Le infertilità idiopatiche, e cioè inspiegabili, riguardano circa il 10%-15% del totale delle sterilità in Italia. La definizione sterilità idiopatica è controversa e rappresenta una sfida per i ginecologi. In pratica gli specialisti, come raccomandato dall’OMS, arrivano a formulare questa diagnosi solo quando la coppia dopo due anni di rapporti non protetti e regolari non ha raggiunto il concepimento, mentre in parallelo né l’anamnesi, né la visita obiettiva, né i successivi esami di laboratorio e strumentali di entrambi i partner hanno messo in evidenza problemi o alterazioni in grado di spiegare l’infertilità.
Il legame tra infertilità e microbioma vaginale, le nuove tecniche di next generation sequencing. Le donne che non riescono a iniziare una gravidanza a causa di un’infertilità di tipo idiopatico sono caratterizzate da una disbiosi del microbioma cervico-vaginale, la cui composizione risulta simile a quella riscontrata in caso di vaginosi batterica.
E’ proprio grazie alle nuove tecniche di next generation sequencing, che oltre a dimostrare il legame fra alcune specie batteriche e l’infertilità, si è riusciti a indagare più a fondo. In questo senso la presenza nel microbioma vaginale del batterio Atopobium vaginae, per esempio, è risultato uno dei principali fattori che contribuiscono all’insuccesso della fecondazione in vitro e delle procedure di trasferimento embrionale in donne con infezioni batteriche asintomatiche. D’altra parte, la stessa tecnica ha permesso di stabilire anche che alcune specie di Lactobacilli finora “sottovalutate” sono in grado di promuovere un ambiente favorevole per la gravidanza.
«I risultati – spiega il ginecologo Francesco de Seta, uno dei ricercatori che ha condotto lo studio – indicano che la condizione di disbiosi osservata nelle donne con infertilità idiopatica potrebbe, almeno in parte, spiegare i bassi tassi di fertilità o di gravidanza. In futuro, in base al pattern microbiologico osservato, sarà necessario capire come intervenire, per esempio somministrando a livello vaginale probiotici allo scopo di modificare questa condizione pro-infiammatoria e migliorare i tassi di fertilità.»
Lo studio Italiano “Subclinical alteration of the cervical–vaginal microbiome in women with idiopathic infertility”. I ricercatori, coordinati dalla Professoressa Manola Comar, si sono chiesti se un ambiente vaginale modificato potesse giustificare tutti quei casi di infertilità, definita idiopatica, per i quali non si individua alcuna causa. Gli esperti hanno prelevato campioni cervico-vaginali da 96 donne tra i 32 e i 40 anni, suddivise in 4 gruppi: donne infertili con causa nota, donne con infertilità idiopatica, donne fertili “sane” e donne fertili con vaginosi batterica.
I campioni sono stati analizzati utilizzando tecniche di next generation sequencing, che hanno rivelato nelle pazienti con infertilità idiopatica l’abbondanza relativa di alcune specie di Lactobacilli: in particolare, le specie L. iners e L. crispatus sono risultate meno rappresentate, mentre è stata osservata una considerevole colonizzazione di L. gasseri.
Questa composizione del microbioma vaginale distingue i casi di infertilità idiopatica sia dalle donne infertili con causa nota sia dalle donne fertili. Inoltre, la disbiosi sembra aumentare il rischio di colonizzazione da parte di batteri anaerobi come Atopobium, Prevotella, Veillonella, Ureaplasma ed Escherichia, la cui presenza “mima” il microambiente tipico in caso di vaginosi batterica.
«Conoscere la composizione del microbioma vaginale – conclude De Seta – sembra quindi rappresentare un elemento importante sia per individuare le cause dell’infertilità femminile nei casi finora classificati come idiopatici, sia per mettere a punto interventi terapeutici personalizzati che mirino a ristabilire l’equilibrio dell’ambiente vaginale e favorire il concepimento e la buona riuscita della gravidanza. »
Il microbioma, la nuova frontiera della ricerca scientifica.
Il microbioma umano è l’insieme dei microbi che si trovano nel nostro corpo e dei loro geni. Un vero e proprio “superorganismo” composto da cellule umane e non umane, dove le cellule batteriche sono 10 volte di più delle nostre: 100 trilioni contro 10 trilioni. Il microbioma, principalmente quello intestinale, ma anche quello vaginale e quello del cavo orale, si modifica in funzione della dieta, dell’attività fisica, delle medicine assunte e sempre più studi correlano la biodiversità del microbioma a stati patologici quali obesità, patologie cardiovascolari, malattie autoimmuni, depressione, patologie neurologiche, fino al processo di invecchiamento vero e proprio.
