La sindrome dell’ ovaio policistico (PCOS) costituisce il disturbo ormonale più diffuso nella popolazione femminile, con cui si intendono alcuni segni e sintomi specifici:oligomenorrea (mestruazioni con un ciclo di oltre 40 giorni), anovulazione(assenza di ovulazione), obesità,iperandrogenismo (eccesso ormoni androgenici con correlato irsutismo), acne eseborrea, diagnosi ecografica di policistosi ovarica (presenza all’ interno dell’ ovaio aumentato di volume di tanti follicoli disposti proprio come una corona di rosario).
L’ ovaio microcistico invece si delinea esclusivamente ecograficamente, visualizzando la presenza di numerosi follicoli che, però, non si dispongono a corona di rosario, come nella sindrome. Inoltre, in questo caso si parla di un disordine endocrino temporaneo: proprio questo elemento contraddistingue la PCOS dall’ ovaio microcistico o microfollicolare.
Un alterazione degli ormoni ipofisari, invece, può dare origine a delle cisti ovarichecostituite a causa di una mancata rottura di un follicolo con conseguente accumulo di liquido al suo interno. Esse possono essere associate a dolore, specie se con dimensioni superiori agli 8 centimetri.
Ma arriviamo al dunque: quando la fertilità è a rischio? Sicuramente nel momento in cui si effettua la diagnosi di sindrome dell’ ovaio policistico proprio perché nasce da una concatenazione di eventi che mettono in difficoltà la fecondazione.
Invece, per quanto riguarda le altre due situazioni patologiche, non si pone un pericolo così evidente proprio perché esse partono da squilibri ormonali assolutamente temporanei, diversamente dalla PCOS in cui si delinea un quadro clinico sicuramente più complesso.
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