Ogni donna è libera di decidere cosa fare in merito alla propria gravidanza e ai propri figli
Secondo la nostra legislazione, una donna che sceglie di dare in adozione il proprio figlio può cambiare idea nei primi mesi (art.11 L 184/93) dopo il parto, ma non può scegliere a chi affidarlo-donarlo. In questo modo si tutela un possibile legame madre-figlio, che può succedere si attivi soltanto al momento del parto o successivamente, e si tutela il bambino, che non è una proprietà di nessuno e come tale non può essere venduto o ceduto direttamente, nemmeno dalla madre stessa.
Viceversa, i contratti che regolamentano la Gpa prevedono che la madre surrogata non abbia facoltà di cambiare idea e di tenere con sé il bambino, nel caso in cui si rendesse conto di desiderarlo, ma le viene invece data la possibilità di disporne totalmente scegliendo a chi affidarlo, in via definitiva e senza altre valutazioni che non le proprie.
Tutto il mondo va in quella direzione, bisogna adeguarsi
Il trend mondiale è già andato in quel verso e ha già fatto retro front. Dopo l'entusiastica apertura di molti paesi al mercato (e al business) internazionale, sono cominciati i problemi: bambini imperfetti o non conformi alle aspettative rifiutati e rispediti al mittente, cause intentate alle madri che hanno cambiato idea o non hanno osservato una o più clausole previste dal contratto, casi di pedofili scoperti dopo aver portato a casa un bambino. Una buona parte di quegli stessi paesi, dopo un po' di esperienza, ha scelto di chiudere le porte e vietare la GPA o limitarla a casi specifici e limitati (uno dei casi più noti assurti alle cronache è il caso Gammy. La madre surrogata, 21 enne Thailandese, è rimasta incinta di due gemelli e alla scoperta che uno dei due avrebbe avuto la Sindrome di Down si è rifiutata di abortire. La coppia committente, australiana, ha scelto poi di ritirare solo la gemella sana, lasciando il maschio in Thailandia e rifiutando il saldo della cifra pattuita. Più tardi, a seguito della scoperta di precedenti reati di pedofilia del padre biologico, la ragazza ha cercato senza successo di riportare indietro anche la figlia. Oggi l'accesso a tali pratiche è drasticamente ridotto e controllato, lì come in molti altri paesi che hanno seguito un iter analogo e sono passati).
In USA invece è vero, rimane un trend in ascesa. L'America di Trump, per intenderci.
Chi è contrario vuole limitare le possibilità di avere una famiglia alle persone che non possono avere figli
Da statistica, i principali utilizzatori di questa tecnica sono coppie eterosessuali (7 casi su 10), e mentre sono in calo i casi di infertilità, in ascesa ci sono quelli in cui il problema principale non è l'incapacità di avere figli. Esternalizzare la gravidanza permette di evitare sia lo stress che gli eventuali rischi legati alla salute della madre e le inevitabili pause d'arresto che una gravidanza comporta. Inoltre, così facendo è possibile fare una selezione a monte degli embrioni, si accede infatti da qui alla possibilità di fare test per le malattie genetiche e a scelte altrimenti impossibili, come quella sul sesso del nascituro. Questo aspetto vale in tutti i casi di Fivet - fecondazione in vitro (provetta) - con trasferimento embrionale
Prestare l'utero è una scelta di autodeterminazione, chi vuole vietarla vuole legiferare sul corpo delle altre.
Autodeterminazione= determinarsi secondo le proprie leggi.
Nei contratti di gestazione per altri, oltre ad essere richiesto che la madre abbia già avuto almeno un figlio (perché?), viene dettagliatamente normato il comportamento che la donna deve avere per tutta la durata del contratto, sia rispetto al proprio corpo che nel rapporto con il feto prima, e con il bambino poi. Può essere regolamentato per contratto cosa mangia, lo stile di vita che ha, le sue abitudini, i farmaci che può o deve assumere, la prassi medica e praticamente ogni aspetto della vita personale possa interferire con il corretto sviluppo del feto, compresa la pratica del sesso durante la gravidanza. In base agli Stati, si passa da situazioni come Israele dove la madre vive direttamente in casa della coppia committente, agli USA, dove le si richiede di essere seguita psicologicamente e di adottare comportamenti adeguati, al fine di evitare di sviluppare un attaccamento "eccessivo". Firmare questo contratto non è una scelta di autodeterminazione, è la rinuncia alla possibilità di scegliere.