Il legame tra infertilità e microbioma vaginale, le nuove tecniche di next generation sequencing. Le donne che non riescono a iniziare una gravidanza a causa di un’infertilità di tipo idiopatico sono caratterizzate da una disbiosi del microbioma cervico-vaginale, la cui composizione risulta simile a quella riscontrata in caso di vaginosi batterica.
E’ proprio grazie alle nuove tecniche di next generation sequencing, che oltre a dimostrare il legame fra alcune specie batteriche e l’infertilità, si è riusciti a indagare più a fondo. In questo senso la presenza nel microbioma vaginale del batterio Atopobium vaginae, per esempio, è risultato uno dei principali fattori che contribuiscono all’insuccesso della fecondazione in vitro e delle procedure di trasferimento embrionale in donne con infezioni batteriche asintomatiche. D’altra parte, la stessa tecnica ha permesso di stabilire anche che alcune specie di Lactobacilli finora “sottovalutate” sono in grado di promuovere un ambiente favorevole per la gravidanza.
«I risultati – spiega il ginecologo Francesco de Seta, uno dei ricercatori che ha condotto lo studio – indicano che la condizione di disbiosi osservata nelle donne con infertilità idiopatica potrebbe, almeno in parte, spiegare i bassi tassi di fertilità o di gravidanza. In futuro, in base al pattern microbiologico osservato, sarà necessario capire come intervenire, per esempio somministrando a livello vaginale probiotici allo scopo di modificare questa condizione pro-infiammatoria e migliorare i tassi di fertilità.»
Lo studio Italiano “Subclinical alteration of the cervical–vaginal microbiome in women with idiopathic infertility”. I ricercatori, coordinati dalla Professoressa Manola Comar, si sono chiesti se un ambiente vaginale modificato potesse giustificare tutti quei casi di infertilità, definita idiopatica, per i quali non si individua alcuna causa. Gli esperti hanno prelevato campioni cervico-vaginali da 96 donne tra i 32 e i 40 anni, suddivise in 4 gruppi: donne infertili con causa nota, donne con infertilità idiopatica, donne fertili “sane” e donne fertili con vaginosi batterica.
I campioni sono stati analizzati utilizzando tecniche di next generation sequencing, che hanno rivelato nelle pazienti con infertilità idiopatica l’abbondanza relativa di alcune specie di Lactobacilli: in particolare, le specie L. iners e L. crispatus sono risultate meno rappresentate, mentre è stata osservata una considerevole colonizzazione di L. gasseri.
Questa composizione del microbioma vaginale distingue i casi di infertilità idiopatica sia dalle donne infertili con causa nota sia dalle donne fertili. Inoltre, la disbiosi sembra aumentare il rischio di colonizzazione da parte di batteri anaerobi come Atopobium, Prevotella, Veillonella, Ureaplasma ed Escherichia, la cui presenza “mima” il microambiente tipico in caso di vaginosi batterica.
«Conoscere la composizione del microbioma vaginale – conclude De Seta – sembra quindi rappresentare un elemento importante sia per individuare le cause dell’infertilità femminile nei casi finora classificati come idiopatici, sia per mettere a punto interventi terapeutici personalizzati che mirino a ristabilire l’equilibrio dell’ambiente vaginale e favorire il concepimento e la buona riuscita della gravidanza. »
Il microbioma, la nuova frontiera della ricerca scientifica.
Il microbioma umano è l’insieme dei microbi che si trovano nel nostro corpo e dei loro geni. Un vero e proprio “superorganismo” composto da cellule umane e non umane, dove le cellule batteriche sono 10 volte di più delle nostre: 100 trilioni contro 10 trilioni. Il microbioma, principalmente quello intestinale, ma anche quello vaginale e quello del cavo orale, si modifica in funzione della dieta, dell’attività fisica, delle medicine assunte e sempre più studi correlano la biodiversità del microbioma a stati patologici quali obesità, patologie cardiovascolari, malattie autoimmuni, depressione, patologie neurologiche, fino al processo di invecchiamento vero e proprio.
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