Viviamo nell’epoca del «multitasking», grazie alla quale possiamo fare più cose contemporaneamente: lavorare e fare la spesa, chiamare a casa e organizzare una serata, programmare un viaggio e corteggiare una nuova «preda». Sembrerebbero dunque migliori le performance odierne rispetto a quelle del passato, ma la scienza ci dice altro: almeno per quel che riguarda la virilità maschile. Nel confronto con i rispettivi nonni, infatti, gli uomini fertili del terzo millennio paiono sconfitti già in partenza. Al punto che, secondo gli scienziati, se non si registrerà quanto prima un’inversione di rotta nei tassi di fertilità maschile, «il rischio è quello di gettare le basi per una prossima estinzione del genere umano»: parole di un gruppo di ricercatori dell’Università ebraica di Gerusalemme, autori di una revisione di studi apparsa sulle colonne della rivista scientifica «Human Reproduction Update». Colpa di spermatozoi sempre meno numerosi, ma soprattutto sempre meno agili nel muoversi.
LA MAPPA DELL’INFERTILITÀ MASCHILE – In appena quarant’anni, è il dato principale che emerge dalla lettura del documento, redatto dopo aver passato in rassegna 185 studi pubblicati tra il 1973 e il 2011 con il coinvolgimento di uomini nordamericani, europei, australiani e neozelandesi, gli uomini occidentali hanno visto calare del 52,4 per cento la concentrazione degli spermatozoi e ancora di più il loro valore medio: del 59,3 per cento, per l’esattezza. Una tendenza che vive una discesa inarrestabile e che ha portato l’epidemiologo israeliano Hagai Levine ad agitare lo scenario peggiore: quello abitato da uomini incapaci di procreare, «se non cambieremo l’ambiente che ci circonda, le sostanze chimiche a cui siamo esposti e il nostro stile di vita». Emblematico è pure il caso dell’Italia, dove nel 2016 sono nati appena 474mila bambini. Se si fanno sempre meno figli, la colpa è sì del disagio sociale che porta a procrastinare la costituzione di una famiglia e di conseguenza pure il suo allargamento, ma alla base del calo delle gravidanze c’è pure un’altra ragione, affrontata con minor frequenza in quanto più temuta. Sul banco c’è infatti la virilità degli uomini: tutt’altro che accresciuta nell’epoca del benessere. La ricerca, date le conclusioni, «deve fungere da sveglia per le autorità sanitarie di tutto il mondo», hanno messo nero su bianco gli scienziati. In assenza di prove apparenti e inconfutabili, «avere un’idea chiara delle cause di quanto osservato è necessario per mettere a punto strategie di prevenzione efficaci». Il sovrappeso, la sedentarietà, l’abitudine al fumo e la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse sono tra le principali cause indiziate di aver determinato il calo degli spermatozoi. Riscontro documentato nelle popolazioni occidentali e non in quelle dell’Asia, dell’Africa e del Sud America: troppo pochi gli studi lì condotti per trarre conclusioni definitive.
LE POSSIBILI CAUSE SPIEGATE DALL’ESPERTO – La flessione nel numero degli spermatozoi medi in dotazione a ogni individuo è un tema che ha trovato ampio spazio nella letteratura scientifica dal 1992 a oggi. Ma mai nessuno s’era preso la briga di andare più a ritroso, escludendo i comportamenti logicamente legati a un calo dei tassi di fertilità, come l’astinenza sessuale e l’aumento dell’età di concepimento. Quanto emerso comunque non sorprende Andrea Garolla, dirigente medico nell’unità di andrologia e medicina della riproduzione dell’azienda ospedaliero-universitaria di Padova. «Il crollo degli spermatozoi rilevato in meno di quarant’anni dipende dalla riduzione dei livelli di androgeni, gli ormoni sessuali che stimolano e controllano lo sviluppo e il mantenimento delle caratteristiche maschili. E dal parallelo aumento degli estrogeni, che di norma svolgono lo stesso compito nelle donne. L’incremento dei tassi di infertilità è documentato anche in altre specie animali come gli alligatori, gli orsi polari e i pesci dei grandi laghi americani. In alcuni di questi casi, si osservano esseri viventi intersessuali, con organi genitali ambigui: i loro corpi non sono né del tutto maschili né del tutto femminili». Alla riduzione del numero di spermatozoi risultano abbinate alcune variazioni morfologiche? «Diversi studi hanno evidenziato come gli adolescenti di oggi, rispetto ai coetanei di trent’anni fa, siano più alti, abbiano un’apertura delle braccia più ampia e una lunghezza del pene inferiore. Tutte conseguenze che confermano come oggi nell’uomo circolino troppi estrogeni. O comunque sostanze che provocano gli stessi effetti».
