Negli Stati Uniti mettere “in banca” (in freezer) i propri ovociti quando si è ancora giovani, in attesa del momento buono per provare ad avere un figlio è un fenomeno ormai piuttosto di moda. Sono passati cinque anni (era il 2014) da quando giganti della Silicon Valley come Facebook e Apple hanno annunciato di aver aggiunto tra i benefit per le proprie dipendenti un bonus di 20 mila dollari a copertura del congelamento di ovociti e da allora oltreoceano il mercato del cosiddetto social egg freezing ha continuato a espandersi, benché non tutti gli esperti del settore lo vedano con favore.
In Italia il congelamento “privato” di ovociti per ragioni non mediche è decisamente più marginale, ma si comincia a parlarne anche qui. Ma il congelamento di ovociti può essere effettuato anche in altre situazioni, per esempio per preservare la fertilità messa a rischio da particolari condizioni mediche, o nell'ambito di percorsi di PMA. Facciamo chiarezza.
Congelamento o crioconservazione di ovociti: che cos'è
Si tratta di una tecnica nata negli anni ottanta, che prevede appunto il congelamento dei gameti femminili – gli ovociti - in modo che possano essere utilizzati in un secondo momento. In Italia questa possibilità è stata ampiamente utilizzata nei primi anni successivi all'introduzione della legge 40 sulla fecondazione assistita, che inizialmente prevedeva il divieto di congelamento di embrioni.
Per evitare di impiantare in utero un numero eccessivo di embrioni (con il rischio di gravidanze multiple) e allo stesso tempo non perdere il patrimonio di gameti ottenuto con la stimolazione, l'unica scelta vantaggiosa era appunto la crioconservazione. Che negli ultimi anni ha ottenuto ulteriore impulso dallo sviluppo di una nuova tecnica di congelamento rapido, particolarmente efficiente, chiamata vitrificazione.
Crioconservazione di ovociti: quando e perché
Sono tre le situazioni nelle quali una donna può decidere il congelamento dei propri ovociti: “Il caso più frequente è sicuramente quello della crioconservazione nell'ambito di un percorso di PMA” spiega il presidente della Società italiana di riproduzione umana, Antonino Guglielmino. In pratica, dopo la stimolazione ovarica viene prodotto un certo numero di ovociti, e se questo è elevato si può decidere di non fecondarli tutti (per non rischiare di avere un numero eccessivo di embrioni), ma di congelarne qualcuno per eventuali utilizzi futuri.
Altro caso: la crioconservazione nell'ambito di un percorso di preservazione della fertilità per donne con malattie oncologiche o con altre malattie che – direttamente, oppure indirettamente attraverso le terapie – rischiano di compromettere il patrimonio di cellule riproduttive e, dunque, la possibilità di diventare mamma.
Infine, c'è il controverso social egg freezing. Per alcuni, si tratta di una chance in più per le giovani donne calate in un contesto sociale e culturale in cui, per varie ragioni - dalla mancanza di un partner alla presenza di condizioni lavorative precarie - la maternità viene sempre più ritardata. Questo è vero soprattutto per l'Italia, dove le donne arrivano al primo parto sempre più tardi (l'età media è di circa 32 anni) e sono sempre più numerose le donne che partoriscono il primo bambino – o si rivolgono a un percorso di PMA – oltre i 40 anni. Quando effettivamente la finestra riproduttiva sta ormai per chiudersi.
Ma attenzione: gli esperti avvertono comunque che nel caso del social freezing chance non significa certezza. Tornare a 40 anni a prendere quegli ovociti conservati a 25 per iniziare un percorso di PMA non significa che questo andrà per forza a buon fine e che ci si ritroverà con un bambino in braccio. E per altri si tratta proprio di una forzatura. “Personalmente non trovo molto opportuno sottoporsi a una pratica medica senza reali indicazioni mediche, ma per condizioni di carattere sociale” afferma Guglielmino.