La genitorialità è un diritto che alcuni hanno e altri no
Avere dei genitori è un diritto. Avere dei figli non lo è mai stato e dovrebbe continuare a non esserlo. Il fatto che per molte persone sia biologicamente possibile non lo fa diventare in automatico un diritto o una linea di base su cui equiparare, legalmente o scientificamente, chi questa possibilità non ce l'ha. Viceversa, data la moltitudine di casi di malagenitorialità, violenze domestiche, abusi psicologici e traumi casalinghi, non sarebbe ora di trovare un modo affinché anche chi può riprodursi "secondo natura" non sia libero di decidere fino all'estremo dei figli avuti in dono? L'obiettivo non dovrebbe essere quello di diventare tutti genitori, ma che nessun bambino debba più rimanere in balia del più disturbato degli adulti, a volte per anni, senza che nessuno ne sappia nulla.
Chi è contrario, vuole vietare un atto di amore puro
Ci sono vari modi per mettere al mondo un figlio, e storicamente né l'infertilità né l'omosessualità hanno mai fermato qualcuno dal riprodursi, più o meno appassionatamente o istituzionalmente. La storia è piena di soluzioni creative: gay che hanno fatto figli con amiche, sorelle che hanno partorito una per l'altra, single che hanno scelto di diventare madri chiedendo collaborazione a un amico o a una banca del seme, eccetera. Ma in questo caso parliamo di ipotizzare uno standard che può prevedere la cancellazione legale, volontaria e definitiva della madre. Lasciando agli specialisti gli aspetti biologici e psicologici del rapporto madre – figlio, ciò che sappiamo per certo sono le testimonianze dei genitori adottivi, che con le implicazioni dei figli "senza origini certe" fanno i conti ogni giorno. Le loro storie narrano l'assenza della madre che li ha portati in grembo come una ferita mai sanata, portatrice di domande dolorose senza risposta e di un senso di insicurezza profonda, che mina la fiducia nel proprio posto nel mondo e dà il passo di chi deve stare in piedi senza radici.
Ogni bambino partorito per altri avrà quest'ipoteca sul proprio futuro.
Chi è contraria ce l'ha con gli uomini e vuole impedire loro di essere padri
Essere omosessuali o single non significa essere sterili e oltre al sistema tradizionale, ci sono altri modi di essere padri, non ultima la scelta di affido o adozione, obiettivi una volta in prima linea fra le battaglie per i diritti civili. In molti casi però, c'è il problema della madre, che esiste e spesso vuole rimanere coinvolta nella vita del bambino. Per chi non desidera che la madre faccia parte di questo progetto, perché ha già previsto un'altra madre o perché desidera un figlio che sia "suo, proprio suo", la GPA risolve due problemi in un colpo solo. Oltre alla facoltà di svincolarsi definitivamente dalla surrogata, garantisce infatti un altro punto da sempre molto al centro del cuore dell'uomo, ovvero l'utilizzo del proprio seme, unica garanzia di una discendenza sicura perchè geneticamente certa.
Il problema, in questo caso, non gira intorno agli uomini e il nodo non è impedire o loro di diventare padri, la domanda è se sia lecito imporre a un bambino, per scelta razionale e non per casualità di vita, di crescere senza una madre e di dare il potere ai singoli di cancellarne ogni traccia.
La gestazione per altri è un libero dono
Anche volendo intendere la gravidanza come un libero dono, cosa difficile da sostenere perché nella stragrande maggioranza dei casi viene gestita attraverso transazioni economiche, questa sua caratterizzazione decadrebbe comunque al momento del parto. Dato infatti che nessun essere umano può essere posseduto o ceduto, il dono termina necessariamente al momento della nascita e il bambino non dovrebbe poter essere consegnato, perché nessuno ne può rivendicare la proprietà. E, quindi, nessuno ha facoltà di cederla.
