I ricercatori hanno ritenuto probabile che la gravidanza stessa inducesse delle modificazioni della ghiandola tali da non interferire con la sua organizzazione complessiva, ipotizzando che questi meccanismi fossero regolati da modifiche epigenetiche durevoli nel tempo: le modifiche epigenetiche sono promosse da specifici “marcatori” del DNA, ovvero fattori che si legano ad esso alterandone l’attività (provocando una diversa espressione dei geni dell’organismo), ma senza che le corrispondenti sequenze di DNA siano strutturalmente mutate.
Lo studio, realizzato su animali, è stato condotto eseguendo un accurato profilo genetico delle principali cellule epiteliali mammarie presenti dal periodo post-puberale fino a quello post-gravidico; successivamente, sono state monitorate, analizzate e confrontate le risposte di tali geni in relazione alle variazioni ormonali tipiche della gestazione.
Si è quindi scoperto che i geni studiati hanno mostrato una risposta di entità e tempi diversi a seconda della presenza o meno di una gravidanza.
Infatti, durante la gestazione, i cambiamenti ormonali legati alla produzione di progesterone ed estrogeni non inducono soltanto una divisione cellulare finalizzata alla creazione di strutture duttali che sostengono la produzione e la secrezione di latte; parallelamente, si verifica la variazione di un insieme di “marcatori” del DNA (quei segnali epigenetici citati sopra), che si legano ad esso alterandone l’attività.
Molti di essi tendono a scomparire in seguito alla prima gravidanza, ma alcuni (come le molecole di metile CH3) hanno una durata maggiore o possono essere permanenti, regalando alla mammella una memoria cellulare propria, sfruttata quando rileva la presenza degli ormoni gravidici a lei noti.
La dimostrazione di quanto detto viene proprio dai risultati dello studio.
I ricercatori hanno somministrato alle cavie degli ormoni simulanti la gestazione, constatando che la risposta delle cellule della ghiandola mammaria, che ha coinvolto sia l’espansione delle strutture duttali che la sintesi delle proteine del latte, è stata molto più rapida in coloro che avevano già sperimentato una gravidanza.
Così, l’evidenza suggerisce che la mammella dispone di una memoria a lungo termine della gravidanza, modificando la propria risposta in caso di un’esposizione successiva agli ormoni della gestazione; i ricercatori ipotizzano che tale “ricordo” durerebbe per tutta la vita riproduttiva della donna.
Tali scoperte, pubblicate sulla nota rivista Cell Reports, hanno notevoli implicazioni anche per quanto riguarda la lotta contro il tumore al seno: infatti, considerando che le donne che vivono una gravidanza in giovane età hanno minori probabilità di sviluppare il cancro della mammella rispetto a coloro che non hanno avuto figli/li hanno avuti in più tarda età, è plausibile che questa sviluppi una sorta di “protezione” dal tumore, dipendente dal “ricordo” a lungo termine della prima gravidanza.
Fonte An Epigenetic Memory of Pregnancy in the Mouse Mammary Gland
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