Un punto critico dell’analisi del DNA fetale è che esso rappresenta, in media, il 10% del DNA totale estratto dal plasma, mentre la frazione predominante è rappresentata dal DNA materno.
Inoltre sono necessari tecnologie a elevata sensibilità e l’applicazione di algoritmi dedicati, per eseguire la NIPT delle più comuni aneuploidie fetali e di alcune malattie autosomiche recessive.
Alcuni dei limiti presentati dal test sono:
1. La sensibilità e la specificità non sono così elevate per tutti i cromosomi, pertanto il 50% delle anomalie identificate di routine con la diagnosi prenatale invasiva (DPI) non viene identificata.
2. Non distingue tra diversi tipi di aneuploidie.
3. La presenza di falsi positivi e negativi, dovuti principalmente a mosaicismi feto-placentari o a gravidanze gemellari in cui uno dei gemelli sia stato riassorbito nelle prime settimane di gestazione (vanishing twins), e condizioni di mosaicismo cromosomico nella madre, rende il test non diagnostico. Nei casi positivi è quindi fondamentale una conferma con il test invasivo.
4. Il risultato del test è condizionato dalla quantità percentuale di DNA fetale presente nel plasma che deve essere superiore al 5%.
5. Nei casi di gravidanza gemellare non è possibile distinguere la condizione del singolo feto.
La Società internazionale di Diagnosi Prenatale (ISPD), afferma che il test di screening più attendibile per le trisomie più frequenti è il test combinato (Translucenza nucale e misura dei marcatori sierici materni).
Inoltre la diagnosi di certezza delle aneuploidie fetali può essere ottenuta esclusivamente con l’amniocentesi o la villocentesi.
L’ American College of Medical Genetics and Genomics (ACMG) ritiene che i test su sangue materno presentino la possibilità di falsi positivi e che non possano rappresentare un mezzo diagnostico certo poiché il valore predittivo negativo (NPV) può essere considerato alto mentre il predittivo positivo (PPV) non può essere valutato.
Anche l’ American College of Obstetricians and Gynecologists Committee on Genetics (ACOGG) si è espresso sull’argomento affermando che il test del DNA fetale non dovrebbe essere offerto di routine. Inoltre secondo l’ACOGC, i risultati del test non sono attendibili né in caso di positività né in caso di esito negativo.
Le Linee Guida Nazionali Italiane ritengono inoltre che l’uso delle cellule fetali su sangue materno per diagnosticare anomalie genetiche e cromosomiche non debba essere proposto in alternativa alla diagnosi prenatale invasiva.
Dunque attualmente gli unici test di screening accreditati sono quelli combinati basati sulla Translucenza nucale e sulle proteine placentari.
L’impiego routinario e diagnostico dei test basati sulla ricerca del DNA fetale nel Sangue Materno non può essere proposto come test di prima scelta.
Nel caso venga richiesto dalla gestante è dovere dell’operatore fornire una informazione dettagliata sui suoi limiti e informare la coppia che esiste una sostanziale differenza tra un test di screening ed un test diagnostico.
Se una coppia desidera ottenere certezze, è dovere informare che i soli test diagnostici sono quelli eseguiti su materiale fetale prelevato mediante villocentesi, amniocentesi e cordocentesi.
La Società Italiana di Genetica Umana, tenendo in considerazione quanto espresso dalle Società scientifiche internazionali ritiene che i test prenatali non invasivi debbano essere eseguiti in laboratori selezionati che siano accreditati per le attività di Genetica Medica e qualificati a svolgere tali indagini.
Per quanto attiene l’utilizzo di NIPT per la ricerca di aneuploidie, questo si ritiene appropriato solo al fine di aumentare il potere predittivo degli screening prenatali nelle gravidanze ad alto rischio di aneuploidie; pertanto si ritiene che il test sia da vedere come metodo di screening avanzato per la valutazione del rischio di trisomie.
Il test NIPT non è diagnostico, pertanto non è sostitutivo della diagnosi prenatale invasiva.
Il test può essere proposto nei casi citati ma sempre con il supporto di consulenza genetica, durante la quale devono essere esposti con chiarezza i limiti ed i benefici.
Inoltre la consulenza genetica post-test è raccomandata in caso di esito positivo. In questi casi la necessità di conferma con test invasivo deve essere fortemente raccomandata.
Poiché la tecnologia è in continua evoluzione si spera che, in un futuro prossimo, la capacità predittiva dei test non invasivi tenda ad aumentare. La raccolta di un numero sempre più ampio di dati e la disponibilità di nuovi trial clinici contribuiranno ad una valutazione più accurata della metodica.
Il test NIPT, in quanto erogato prevalentemente dal settore privato, e a totale carico della coppia.
Fonti :
- SIGU: Documento di indirizzo sull’impiego di indagini prenatali non invasive, 2014.
- Italian College of Fetal Maternal Medicine: Raccomandazioni sulle tecniche di screening prenatale, 2013
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