In ogni caso, quasi sempre una ricompensa c'è eccome: la GPA è un contratto vero e proprio, che prevede tempi, clausole, penalità e transazioni economiche in varie forme, dal rimborso spese alla copertura economica per i mancati guadagni percepiti. Ovviamente il mercato internazionale ha fiutato il business già da tempo, e fioriscono un po' ovunque agenzie che provvedono a tutto, coperture assicurative, specializzazioni legali e finanziarie che permettono anche ai meno abbienti di affacciarsi al mondo degli affitti uterini pagando a rate l'intera procedura.
Essere contrari è una posizione omofoba
Nessun dubbio rispetto al fatto che omofobi e integralisti cattolici abbiano sempre espresso molto chiaramente una posizione contraria a qualsiasi riconoscimento, non solo alle capacità genitoriali di persone gay, lesbiche e trans, ma anche alla nostra stessa dignità di esistere, alla nostra capacità di amare e all'equiparazione di diritti o accesso a servizi che dovrebbero essere uguali per ogni cittadino che paghi le tasse. Sono le stesse persone che ritengono che le persone lgbt dovrebbero farsi curare o essere rinchiuse, e che le donne dovrebbero stare al "loro posto", buone come forza lavoro e riproduttiva ma possibilmente silenti e sottomesse.
Ma la questione GPA non è un derby cittadino fra favorevoli e contrari ai diritti e alle libertà, esiste invece una terza posizione laica, fatta da soggetti diversificati che hanno a cuore l'etica del vivere e delle relazioni umane, e che ritengono che liberalizzare la gravidanza su commissione sia una scelta inaccettabile. Certamente devono essere colmati i vuoti legislativi in materia e bisogna dare la possibilità di regolarizzare le esistenze che risultano ancora impreviste sul piano giuridico, in particolare attivandosi nella tutela dei minori che, come tutti noi, non hanno scelto come venire al mondo e vi si affacciano dalla posizione in cui sono stati voluti. Il desiderio di genitorialità però, per quanto disperato, profondo e sincero sia, non può scavalcare il diritto che ognuno ha di nascere più o meno per caso, così come è, senza contratti, senza selezioni, senza costrizione della madre all'abbandono, senza essere strappato dal luogo delle sue radici e dell'ambiente che ha contribuito a formarlo.
Una cesura netta è un dono pesante da ricevere per la propria nascita, è un punto zero forzato che cancella la propria origine e toglie la possibilità di averne una: lo chiamano atto d'amore ma non tiene conto del dolore che vi è implicitamente connesso.
Essere contrari è antifemminista
"L'utero è mio e lo gestisco io", è uno slogan nato dalle donne per difendere le donne stesse dalle pretese sul corpo femminile da parte di un sistema, definito patriarcale, che aveva l'dea di poter legiferare, decidere o scegliere sui nostri corpi, per il piacere sessuale degli uomini o per necessità riproduttive sociali e private. Non tutte erano d'accordo e non tutte lo sono nemmeno oggi, lo sfruttamento ha molte facce e volti anche collaboranti, ciononostante, la libertà di scelta è un patrimonio femminista che le donne si tramandano di generazione in generazione, ancora e sempre anche a rischio della propria vita.
Antifemminista è usare questo tema per mettere in discussione la legge sull'aborto cercando di rimettere in campo argomenti come il legame con il feto come priorità, o per ricondurre le donne al loro ruolo sociale di madri, identificandole come creature dedite all'accudimento e destinate alla cura. Abdicare al diritto di decidere per sé, o di cambiare idea e firmare un contratto con la rinuncia a scegliere cosa fare del proprio corpo possono essere gesti di libertà, ma sicuramente non sono gesti femministi. Non piegarsi al ricatto è un gesto femminista.
Difendere la libertà delle altre donne, anche quando sembrano non volerla, è femminista.
Cercare di nuovo e ancora di sottrarre i corpi delle donne al business, alle necessità dell'uomo, del mercato, della filiera tritatutto chiamata "progresso" è femminista.
E se lo è cercare di impedire che i corpi si possano comprare, altrettanto lo è fare ostacolo all'idea che si possa affittare il proprio prima, e regalare quello altrui poi.
