L’alimentazione in gravidanza vista da una redattrice che partorito da poco (congratulazioni!): come tutte le donne incinte si è sentita dire cosa mangiare, come e quando, da brava gastrofanatica, ha dribblato come poteva. Il suo breviario spudorato.
La gravidanza è, peggio delle curve gaussiane nel portafogli, uno di quei momenti in cui è quasi impossibile accedere a un menu degustazione.
Appena rimani incinta ti rendi conto che esiste un Gotha di persone che decide quello che devi o non devi mangiare in base, sembrerebbe, a imperscrutabili piani quinquennali: imperscrutabili perché spesso si contraddicono, quinquennali perché le idee cambiano con frequenza costante, al ritmo delle generazioni. Gli ormoni della gravida, notoriamente sulle montagne russe, fanno resto, cosicché per un periodo discretamente lungo il rapporto con la nutrizione è inevitabilmente qualcosa che si subisce, nella continua speranza di ritornare presto gastronomicamente attivi. [Sì, se ve lo state chiedendo, è un po’ la stessa cosa che succede col sesso]
Visto che per gli ultimi nove mesi sono stata anche io della schiatta, posso affermare senza troppa vergogna di essermi imposta discipline in cui a volte credevo con tutta me stessa, a volte mi adeguavo senza troppo entusiasmo per evitare rimpianti e, soprattutto, rimproveri. Non esiste infatti niente di più efferato che un’ ex gravida che commenta il tuo stile di vita, per farsi assalire dai sensi di colpa più intensi che abbiate mai provato in vita.
Dato che prendersi alla leggera è una delle qualità che cerco di coltivare, e che pare funzioni anche contro il baby blues (la piaga del puerperio), concedetemi di stigmatizzare quegli atteggiamenti alimentari – prima di tutto miei – che non sempre sono accompagnati da un adeguato grado di razionalità.
Il crudo
La gravidanza è, peggio delle curve gaussiane nel portafogli, uno di quei momenti in cui è quasi impossibile accedere a un menu degustazione.
Appena rimani incinta ti rendi conto che esiste un Gotha di persone che decide quello che devi o non devi mangiare in base, sembrerebbe, a imperscrutabili piani quinquennali: imperscrutabili perché spesso si contraddicono, quinquennali perché le idee cambiano con frequenza costante, al ritmo delle generazioni. Gli ormoni della gravida, notoriamente sulle montagne russe, fanno resto, cosicché per un periodo discretamente lungo il rapporto con la nutrizione è inevitabilmente qualcosa che si subisce, nella continua speranza di ritornare presto gastronomicamente attivi. [Sì, se ve lo state chiedendo, è un po’ la stessa cosa che succede col sesso]
Visto che per gli ultimi nove mesi sono stata anche io della schiatta, posso affermare senza troppa vergogna di essermi imposta discipline in cui a volte credevo con tutta me stessa, a volte mi adeguavo senza troppo entusiasmo per evitare rimpianti e, soprattutto, rimproveri. Non esiste infatti niente di più efferato che un’ ex gravida che commenta il tuo stile di vita, per farsi assalire dai sensi di colpa più intensi che abbiate mai provato in vita.
Dato che prendersi alla leggera è una delle qualità che cerco di coltivare, e che pare funzioni anche contro il baby blues (la piaga del puerperio), concedetemi di stigmatizzare quegli atteggiamenti alimentari – prima di tutto miei – che non sempre sono accompagnati da un adeguato grado di razionalità.
Il crudo
Uno dei primi niet che si danno a una donna gravida è quello di non consumare cibi crudi, soprattutto proteine crude. Il motivo è che negli alimenti crudi si potrebbero annidare listeria, salmonella e toxoplasmosi, amenità non proprio incoraggianti per la salute del feto. L’impresa, se piace mangiare, non è facilissima visto che ormai un gambero di Mazara e una battuta al coltello non si negano nemmeno al menu delle pizzerie per asporto.
Ma c’è sempre un lato positivo: avrete una buona ragione per disertare gli all you can eat [n.d.r. di come la gravidanza sia un inattaccabile scusa per declinare tutti gli inviti sciagurati parleremo un’altra volta].