COME CORREGGERE LA ROTTA? – Anche l’età di concepimento può condizionare la fertilità. «Nelle donne più che negli uomini – prosegue l’esperto – anche se oggi sapp i a m o c h e l a quantità e la qualità del seme maschile calano con il passare degli anni per colpa di infezioni, traumi e processi infiammatori. Siamo più longevi rispetto al passato, ma la fase della vita ideale per avere un figlio non è cambiata: meglio non andare oltre la terza decade di vita». Cosa fare a questo punto per recuperare la virilità maschile? «Occorre seguire una dieta varia ed equilibrata, improntata sullo stile mediterraneo, con il consumo solo sporadico di alimenti ricchi di grassi saturi. L’attività fisica regolare, l’addio alle sigarette e un’adeguata prevenzione fanno parte delle strategie da adottare per far fronte a questa emergenza». Considerazioni che trovano d’accordo pure Andrea Salonia, uro-andrologo dell’ospedale San Raffaele di Milano. «Purtroppo sappiamo che molti uomini non hanno il tempo per andare in palestra o dedicare comunque più ore alla settimana all’allenamento. A loro ricordo però che già il movimento quotidiano regolare ha un grande potenziale sul benessere sessuale maschile: i diecimila passi al giorno di camminata possono già essere sufficienti»
LA MAPPA DELL’INFERTILITÀ MASCHILE – In appena quarant’anni, è il dato principale che emerge dalla lettura del documento, redatto dopo aver passato in rassegna 185 studi pubblicati tra il 1973 e il 2011 con il coinvolgimento di uomini nordamericani, europei, australiani e neozelandesi, gli uomini occidentali hanno visto calare del 52,4 per cento la concentrazione degli spermatozoi e ancora di più il loro valore medio: del 59,3 per cento, per l’esattezza. Una tendenza che vive una discesa inarrestabile e che ha portato l’epidemiologo israeliano Hagai Levine ad agitare lo scenario peggiore: quello abitato da uomini incapaci di procreare, «se non cambieremo l’ambiente che ci circonda, le sostanze chimiche a cui siamo esposti e il nostro stile di vita». Emblematico è pure il caso dell’Italia, dove nel 2016 sono nati appena 474mila bambini. Se si fanno sempre meno figli, la colpa è sì del disagio sociale che porta a procrastinare la costituzione di una famiglia e di conseguenza pure il suo allargamento, ma alla base del calo delle gravidanze c’è pure un’altra ragione, affrontata con minor frequenza in quanto più temuta. Sul banco c’è infatti la virilità degli uomini: tutt’altro che accresciuta nell’epoca del benessere. La ricerca, date le conclusioni, «deve fungere da sveglia per le autorità sanitarie di tutto il mondo», hanno messo nero su bianco gli scienziati. In assenza di prove apparenti e inconfutabili, «avere un’idea chiara delle cause di quanto osservato è necessario per mettere a punto strategie di prevenzione efficaci». Il sovrappeso, la sedentarietà, l’abitudine al fumo e la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse sono tra le principali cause indiziate di aver determinato il calo degli spermatozoi. Riscontro documentato nelle popolazioni occidentali e non in quelle dell’Asia, dell’Africa e del Sud America: troppo pochi gli studi lì condotti per trarre conclusioni definitive.
LE POSSIBILI CAUSE SPIEGATE DALL’ESPERTO – La flessione nel numero degli spermatozoi medi in dotazione a ogni individuo è un tema che ha trovato ampio spazio nella letteratura scientifica dal 1992 a oggi. Ma mai nessuno s’era preso la briga di andare più a ritroso, escludendo i comportamenti logicamente legati a un calo dei tassi di fertilità, come l’astinenza sessuale e l’aumento dell’età di concepimento. Quanto emerso comunque non sorprende Andrea Garolla, dirigente medico nell’unità di andrologia e medicina della riproduzione dell’azienda ospedaliero-universitaria di Padova. «Il crollo degli spermatozoi rilevato in meno di quarant’anni dipende dalla riduzione dei livelli di androgeni, gli ormoni sessuali che stimolano e controllano lo sviluppo e il mantenimento delle caratteristiche maschili. E dal parallelo aumento degli estrogeni, che di norma svolgono lo stesso compito nelle donne. L’incremento dei tassi di infertilità è documentato anche in altre specie animali come gli alligatori, gli orsi polari e i pesci dei grandi laghi americani. In alcuni di questi casi, si osservano esseri viventi intersessuali, con organi genitali ambigui: i loro corpi non sono né del tutto maschili né del tutto femminili». Alla riduzione del numero di spermatozoi risultano abbinate alcune variazioni morfologiche? «Diversi studi hanno evidenziato come gli adolescenti di oggi, rispetto ai coetanei di trent’anni fa, siano più alti, abbiano un’apertura delle braccia più ampia e una lunghezza del pene inferiore. Tutte conseguenze che confermano come oggi nell’uomo circolino troppi estrogeni. O comunque sostanze che provocano gli stessi effetti».
COME CORREGGERE LA ROTTA? – Anche l’età di concepimento può condizionare la fertilità. «Nelle donne più che negli uomini – prosegue l’esperto – anche se oggi sapp i a m o c h e l a quantità e la qualità del seme maschile calano con il passare degli anni per colpa di infezioni, traumi e processi infiammatori. Siamo più longevi rispetto al passato, ma la fase della vita ideale per avere un figlio non è cambiata: meglio non andare oltre la terza decade di vita». Cosa fare a questo punto per recuperare la virilità maschile? «Occorre seguire una dieta varia ed equilibrata, improntata sullo stile mediterraneo, con il consumo solo sporadico di alimenti ricchi di grassi saturi. L’attività fisica regolare, l’addio alle sigarette e un’adeguata prevenzione fanno parte delle strategie da adottare per far fronte a questa emergenza». Considerazioni che trovano d’accordo pure Andrea Salonia, uro-andrologo dell’ospedale San Raffaele di Milano. «Purtroppo sappiamo che molti uomini non hanno il tempo per andare in palestra o dedicare comunque più ore alla settimana all’allenamento. A loro ricordo però che già il movimento quotidiano regolare ha un grande potenziale sul benessere sessuale maschile: i diecimila passi al giorno di camminata possono già essere sufficienti»
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