Fonte http://www.huffingtonpost.it/michela-pagarini/10-bugie-sulla-gpa-o-utero-in-affitto_a_22080290/
Secondo la nostra legislazione, una donna che sceglie di dare in adozione il proprio figlio può cambiare idea nei primi mesi (art.11 L 184/93) dopo il parto, ma non può scegliere a chi affidarlo-donarlo. In questo modo si tutela un possibile legame madre-figlio, che può succedere si attivi soltanto al momento del parto o successivamente, e si tutela il bambino, che non è una proprietà di nessuno e come tale non può essere venduto o ceduto direttamente, nemmeno dalla madre stessa.
Viceversa, i contratti che regolamentano la Gpa prevedono che la madre surrogata non abbia facoltà di cambiare idea e di tenere con sé il bambino, nel caso in cui si rendesse conto di desiderarlo, ma le viene invece data la possibilità di disporne totalmente scegliendo a chi affidarlo, in via definitiva e senza altre valutazioni che non le proprie.
Tutto il mondo va in quella direzione, bisogna adeguarsi
Il trend mondiale è già andato in quel verso e ha già fatto retro front. Dopo l'entusiastica apertura di molti paesi al mercato (e al business) internazionale, sono cominciati i problemi: bambini imperfetti o non conformi alle aspettative rifiutati e rispediti al mittente, cause intentate alle madri che hanno cambiato idea o non hanno osservato una o più clausole previste dal contratto, casi di pedofili scoperti dopo aver portato a casa un bambino. Una buona parte di quegli stessi paesi, dopo un po' di esperienza, ha scelto di chiudere le porte e vietare la GPA o limitarla a casi specifici e limitati (uno dei casi più noti assurti alle cronache è il caso Gammy. La madre surrogata, 21 enne Thailandese, è rimasta incinta di due gemelli e alla scoperta che uno dei due avrebbe avuto la Sindrome di Down si è rifiutata di abortire. La coppia committente, australiana, ha scelto poi di ritirare solo la gemella sana, lasciando il maschio in Thailandia e rifiutando il saldo della cifra pattuita. Più tardi, a seguito della scoperta di precedenti reati di pedofilia del padre biologico, la ragazza ha cercato senza successo di riportare indietro anche la figlia. Oggi l'accesso a tali pratiche è drasticamente ridotto e controllato, lì come in molti altri paesi che hanno seguito un iter analogo e sono passati).
In USA invece è vero, rimane un trend in ascesa. L'America di Trump, per intenderci.
Chi è contrario vuole limitare le possibilità di avere una famiglia alle persone che non possono avere figli
Da statistica, i principali utilizzatori di questa tecnica sono coppie eterosessuali (7 casi su 10), e mentre sono in calo i casi di infertilità, in ascesa ci sono quelli in cui il problema principale non è l'incapacità di avere figli. Esternalizzare la gravidanza permette di evitare sia lo stress che gli eventuali rischi legati alla salute della madre e le inevitabili pause d'arresto che una gravidanza comporta. Inoltre, così facendo è possibile fare una selezione a monte degli embrioni, si accede infatti da qui alla possibilità di fare test per le malattie genetiche e a scelte altrimenti impossibili, come quella sul sesso del nascituro. Questo aspetto vale in tutti i casi di Fivet - fecondazione in vitro (provetta) - con trasferimento embrionale
Prestare l'utero è una scelta di autodeterminazione, chi vuole vietarla vuole legiferare sul corpo delle altre.
Autodeterminazione= determinarsi secondo le proprie leggi.
Nei contratti di gestazione per altri, oltre ad essere richiesto che la madre abbia già avuto almeno un figlio (perché?), viene dettagliatamente normato il comportamento che la donna deve avere per tutta la durata del contratto, sia rispetto al proprio corpo che nel rapporto con il feto prima, e con il bambino poi. Può essere regolamentato per contratto cosa mangia, lo stile di vita che ha, le sue abitudini, i farmaci che può o deve assumere, la prassi medica e praticamente ogni aspetto della vita personale possa interferire con il corretto sviluppo del feto, compresa la pratica del sesso durante la gravidanza. In base agli Stati, si passa da situazioni come Israele dove la madre vive direttamente in casa della coppia committente, agli USA, dove le si richiede di essere seguita psicologicamente e di adottare comportamenti adeguati, al fine di evitare di sviluppare un attaccamento "eccessivo". Firmare questo contratto non è una scelta di autodeterminazione, è la rinuncia alla possibilità di scegliere.
