vi fosse anonimato sui donatori e ovuli e spermatozoi non fossero ceduti dietro compenso. Poi fa la sua comparsa la legge 40, un abominio che l’Associazione Luca Coscioni (nella persona di Filomena Gallo) sta contribuendo a smantellare punto per punto, per restituire al nostro Paese quella dignità in materia di procreazione medicalmente assistita che una politica bigotta, reazionaria e soprattutto ipocrita prova costantemente a sottrargli.
Sono due anni ormai che la Consulta ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa, eppure le donazioni di ovuli sono pochissime (una ventina), così come l’egg sharing, ovvero la donazione di ovociti da parte di donne che hanno praticato la fecondazione assistita (un centinaio). E anche gli uomini sono restii a donare spermatozoi.
Dunque, da un lato l’eterologa in Italia è praticata a macchia di leopardo (spesso si ricorre al settore privato e diventa un investimento che in pochi possono permettersi), dall’altro, dove viene effettuata, ovociti e spermatozoi sono prevalentemente d’importazione.
Ed ecco la consueta ipocrisia italiana:non si effettuano - se non per iniziativa di associazioni che con il ministero della Sanità hanno rapporti di alterità e di forte contrasto - campagne di sensibilizzazione per invitare uomini e donne a donare spermatozoi e ovuli, ma si importano dall’estero. E se per gli uomini è tutto relativamente più semplice, per le donne che devono sottoporsi a stimolazione ormonale e poi al pick up, si potrebbe certo prevedere un rimborso spese che non sia un compenso, ma un modo per risarcirle per essersi sottoposte per un mese, ogni giorno, a una somministrazione ormonale e poi, in conclusione, a un intervento.
Le donne che abbiano praticato la procreazione assistita sanno di cosa parlo e sanno anche quanto sia assurdo non consentire di massimizzare gli effetti della stimolazione ormonale e del pick up informandole sulla possibilità di donare gli ovuli. Chi sa, magari si potrebbe pensare di impiegare gli assistenti sociali che invitano le donne in procinto di abortire a ripensarci, anche per informare, con la medesima solerzia, chi ha praticato la fivet a donare ovuli e spermatozoi, per non doverli importare dall’estero. Dalla Spagna ad esempio, dove per la stimolazione ovarica è previsto un indennizzo di mille euro, nulla rispetto all’iter che si affronta per la donazione e nulla in confronto alla felicità che le donatrici mettono in circolo. Ecco dunque cosa ha significato la legge 40 in Italia, niente altro che questo: porre limiti alla ricerca scientifica che nei paesi arretrati, ostaggio di politiche oscurantiste, coincide con la più grande delle minacce, quella che si possa essere felici e magari smettere di avere paura.
Questa vita sospesa tra quotidiana routine e paura impedisce in maniera quasi automatica di contemplare una sfera pubblica - nel privato siamo tutti migliori, con i nostri difetti e i nostri slanci di generosità - che si apra con costanza al dibattito costruttivo su ciò che nella vita sociale sia perfettibile o radicalmente riformabile. E quindi anche se nel privato siamo migliori, scontiamo una frustrante mancanza di informazioni. Così, in questa cupa estate di paura, colpisce leggere l’appello di Ilaria D’Amico che dalle colonne del “Corriere della Sera” invita a donare maternità. Si parla di fecondazione eterologa, ovvero quella pratica necessaria per una coppia che volesse avere un figlio nonostante sia affetta da sterilità.
La storia della fecondazione eterologa in Italia si ricollega a quanto scrivevo in questa stessa rubrica la scorsa settimana sulla ricerca scientifica che è anche e soprattutto ricerca della felicità. Fino al 2004 era possibile accedere all’eterologa purché vi fosse anonimato sui donatori e ovuli e spermatozoi non fossero ceduti dietro compenso. Poi fa la sua comparsa la legge 40, un abominio che l’Associazione Luca Coscioni (nella persona di Filomena Gallo) sta contribuendo a smantellare punto per punto, per restituire al nostro Paese quella dignità in materia di procreazione medicalmente assistita che una politica bigotta, reazionaria e soprattutto ipocrita prova costantemente a sottrargli.
Sono due anni ormai che la Consulta ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa, eppure le donazioni di ovuli sono pochissime (una ventina), così come l’egg sharing, ovvero la donazione di ovociti da parte di donne che hanno praticato la fecondazione assistita (un centinaio). E anche gli uomini sono restii a donare spermatozoi.
Dunque, da un lato l’eterologa in Italia è praticata a macchia di leopardo (spesso si ricorre al settore privato e diventa un investimento che in pochi possono permettersi), dall’altro, dove viene effettuata, ovociti e spermatozoi sono prevalentemente d’importazione.
Ed ecco la consueta ipocrisia italiana:non si effettuano - se non per iniziativa di associazioni che con il ministero della Sanità hanno rapporti di alterità e di forte contrasto - campagne di sensibilizzazione per invitare uomini e donne a donare spermatozoi e ovuli, ma si importano dall’estero. E se per gli uomini è tutto relativamente più semplice, per le donne che devono sottoporsi a stimolazione ormonale e poi al pick up, si potrebbe certo prevedere un rimborso spese che non sia un compenso, ma un modo per risarcirle per essersi sottoposte per un mese, ogni giorno, a una somministrazione ormonale e poi, in conclusione, a un intervento.
Le donne che abbiano praticato la procreazione assistita sanno di cosa parlo e sanno anche quanto sia assurdo non consentire di massimizzare gli effetti della stimolazione ormonale e del pick up informandole sulla possibilità di donare gli ovuli. Chi sa, magari si potrebbe pensare di impiegare gli assistenti sociali che invitano le donne in procinto di abortire a ripensarci, anche per informare, con la medesima solerzia, chi ha praticato la fivet a donare ovuli e spermatozoi, per non doverli importare dall’estero. Dalla Spagna ad esempio, dove per la stimolazione ovarica è previsto un indennizzo di mille euro, nulla rispetto all’iter che si affronta per la donazione e nulla in confronto alla felicità che le donatrici mettono in circolo. Ecco dunque cosa ha significato la legge 40 in Italia, niente altro che questo: porre limiti alla ricerca scientifica che nei paesi arretrati, ostaggio di politiche oscurantiste, coincide con la più grande delle minacce, quella che si possa essere felici e magari smettere di avere paura.
Fonte http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2016/08/18/news/libero-ovulo-in-libero-stato-1.280591?refresh_ce
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