In assoluto non credo che si possa dire che il secondo parto sia migliore o peggiore del primo… ma per la mia personale vicenda posso dire che alla seconda volta si arriva molto più preparate, sotto molti punti di vista.
Ho partorito Giovanna il 13 settembre del 2013. Il termine era già passato da una settimana e i medici dell’ospedale decisero di ricoverarmi per indurre il travaglio. Non ero assolutamente pronta a questa eventualità: non ne avevamo parlato al corso di preparazione al parto, non avevo letto nulla in proposito e non sapevo cosa sarebbe successo. Ciò che sapevo con certezza, a differenza del secondo parto, era che il giorno dopo sarebbe nata la mia bambina.
Sono entrata in ospedale alle 9 di mattina e poco dopo sono partite le varie procedure per l’induzione del travaglio: gel, rottura del sacco e ossitocina. Le contrazioni, molto sopportabili, sono rimaste irregolari e distanti fino al pomeriggio inoltrato. Solo intorno alle 20:30 le cose si sono fatte più serie: ricordo chiaramente una contrazione che mi fece piegare in avanti per il dolore. Da quel momento in poi è stato tutto molto rapido e, nella mia memoria, il parto vero e proprio è stato qualcosa durato pochi minuti: l’ostetrica, bravissima, che mi teneva la mano e sorrideva, le studentesse in specializzazione che seguivano ogni operazione, mio marito che è entrato in sala parto con il camice verde e le mie parole “amore, ciao…”. E poi le ultime spinte e il pianto di Giovanna alle 22.02.
Damiano è nato il 9 maggio del 2015. Ho saputo di essere incinta per la seconda volta il giorno del primo compleanno di Giovanna… Una doppia festa, insomma! Essendo già genitori, mio marito e io non abbiamo vissuto la seconda gravidanza con quella sensazione di continua scoperta che aveva contraddistinto la prima: la magia delle ecografie, i primi calcetti erano cose meravigliose che però conoscevamo già. Eravamo molto sereni e tranquilli.
Con una bambina di un anno e mezzo a casa il tempo è volato e mi sono trovata in un soffio nei pressi del termine della gravidanza. Il travaglio è cominciato dopo cena: intorno alle 21 ho cominciato a sentire la sensazione di avere la pancia dura. Non potevo dire con certezza che fossero le prime contrazioni perché, in effetti, al primo parto le contrazioni erano state indotte. Seguendo i suggerimenti dell’ostetrica del corso di preparazione al parto, mi sono fatta un bagno in vasca: “Se è un falso travaglio, il calore dell’acqua fermerà le contrazioni”, ci ha sempre ripetuto. Subito dopo il bagno mi sono sentita molto rilassata e sono andata a letto… per risvegliarmi, proprio con una contrazione, intorno all’una di notte. Ho svegliato mio marito (e chiamato i suoceri, perché venissero a prendere Giovanna!) e ho fatto un’ora e mezzo di travaglio a casa. Quando sono arrivata in ospedale, alle 2.30, le contrazioni – più dolorose rispetto al parto di Giovanna – erano già regolari a 5 minuti di distanza e la dilatazione era di 5 centimetri.
Fondamentali, non solo per sopportare le contrazioni ma anche per cercare di accorciare il travaglio, la respirazione e la voglia di veder nascere il bambino, che ha pianto per la prima volta alle 5.14 nella stessa sala parto dove era arrivata Giovanna.
Credo che la grande differenza tra una primipara e una mamma che partorisce il secondo o il terzo figlio sia il diverso punto di vista e un diverso grado di egocentrismo: una donna che partorisce per la prima volta deve ancora “nascere” come madre e, per forza di cose, è più concentrata su se stessa, sul dolore che prova, su ciò che “le sta capitando”.
Una mamma che vive un secondo parto pensa a tutto tranne che a sé stessa: pensa alla separazione forzata dal primo figlio, almeno per i giorni del ricovero in ospedale, al nuovo assetto familiare, ai ruoli che si dovranno creare in famiglia. Un secondo parto implica ripensare che la vita sta cambiando tutta “di nuovo”, accettare di rivoluzionare routine, normalità e gesti ormai assodati, sapendo che sarà “di nuovo” meraviglioso e unico.
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