Quando mi sono svegliata dall'anestesia, avevo la vista annebbiata. Sono riuscita però a distinguere con chiarezza il volto sorridente della dottoressa che, solo un'ora prima, mi aveva accolta in sala operatoria. Era accanto al mio letto, era corsa a dirmi che il mio pick-up (ovvero l'estrazione degli ovuli) era andato benissimo.
«Dodici! Ne abbiamo estratti dodici!». Subito mi è venuto in mente mio padre, che aveva undici fratelli, poi ho pensato ai miei dodici ovuli pronti per essere fecondati, dodici possibili figli. Mi sono commossa pensando ai quasi già nove mesi di tentativi che io e la mia compagna Anna avevamo affrontato, tra inseminazioni artificiali, stimolazioni e monitoraggi ormonali.
«Dodici! Ne abbiamo estratti dodici!». Subito mi è venuto in mente mio padre, che aveva undici fratelli, poi ho pensato ai miei dodici ovuli pronti per essere fecondati, dodici possibili figli. Mi sono commossa pensando ai quasi già nove mesi di tentativi che io e la mia compagna Anna avevamo affrontato, tra inseminazioni artificiali, stimolazioni e monitoraggi ormonali.
Per un primo pick-up estrarre dodici ovuli è davvero un ottimo risultato, probabilmente aiutato anche dalla mia età 34 anni. In media si ottengono 6, 7 ovociti e non sempre tutti portano la fecondazione a termine. Dopo aver mangiato un panino al formaggio l'infermiera mi ha detto che potevo rialzarmi e raggiungere Anna, la mattina seguente mi avrebbero chiamata per comunicarmi l'esito della fecondazione.
Eravamo a Barcellona, perché in Italia la fecondazione eterologa, consentita da due anni, è accessibile solo a coppie sterili. Purtroppo continua ad essere spesso vissuta come un tabù, basti pensare che negli ultimi due anni solo una ventina di donne hanno scelto di donare i propri ovociti.
A questo proposito sono nate diverse campagne di sensibilizzazione, il cui messaggio è stato rilanciato in questi giorni dalla giornalista Ilaria D'Amico, «donare - ha ripetuto la D'Amico - sarebbe un atto di generosità enorme che consentirebbe a un’altra donna di diventare mamma. Sono sicura che se ci fosse più informazione in tante lo farebbero».
Il risultato della mia fecondazione è stato di dodici su dodici. Tutti i miei ovociti sono riusciti ad essere fecondati in vitro dal seme di un donatore anonimo, erano pronti quindi per essere impiantati nel mio utero. In quantità ovviamente inferiore. Per legge se ne possono trasferire tre, noi abbiamo scelto di tentare la gravidanza con due ovuli fecondati.
E gli altri 10? Sono stati immediatamente congelati e tra un anno dovremo decidere se continuare a tenerli congelati per noi o se donarli. Non è facile prendere una decisione tale, in un certo senso ti senti mamma di quelle cellule pronte a svilupparsi mentre sono ancora sotto osservazione sul vetrino. Non è facile pensare di lasciarli andare a un destino che non conoscerai mai, però perché non farlo?
Nel mio caso, se un uomo non avesse preso la decisione di donare il suo seme, oggi, mentre scrivo, non sarei all'ottavo mese di gravidanza inoltrato. Insieme alla mia compagna non avrei mai potuto realizzare il sogno di creare la mia famiglia. E allora perché non riuscire ad essere così generose? Tra un anno, quando la clinica spagnola ci chiamerà per chiederci cosa abbiamo deciso, lasceremo almeno la metà dei nostro ovuli fecondati al loro destino, li doneremo sperando di poter aiutare altre donne, altre famiglie, a sentirsi un giorno felici, proprio come noi.
Fonte http://www.vanityfair.it/news/storie/16/08/13/donazione-ovociti-italia-appello-storia
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