sabato 29 aprile 2017

La crioconservazione sociale

       Attendere, però, alla lunga potrebbe diventare un problema. Perché bisogna sempre ricordare che con il passare degli anni, il numero di ovociti nelle ovaie declina per un processo naturale. La quantità massima di ovociti (6-7- milioni) è presente nel feto femminile intorno alla 20ma settimana di gestazione. Già alla nascita, però, la bambina ha una quantità di ovociti nettamente inferiore (1-2 milioni), quantità che diverrà di 300/5000 mila alla pubertà, di 25 mila all’età di 37 anni, e infine di soli 1.000 ovociti all’età di 51 anni. Si può dunque ricorrere alla crioconservazione degli ovuli, che in Italia è realizzata nelle strutture sanitarie pubbliche solamente per pazienti a rischio di menopausa precoce per motivi di salute. In tal caso si tratta di donne o ragazze affette da malattie come cancri, endometriosi, cisti ovariche recidive le cui terapie possono portare alla sterilità.
      La ricerca tardiva della gravidanza è divenuta nella società moderna un problema sociale ed è all’origine di molte delle problematiche riproduttive che si incontrano nel campo della riproduzione assistita. Difatti la fertilità della donna decresce progressivamente con l’avanzare dell’età in quanto il patrimonio ovocitario di ciascuna donna viene determinato già alla nascita e negli anni si osserva un progressivo depauperamento del numero di ovociti rimasti ed un progressivo decadimento della loro qualità che si traduce in una difficoltà crescente nel corso degli anni di iniziare e portare a termine una gravidanza. Per questo oggi, basandosi sull’esperienza ottenuta con la procreazione assistita nel campo della crioconservazione ovocitaria e sulle esperienze di conservazione a lungo termine degli ovociti in pazienti la cui fertilità futura era compromessa da tumori e chemioterapia, è stata ipotizzata la possibilità di conservare i propri ovociti in giovane età in modo da permettersi di posticipare la maternità superando futuri problemi di fertilità legati al progredire dell’età. Questo tipo di intervento è chiamato nei Paesi Anglosassoni “social freezing”, vale a dire congelamento e conservazione degli ovociti per motivi sociali
orologio biologico       Come funziona il procedimento? Si procede a delle stimolazioni ormonali per condurre l’ovaio a fare una decina di uova. Non basta congelare un uovo per avere un figlio, la garanzia si dà con 20. Poi le uova vengono prelevate dalle ovaie con una siringa in anestesia locale e si congelano. Altrimenti si può congelare anche del tessuto ovarico da auto trapiantare una volta guarita dalla malattia. In analogia con quanto accade nella fecondazione in vitro la paziente viene prima sottoposta ad una sottoposta a stimolazione ormonale che consiste nella auto somministrazione quotidiana di ormoni per indurre la crescita di un numero di follicoli adeguato e quindi la maturazione di un numero di uova considerato sufficiente per l’intervento. Dopo circa 10 – 15 giorni di terapia, in anestesia locale ed in regime ambulatoriale senza quindi necessità di ricovero, come le pazienti sottoposte a fecondazione in vitro, avviene il prelievo degli ovociti che vengono analizzati e crioconservati.      Le uova possono essere congelate all’infinito. La tecnica più innovativa è la vetrificazione: con il congelamento l’acqua diventa vetro invece che ghiaccio e arreca meno danni alle uova.
      Ma attenzione: dai 50 anni la gravidanza può essere pericolosa per la vita di una donna. Meglio comunque scegliere di farlo prima. Ma, considerando che dopo i 35 anni la fertilità decresce a picco e dopo i 44 è pari a zero, è un modo per posticiparla.
Per ricorrervi è fondamentale rivolgersi a centri specializzati per la fecondazione assistita. Per quanto riguarda il social freezing di solito lo fanno solo quelli privati.
Fonte http://www.alfemminile.com/concepimento/crioconservazione-sociale-s781719.html

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