Tuttavia questa ossessione per il cibo crudo è esattamente il motivo per cui è altrettanto difficile riuscire a consumare un pasto in un ristorante gastronomico: una delle rinunce più significative nel mio periodo di attesa è stata la trota di Norbert Niederkofler; eppure il mio cervello non smetteva di ripetermi: “Vuoi che uno chef tristellato ti serva Del pesce alla listeria?”. Ma, si sa, i figli so’ piezz’e core, e al cuore non si comanda.
Anche se alla fine sono una donna semplice, e la cosa che mi è mancata davvero nei nove mesi di astinenza è stata il prosciutto crudo, e infatti la mia migliore amica, che mi conosce nel profondo, a meno di 24 ore dal parto è arrivata in corsia con una focaccia ripiena della versione posh del prosciutto, il Culatello.
Amuchina o bicarbonato?
C’è un altro crudo a cui fare attenzione: le verdure, ma, dato che vietare le verdure crude sarebbe decisamente improvvido, si opta per l’opzione disinfestazione. Il motivo è che anche le verdure possono essere fonte di toxoplasmosi, soprattutto quando arrivano da orti in cui qualche gatto fa i suoi bisogni. Io, sinceramente, auguro a tutti di poter mangiare verdure coltivate così; ma poniamo il caso che anche nelle colture intensive scorrazzino gatti capaci di sopravvivere alla chimica e adeguiamoci.
Dunque il consiglio è la disinfezione con l’uso di Amuchina per i più scrupolosi, di bicarbonato per chi vuole evitare i sensi di colpa senza dover ingerire ipoclorito di sodio (per gli amici candeggina) in cinque porzioni al dì. In entrambi i casi il principio è creare una soluzione basica in acqua con cui lavare le verdure, perché nelle soluzioni basiche questi microorganismi non sopravvivono.
Quale sia la soluzione adottata, l’importante sarebbe non farsi prendere dall’ansia: per esempio ricordandosi che quasi tutta la frutta cresce sugli alberi dove è difficile venga a contatto con le feci di gatto, eppure, anche io nell’ansiogeno primo trimestre lavavo le arance, sbucciavo le mele e le pere e poi, non contenta le lavavo con il bicarbonato. So che si tratta di un suggerimento hardcore per chi è del giro, ma una gravida potrebbe permettersi in sicurezza di mangiare una mela biologica a morsi, lavandola con un po’ d’acqua.
Fonte di grandi contraddizioni è l’opinione sull’alcol in gravidanza. Certo, siamo tutti d’accordo che l’abuso di alcol è dannoso per il feto e non solo, ma il diavolo si nasconde nei dettagli: se sei gravida finisci per domandarti se puoi mangiare la zuppa inglese. Io ho adottato la tecnica astinenza totale (chi è senza peccato scagli la prima pietra) ma non ho fatto una gran fatica dato che bevo poco e, come dice sempre mio marito, “niente che valga meno di 30 € a bottiglia dal produttore”.
Potrei giustificarmi dicendo che per ogni bottiglia di vino perduta ho investito in un barattolo dei costosissimi multivitaminici per la mamma, anch’essi un fondamentale contributo a una gravidanza priva di sensi di colpa. Eppure tutte le volte che rinunciavo al mio calice di rosso mi ricordavo delle parole di mia suocera: il suo ginecologo le consigliava mezza porzione di grappa la sera contro le nausee. Così su due piedi, direi che noi, nati tra gli anni 70 gli anni 80, abbiamo trascorso una vita fetale e un puerperio certamente più divertenti di quello che concediamo ai nostri figli.
Comunque provate a entrare in un ristorante con il pancione: la prima cosa che farà il cameriere, con buona pace vostra e delle vostre convinzioni, è togliere dei vostri coperti i calici da vino. E francamente non so se rubricare questo atteggiamento come gentilezza affettata o come l’ennesima dimostrazione del maschilismo nei ristoranti.