Fonte https://www.nostrofiglio.it/concepimento/fecondazione-assistita/la-fertilita-me-la-metto-in-banca?fbclid=IwAR0fDyu7s508w4QbAken_24mMRndo2LP7Rc_W8TWF2LpKGbCov2RpzfROyg
In Italia il congelamento “privato” di ovociti per ragioni non mediche è decisamente più marginale, ma si comincia a parlarne anche qui. Ma il congelamento di ovociti può essere effettuato anche in altre situazioni, per esempio per preservare la fertilità messa a rischio da particolari condizioni mediche, o nell'ambito di percorsi di PMA. Facciamo chiarezza.
Congelamento o crioconservazione di ovociti: che cos'è
Si tratta di una tecnica nata negli anni ottanta, che prevede appunto il congelamento dei gameti femminili – gli ovociti - in modo che possano essere utilizzati in un secondo momento. In Italia questa possibilità è stata ampiamente utilizzata nei primi anni successivi all'introduzione della legge 40 sulla fecondazione assistita, che inizialmente prevedeva il divieto di congelamento di embrioni.
Per evitare di impiantare in utero un numero eccessivo di embrioni (con il rischio di gravidanze multiple) e allo stesso tempo non perdere il patrimonio di gameti ottenuto con la stimolazione, l'unica scelta vantaggiosa era appunto la crioconservazione. Che negli ultimi anni ha ottenuto ulteriore impulso dallo sviluppo di una nuova tecnica di congelamento rapido, particolarmente efficiente, chiamata vitrificazione.
Crioconservazione di ovociti: quando e perché
Sono tre le situazioni nelle quali una donna può decidere il congelamento dei propri ovociti: “Il caso più frequente è sicuramente quello della crioconservazione nell'ambito di un percorso di PMA” spiega il presidente della Società italiana di riproduzione umana, Antonino Guglielmino. In pratica, dopo la stimolazione ovarica viene prodotto un certo numero di ovociti, e se questo è elevato si può decidere di non fecondarli tutti (per non rischiare di avere un numero eccessivo di embrioni), ma di congelarne qualcuno per eventuali utilizzi futuri.
Altro caso: la crioconservazione nell'ambito di un percorso di preservazione della fertilità per donne con malattie oncologiche o con altre malattie che – direttamente, oppure indirettamente attraverso le terapie – rischiano di compromettere il patrimonio di cellule riproduttive e, dunque, la possibilità di diventare mamma.
Infine, c'è il controverso social egg freezing. Per alcuni, si tratta di una chance in più per le giovani donne calate in un contesto sociale e culturale in cui, per varie ragioni - dalla mancanza di un partner alla presenza di condizioni lavorative precarie - la maternità viene sempre più ritardata. Questo è vero soprattutto per l'Italia, dove le donne arrivano al primo parto sempre più tardi (l'età media è di circa 32 anni) e sono sempre più numerose le donne che partoriscono il primo bambino – o si rivolgono a un percorso di PMA – oltre i 40 anni. Quando effettivamente la finestra riproduttiva sta ormai per chiudersi.
Ma attenzione: gli esperti avvertono comunque che nel caso del social freezing chance non significa certezza. Tornare a 40 anni a prendere quegli ovociti conservati a 25 per iniziare un percorso di PMA non significa che questo andrà per forza a buon fine e che ci si ritroverà con un bambino in braccio. E per altri si tratta proprio di una forzatura. “Personalmente non trovo molto opportuno sottoporsi a una pratica medica senza reali indicazioni mediche, ma per condizioni di carattere sociale” afferma Guglielmino.
Fonte https://www.nostrofiglio.it/concepimento/fecondazione-assistita/la-fertilita-me-la-metto-in-banca?fbclid=IwAR0fDyu7s508w4QbAken_24mMRndo2LP7Rc_W8TWF2LpKGbCov2RpzfROyg
Nessun commento:
Posta un commento