Dichiarazioni poco veritiere
Considerate l’inaffidabilità e la variabilità delle ammissioni volontarie di comportamenti a rischio da parte delle madri e l’assenza di un profilo neuro-comportamentale univoco da utilizzare a scopo diagnostico, è importante una valutazione oggettiva per stabilire il consumo di etanolo durante la gravidanza e la conseguente esposizione del feto all’alcol. La sindrome alcolica fetale è una condizione malformativa del neonato e del bambino dovuta all’effetto tossico dell’alcol assunto in gravidanza. Ed è la più comune causa di ritardo mentale acquisito nell’infanzia, evitabile tramite l’astensione completa della gestante dal consumo di alcol.
I parametri considerati
Per mettere a punto il test, i ricercatori hanno esaminato l’associazione tra l’etilglucuronide nelle urine di donne in gravidanza e la presenza di alcuni indicatori fisici tipici della sindrome, mediante l’uso dell’ecografia prenatale effettuata nel secondo trimestre di gestazione. L’EtG si forma solo in caso di assunzione di alcol tre-quattro giorni precedenti il test, per cui la positività a questo biomarcatore è indice di consumo certo. L’analisi dell’EtG nelle urine potrebbe essere quindi utilizzata come indicatore di consumo materno di alcol anche occasionale durante la gravidanza, per allertare sulle possibili ripercussioni sul feto e successivamente sul bambino, permettendo una diagnosi precoce di sindrome alcolica fetale.
Si stima che circa il 10% dello donne in gravidanza a livello mondiale assuma alcol in gravidanza e una su 67 donne partorisce un neonato affetto da sindrome alcolica fetale. In alcune regioni europee (in particolare Irlanda, Regno Unito, Danimarca, Spagna e Russia) circa un quarto di donne nella popolazione generale consuma alcolici durante la gravidanza, con una conseguente maggiore prevalenza della sindrome alcolica fetale, che risulta essere da 2 a 6 volte superiore alla media globale.
Fonte https://www.bimbisaniebelli.it/gravidanza/sindrome-alcolica-fetale-ce-un-nuovo-test-57908
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