Gli zuccheri
Non riesco proprio ad abituarmi alla demonizzazione dello zucchero. Ne comprendo alla perfezione (o quasi) le basi scientifiche, ma lo zucchero è per me è uno di quegli alimenti che rendono bella la vita. Si dice che durante la gravidanza e l’allattamento non si dovrebbero ingollare zuccheri: si tratta dunque di almeno 15 mesi di astinenza totale, io credo che non ci sia ancora riuscito nessuno. Ricordo con discreta chiarezza la trasfigurazione del volto del ginecologo quando gli dissi che avevo comprato un vasetto di Nutella, perché, tra un vomito e l’altro, era l’unico alimento che mi andasse ingurgitare. Penso che non mi abbia cacciato dallo studio per educazione, ma mi sono sentita così giudicata come raramente mi è capitato.
[n.d.r. questo pezzo sta involontariamente diventando una rivendicazione dei diritti delle gestanti, ma in effetti durante la gravidanza può capitare di sentirsi scarsamente padroni del proprio corpo e di decidere di non prestare più troppa attenzione alle proprie volontà in onore di una casa più grande.]
Eppure un’altra suocera (evviva le suocere!), questa volta non la mia, mi è venuta in salvo: poco prima della data presunta del parto mi ha portato a casa un quantitativo industriale di scatole di pasticcini, sostenendo che durante l’allattamento ne avrei avuto gran bisogno e che i pasticcini “fanno latte”, un consiglio che io ho subito considerato veritiero e interessantissimo. La stessa identica impressione me l’ha data la commessa della drogheria più fornita della mia città, quando ho comprato la pasta di mandorle per fare la cassata di Pasqua: “Compra il pacchetto grande, vedrai ti servirà anche per fare il latte”. E io, obbediente, ho comprato.
L’aumento di peso
Pare che Chiara Ferragni durante la sua gravidanza abbia preso in tutto 9 kg; io l’ho dribblata e ne ho presi 18. Nessuno consiglia di ingrassare più di 12, 15 kg e questo per il benessere del bimbo e perché si spera che il feto non diventi troppo grosso con tutte le piacevolezze che questo comporta per la madre che lo dovrà partorire.
Tuttavia il controllo dell’appetito in gravidanza è qualcosa che va oltre le normali abilità della volontà umana. Nel primo trimestre si è felici e costantemente sul chi va là, probabilmente non si ha il minimo sintomo e dunque ci si sente le madri migliori del mondo con la propria dieta a base di verdure di stagione e cereali integrali. Segue la fase vomitosa in cui ingrassare anche solo di un etto è abbastanza complesso visto il meccanismo introduci&rigetta senza soluzione di continuità; qui il rapporto con il cibo comincia fatalmente a cambiare, (qui si piazza il mio periodo Nutella). Non sempre, ma in questa fase potrebbero apparire le voglie, quella cosa per cui alle 17 apri il frigo alla ricerca dei carciofini sottolio da consumare direttamente dal barattolo, e alle 17:05 hai già tuffato il cucchiaino (lo stesso dei carciofini) nella vaschetta del gelato.
Un giorno però arriva la fase tre, ovvero quella in cui ogni circa 10 minuti si ha fame: non voglia di uno sfizio, fame. Io viaggiavo al ritmo di due torte e una quarantina di biscotti a settimana, che confezionavo da sola sperando, ovviamente invano, di tenere a bada le quantità di grassi e di zuccheri. È qui che, se non siete sufficientemente fortunate, troverete una schiera di persone che stigmatizzano il vostro atteggiamento e che prefigurano scenari apocalittici in sala parto, ma vi assicuro che la fame vi aiuterà a ignorare anche le previsioni più infauste.
C’è una buona notizia: appena partorito l’appetito scriteriato scompare, e voi comincerete a pensare che forse perdere il peso accumulato non sarà così complicato; invece è lì che a casa vostra comincerà la teoria delle persone che portano del cibo per farvi stare in forze per allattare.
Ed è qui che dovrete imparare a convivere con la consapevolezza che la prossima la vostra prossima volta ristorante sarà tra diversi mesi, quando riuscirete a lasciare il pargolo alla baby-sitter.
Fonte https://www.dissapore.com/alimentazione/alimentazione-in-gravidanza-vi-diranno-cosa-mangiare/
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