La genitorialità è un diritto che alcuni hanno e altri no
Avere dei genitori è un diritto. Avere dei figli non lo è mai stato e dovrebbe continuare a non esserlo. Il fatto che per molte persone sia biologicamente possibile non lo fa diventare in automatico un diritto o una linea di base su cui equiparare, legalmente o scientificamente, chi questa possibilità non ce l'ha. Viceversa, data la moltitudine di casi di malagenitorialità, violenze domestiche, abusi psicologici e traumi casalinghi, non sarebbe ora di trovare un modo affinché anche chi può riprodursi "secondo natura" non sia libero di decidere fino all'estremo dei figli avuti in dono? L'obiettivo non dovrebbe essere quello di diventare tutti genitori, ma che nessun bambino debba più rimanere in balia del più disturbato degli adulti, a volte per anni, senza che nessuno ne sappia nulla.
Chi è contrario, vuole vietare un atto di amore puro
Ci sono vari modi per mettere al mondo un figlio, e storicamente né l'infertilità né l'omosessualità hanno mai fermato qualcuno dal riprodursi, più o meno appassionatamente o istituzionalmente. La storia è piena di soluzioni creative: gay che hanno fatto figli con amiche, sorelle che hanno partorito una per l'altra, single che hanno scelto di diventare madri chiedendo collaborazione a un amico o a una banca del seme, eccetera. Ma in questo caso parliamo di ipotizzare uno standard che può prevedere la cancellazione legale, volontaria e definitiva della madre. Lasciando agli specialisti gli aspetti biologici e psicologici del rapporto madre – figlio, ciò che sappiamo per certo sono le testimonianze dei genitori adottivi, che con le implicazioni dei figli "senza origini certe" fanno i conti ogni giorno. Le loro storie narrano l'assenza della madre che li ha portati in grembo come una ferita mai sanata, portatrice di domande dolorose senza risposta e di un senso di insicurezza profonda, che mina la fiducia nel proprio posto nel mondo e dà il passo di chi deve stare in piedi senza radici.
Ogni bambino partorito per altri avrà quest'ipoteca sul proprio futuro.
Chi è contraria ce l'ha con gli uomini e vuole impedire loro di essere padri
Essere omosessuali o single non significa essere sterili e oltre al sistema tradizionale, ci sono altri modi di essere padri, non ultima la scelta di affido o adozione, obiettivi una volta in prima linea fra le battaglie per i diritti civili. In molti casi però, c'è il problema della madre, che esiste e spesso vuole rimanere coinvolta nella vita del bambino. Per chi non desidera che la madre faccia parte di questo progetto, perché ha già previsto un'altra madre o perché desidera un figlio che sia "suo, proprio suo", la GPA risolve due problemi in un colpo solo. Oltre alla facoltà di svincolarsi definitivamente dalla surrogata, garantisce infatti un altro punto da sempre molto al centro del cuore dell'uomo, ovvero l'utilizzo del proprio seme, unica garanzia di una discendenza sicura perchè geneticamente certa.
Il problema, in questo caso, non gira intorno agli uomini e il nodo non è impedire o loro di diventare padri, la domanda è se sia lecito imporre a un bambino, per scelta razionale e non per casualità di vita, di crescere senza una madre e di dare il potere ai singoli di cancellarne ogni traccia.
La gestazione per altri è un libero dono
Anche volendo intendere la gravidanza come un libero dono, cosa difficile da sostenere perché nella stragrande maggioranza dei casi viene gestita attraverso transazioni economiche, questa sua caratterizzazione decadrebbe comunque al momento del parto. Dato infatti che nessun essere umano può essere posseduto o ceduto, il dono termina necessariamente al momento della nascita e il bambino non dovrebbe poter essere consegnato, perché nessuno ne può rivendicare la proprietà. E, quindi, nessuno ha facoltà di cederla.
