Le opinioni dei cittadini europei in fatto di infertilità e procreazione medicalmente assistita appaiono piuttosto variegate: è quanto emerge da un’indagine dell’istituto di ricerche francese Odoxa c, polo di eccellenza in Europa per le tecniche di riproduzione assistita. La ricerca, condotta su un campione di 2.986 cittadini europei (francesi, britannici, spagnoli, tedeschi e italiani), ha voluto sondare l’opinione pubblica su alcuni punti salienti della questione. L’Italia, per diversi aspetti, risulta una voce fuori dal coro, ma anche altri Paesi si distaccano dalla media su alcuni punti, ed è molto interessante fare dei confronti. Ne parliamo con Rita Vassena.
L’età ideale per avere il primo figlio
Per il 40% degli europei è tra i 26 e i 28 anni. In particolare, per tedeschi e britannici è 26, per gli italiani 28 anni. “In pratica, tutti gli europei indicano un’età leggermente più alta rispetto alla realtà”, considera Rita Vassena. “Il picco di fertilità della donna è infatti a 24 anni. L’errata percezione è senza dubbio dovuta a una certa confusione tra l’età ideale ‘biologia’ e l’età ideale ‘nella pratica’, cioè quando ci si ritiene sufficientemente pronti per accogliere un bambino. Intervistati su questo aspetto, gli italiani indicano 28 anni (4 in più rispetto al picco di fertilità biologico) e sono coloro che più rimandano questo appuntamento”.
Che cosa significa “infertilità”
Ben il 60% degli europei ha una concezione pessimistica del termine, che interpreta come una condizione senza rimedi, cioè ‘impossibilità di avere figli’. “Anche in questo caso, siamo di fronte a una percezione errata della realtà: di fatto, infertilità significa ‘difficoltà ad avere figli’.
Tra i più sfiduciati ci sono italiani, spagnoli e francesi, ma c’è anche una maggioranza di britannici e tedeschi, per quanto scarsa (54%), che considera l’infertilità, a ragione, semplicemente come una capacità più bassa di concepire. La percezione disillusa può avere conseguenze negative: la convinzione che l’infertilità sia un punto di non ritorno porta molte donne a sentirsi ‘sbagliate’. E le coppie che si considerano ‘infertili’, non immaginando soluzioni al loro problema, perdono troppo presto la speranza e rinunciano ad avere figli”.
Tra i più sfiduciati ci sono italiani, spagnoli e francesi, ma c’è anche una maggioranza di britannici e tedeschi, per quanto scarsa (54%), che considera l’infertilità, a ragione, semplicemente come una capacità più bassa di concepire. La percezione disillusa può avere conseguenze negative: la convinzione che l’infertilità sia un punto di non ritorno porta molte donne a sentirsi ‘sbagliate’. E le coppie che si considerano ‘infertili’, non immaginando soluzioni al loro problema, perdono troppo presto la speranza e rinunciano ad avere figli”.
Informazione e consapevolezza
Dall’indagine si rileva, in genere, una scarsa informazione rispetto alle tecniche di riproduzione assistita. “In media, gli europei intervistati ne riconoscono soltanto due tra quelle proposte dal sondaggio: l’inseminazione artificiale (52%), cioè l’iniezione di spermatozoi direttamente nell’utero della donna, e la fecondazione in vitro (41%), cioè una tecnica in cui ovociti e spermatozoi vengono fatti incontrare in laboratorio, al di fuori del corpo della donna, e poi l’embrione viene trasferito in utero. Su questo punto gli italiani si distinguono indicando come pratica più nota, dopo l’inseminazione artificiale (53%), l’uso di farmaci che inducono l’ovulazione (39%). Altre tecniche, come la donazione di gameti, la crioconservazione degli ovociti o il trasferimento di embrioni congelati, risultano in tutti i Paesi poco conosciute. In compenso, però, gli europei dimostrano una buona consapevolezza della situazione: si ritiene infatti poco informato il 70% degli europei e il 75% degli italiani”. Tra i responsabili indicati per la mancanza di informazione: lo Stato, i datori di lavoro, i mezzi di comunicazione e, per gli italiani, anche i professionisti della salute.
