Uno degli ultimi studi su questo argomento è quello pubblicato online sulla rivista Archives of Disease in Childhood, in cui i ricercatori riferiscono la loro opinione: questi trattamenti possono essere in gran parte responsabili delle differenze neurologiche documentate tra i bimbi nati naturalmente e quelli nati grazie ai trattamenti per la fertilità femminile. Si tratta di uno studio relativamente piccolo, che coinvolge solo 209 bambini nati da coppie che hanno lottato per averli e sono ricorse ai trattamenti. I risultati, tuttavia, supportano i dati raccolti dai precedenti studi, che hanno provato un collegamento tra le tecniche di fecondazione e problemi di sviluppo, sicuramente lievi, ma esistenti.
Quali sono stati i risultati di questo studio?
Gli autori dello studio sottolineano che i problemi di sviluppo riscontrati non sono assolutamente debilitanti, e non giocano un ruolo nel futuro del bambino, sia in termini di relazioni che di qualità di vita.
“Le condizioni neurologiche non pienamente ottimali che abbiamo riscontrato in una piccola percentuale di bambini non creerà problemi evidenti nella loro vita quotidiana. Tuttavia, indicano una maggiore vulnerabilità nello sviluppo, di conseguenza problemi di apprendimento o comportamentali. Questo significa che i nostri risultati non hanno una rilevanza a livello individuale, ma hanno un significato per la popolazione in generale”, dice l’autore dello studio Mijna Hadders-Algra, professore di neurologia e dello sviluppo presso l’Ospedale Pediatrico di Beatrix e all’ Università di Groningen Medical Center in Olanda. Hadders-Algra spera che i suoi risultati inculchino la consapevolezza che tentativi di concepimento ripetuti nel tempo grazie ai trattamenti per la fertilità femminile possono essere associati a condizioni problematiche del bambino. Questo dovrebbe essere ricordato sempre anche dai medici che spingono su questi trattamenti. Tutti dovrebbero essere informati dei risultati di questi studi: nel Regno Unito, ad esempio, il Servizio Sanitario Nazionale ha rivisto le sue linee guida, permettendo alle donne che non riescono a rimanere incinta di sottoporsi ai trattamenti per la fertilità femminile dopo soli due anni di tentativi falliti. Ha inoltre fissato un limite massimo di età per queste tecniche, dai 39 anni ai 42. Studi come quello del professore Hadders-Algra dovrebbero essere disponibili a tutti, soprattutto a politici e medici, così da rivedere le linee guida e adattarle alle esigenze dei futuri genitori, ma soprattutto dei futuri bambini.
Ripeto sempre che io non sono un medico, ma solo una donna e una mamma…penso, però, che questi trattamenti dovrebbero essere l’ultima spiaggia, l’ultimo tentativo, perchè possono provocare lievi problemi ai bimbi, ma anche alle mamme che vi si sottopongono. Esistono tanti altri sistemi, naturali, non invasivi, che rispettano l’organismo e il normale funzionamento del corpo. Se vuoi saperne di più su questi trattamenti naturali per la fertilità femminile, dai un’occhiata agli articoli che trovi subito sotto!
Buona fortuna a tutte le future mamme!
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