Assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Si è concluso così in tribunale a Bologna un processo su un caso di maternità surrogata in Ucraina da parte di una coppia italiana, residente in un paese della provincia del capoluogo emiliano. Sul banco degli imputati marito, 57 anni, e moglie, 44, dal 2012 genitori di un bambino nato a Kiev, dove la pratica è consentita. La madre naturale è una donna ucraina con cui a febbraio 2010 sottoscrissero un contratto per poter impiantare nel suo utero, dietro pagamento di un corrispettivo, un ovocita fecondato con il seme dell'italiano.
L'inchiesta era partita per una segnalazione dell'ambasciata italiana a Kiev al Comune dove il bambino è registrato, che ha avvisato la Procura. Alla coppia, difesa dall'avvocato Giorgio Muccio, era contestata la violazione dell'articolo della 'legge 40' che sanziona chi organizza o pubblicizza la surrogazione di maternità. Il Pm in udienza davanti al giudice Sandro Pecorella, aveva chiesto il minimo della pena.
Il difensore ha sottolineato nella sua arringa la mancanza di chiarezza della norma penale di riferimento e ha rilevato, tra l'altro, che recentemente sono stati depositati vari disegni di legge per modificare la norma e rendere perseguibili gli italiani che fanno ricorso alla maternità surrogata all'estero. Pratica che dunque, evidentemente, non sarebbe considerata illecita con le attuali normative.
L'uomo per l'accusa sarebbe stato il concorrente materiale, la moglie la concorrente morale del reato. Del procedimento erano stati avvisati gli uffici giudiziari minorili, che non avevano preso provvedimenti. Inizialmente nell'inchiesta del Pm Marco Forte era indagato anche un ginecologo italiano, per cui era stata chiesta l'archiviazione perché non sono emerse prove che abbia preso parte alla realizzazione della 'surrogazionè. Tutti e tre, il medico e i coniugi, erano inoltre accusati del reato di alterazione di stato civile, ipotesi poi caduta perché essendo nato in Ucraina, l'atto di nascita del bambino é stato redatto secondo le norme vigenti nello Stato ucraino.
Fonte http://bologna.repubblica.it/cronaca/2017/03/28/news/maternita_surrogata-161654672/
L'inchiesta era partita per una segnalazione dell'ambasciata italiana a Kiev al Comune dove il bambino è registrato, che ha avvisato la Procura. Alla coppia, difesa dall'avvocato Giorgio Muccio, era contestata la violazione dell'articolo della 'legge 40' che sanziona chi organizza o pubblicizza la surrogazione di maternità. Il Pm in udienza davanti al giudice Sandro Pecorella, aveva chiesto il minimo della pena.
Il difensore ha sottolineato nella sua arringa la mancanza di chiarezza della norma penale di riferimento e ha rilevato, tra l'altro, che recentemente sono stati depositati vari disegni di legge per modificare la norma e rendere perseguibili gli italiani che fanno ricorso alla maternità surrogata all'estero. Pratica che dunque, evidentemente, non sarebbe considerata illecita con le attuali normative.
L'uomo per l'accusa sarebbe stato il concorrente materiale, la moglie la concorrente morale del reato. Del procedimento erano stati avvisati gli uffici giudiziari minorili, che non avevano preso provvedimenti. Inizialmente nell'inchiesta del Pm Marco Forte era indagato anche un ginecologo italiano, per cui era stata chiesta l'archiviazione perché non sono emerse prove che abbia preso parte alla realizzazione della 'surrogazionè. Tutti e tre, il medico e i coniugi, erano inoltre accusati del reato di alterazione di stato civile, ipotesi poi caduta perché essendo nato in Ucraina, l'atto di nascita del bambino é stato redatto secondo le norme vigenti nello Stato ucraino.
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