In ogni caso, quasi sempre una ricompensa c'è eccome: la GPA è un contratto vero e proprio, che prevede tempi, clausole, penalità e transazioni economiche in varie forme, dal rimborso spese alla copertura economica per i mancati guadagni percepiti. Ovviamente il mercato internazionale ha fiutato il business già da tempo, e fioriscono un po' ovunque agenzie che provvedono a tutto, coperture assicurative, specializzazioni legali e finanziarie che permettono anche ai meno abbienti di affacciarsi al mondo degli affitti uterini pagando a rate l'intera procedura.
Essere contrari è una posizione omofoba
Nessun dubbio rispetto al fatto che omofobi e integralisti cattolici abbiano sempre espresso molto chiaramente una posizione contraria a qualsiasi riconoscimento, non solo alle capacità genitoriali di persone gay, lesbiche e trans, ma anche alla nostra stessa dignità di esistere, alla nostra capacità di amare e all'equiparazione di diritti o accesso a servizi che dovrebbero essere uguali per ogni cittadino che paghi le tasse. Sono le stesse persone che ritengono che le persone lgbt dovrebbero farsi curare o essere rinchiuse, e che le donne dovrebbero stare al "loro posto", buone come forza lavoro e riproduttiva ma possibilmente silenti e sottomesse.
Ma la questione GPA non è un derby cittadino fra favorevoli e contrari ai diritti e alle libertà, esiste invece una terza posizione laica, fatta da soggetti diversificati che hanno a cuore l'etica del vivere e delle relazioni umane, e che ritengono che liberalizzare la gravidanza su commissione sia una scelta inaccettabile. Certamente devono essere colmati i vuoti legislativi in materia e bisogna dare la possibilità di regolarizzare le esistenze che risultano ancora impreviste sul piano giuridico, in particolare attivandosi nella tutela dei minori che, come tutti noi, non hanno scelto come venire al mondo e vi si affacciano dalla posizione in cui sono stati voluti. Il desiderio di genitorialità però, per quanto disperato, profondo e sincero sia, non può scavalcare il diritto che ognuno ha di nascere più o meno per caso, così come è, senza contratti, senza selezioni, senza costrizione della madre all'abbandono, senza essere strappato dal luogo delle sue radici e dell'ambiente che ha contribuito a formarlo.
Una cesura netta è un dono pesante da ricevere per la propria nascita, è un punto zero forzato che cancella la propria origine e toglie la possibilità di averne una: lo chiamano atto d'amore ma non tiene conto del dolore che vi è implicitamente connesso.
Essere contrari è antifemminista
"L'utero è mio e lo gestisco io", è uno slogan nato dalle donne per difendere le donne stesse dalle pretese sul corpo femminile da parte di un sistema, definito patriarcale, che aveva l'dea di poter legiferare, decidere o scegliere sui nostri corpi, per il piacere sessuale degli uomini o per necessità riproduttive sociali e private. Non tutte erano d'accordo e non tutte lo sono nemmeno oggi, lo sfruttamento ha molte facce e volti anche collaboranti, ciononostante, la libertà di scelta è un patrimonio femminista che le donne si tramandano di generazione in generazione, ancora e sempre anche a rischio della propria vita.
Antifemminista è usare questo tema per mettere in discussione la legge sull'aborto cercando di rimettere in campo argomenti come il legame con il feto come priorità, o per ricondurre le donne al loro ruolo sociale di madri, identificandole come creature dedite all'accudimento e destinate alla cura. Abdicare al diritto di decidere per sé, o di cambiare idea e firmare un contratto con la rinuncia a scegliere cosa fare del proprio corpo possono essere gesti di libertà, ma sicuramente non sono gesti femministi. Non piegarsi al ricatto è un gesto femminista.
Difendere la libertà delle altre donne, anche quando sembrano non volerla, è femminista.
Cercare di nuovo e ancora di sottrarre i corpi delle donne al business, alle necessità dell'uomo, del mercato, della filiera tritatutto chiamata "progresso" è femminista.
E se lo è cercare di impedire che i corpi si possano comprare, altrettanto lo è fare ostacolo all'idea che si possa affittare il proprio prima, e regalare quello altrui poi.
Fonte http://www.huffingtonpost.it/michela-pagarini/10-bugie-sulla-gpa-o-utero-in-affitto_a_22080290/
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