Riproduzione assistita
In generale viene vista favorevolmente, anche se va ribadito che è vissuta come un “terreno sconosciuto”: non molti europei sanno infatti – come visto sopra – quali tecniche esistano oltre all’inseminazione artificiale. Ed è certamente anche un terreno delicato: se da un lato è considerata un effettivo progresso per le coppie infertili (87% europei, 77% italiani), dall’altro non sono pochissimi (pur se in minoranza) a ritenerla una tecnica “contro natura”: 41% europei (46% italiani). “Su un aspetto, poi, gli italiani costituiscono un’eccezione importante nello scenario europeo: sono moderatamente aperti alla riproduzione assistita per donne single (54% su una media europea del 59%) e contrari al 60% a quella per coppie di donne omosessuali (mentre la media europea è favorevole al 57%, con gli inglesi che addirittura la antepongono a quella per donne single)”.
Donazione di gameti
Se dunque la riproduzione assistita è considerata con favore dalla maggioranza, potervi ricorrere è però ancora lontano dal sembrare semplice. Le donne europee, per esempio, pur accettando la pratica a livello teorico, rifiutano in modo massiccio la donazione di ovociti: il 67% si dichiara contrario (le italiane sono nella media: 68%). “I motivi del rifiuto sono soprattutto indicati in mancanza di informazione (36%), anonimato della donazione (32%), paura dell’invasività del trattamento (25%). Unica eccezione, le spagnole: al 58% sono disposte a donare i propri ovociti o lo hanno già fatto. Questo si spiega probabilmente con una tradizione di donazione molto radicata in Spagna (gli spagnoli sono tra i primi donatori al mondo di sangue e organi) e con una promozione capillare condotta negli ultimi 20 anni sulla donazione dei gameti che ha portato a stabilire regole molto chiare sul piano legale ed etico”. Da notare: mentre 7 donne su 10 non sono disposte a donare ovociti, 1 uomo su 2 è invece disposto a donare sperma. Particolarmente favorevoli spagnoli, tedeschi e italiani (55%).
Conservazione degli ovociti per motivi non medici
Altra questione molto delicata: la riproduzione assistita può essere di aiuto anche per motivi che non sono medici. Ad esempio, il congelamento degli ovuli in età giovane può essere un modo per avere la possibilità di una gravidanza anche dopo i 40 anni. “Se su questo tema tutta Europa si divide in due (51% favorevole, 49% contrario). L’Italia si stacca notevolmente dalla media con un 62% di contrari. Al polo opposto si trova la Spagna: il 77% è favorevole”. In generale, gli europei contrari al congelamento lo ritengono una tecnica contro natura o contraria alla propria religione (33%), che rafforza l’idea che la maternità danneggi la carriera (30%) e che si traduce in uno sfruttamento commerciale dell’apprensione delle donne (26%). Gli argomenti a favore sono invece: la crioconservazione libera le donne dalla paura dell’orologio biologico (36%), è un progresso della medicina (34%), permette alle donne una crescita professionale prima di avere un figlio (20)%. Commenta Rita Vassena: “Nei Paesi in cui il rifiuto è più forte, come Italia e Gran Bretagna, la donna che conserva i propri ovociti è spesso vista come ‘egoista’. Ma questa interpretazione è in contrasto assoluto con la realtà spagnola, dove il fattore motivante più dichiarato dalle donne che fanno questa scelta (90%) è che non hanno ancora incontrato il compagno ideale. Non sono quindi donne che non tengono alla famiglia: anzi, ci tengono moltissimo, tanto da non volerne costruire una a qualsiasi condizione, ma soltanto sulla base di una scelta consapevole”.
Elisabetta Zamberlan
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