Ma in cosa consiste di preciso l’episiotomia?
È un vero e proprio atto chirurgico effettuato dalle ostetriche o dai ginecologi.
Si recide la cute/mucose e i tessuti fibromuscolari del perineo al fine di favorire il parto e limitare le eccessive sollecitazioni dei tessuti.
Si ritiene infatti che gli eventi traumatici del parto possano dar luogo ad insufficienze del contenimento del pavimento pelvico con possibili futuri problemi di incontinenza urinaria da sforzo e/o prolassi dei genitali.
Non vi sono prove scientifiche a supporto di questi presunti benefici dati dall’applicazione routinaria della prativa, ma esistono numerose controindicazioni.
Il protocollo di assistenza al parto dell’OMS recita chiaramente:
“L’episiotomia non deve essere effettuata di routine perché non migliora di per sé gli esiti del parto vaginale e deve essere eseguita solo in caso di necessità”
Dobbiamo ricordare che la ferita episiotomica, seppur suturata ad arte, spesso è responsabile di malesseri locali.
Il dolore perineale infatti è molto frequente nei giorni successivi al parto, esitando in alcune, anche la difficoltà a camminare e/o a sedersi per alcune settimane.
Finite le controindicazioni?
Sono frequenti i casi di donne che lamentato problemi alla ripresa dei rapporti sessuali.
Molte neo mamme infatti non hanno una ripresa soddisfacente dell’attività sessuale per un intervallo di tempo piuttosto significativo, alcune – ma si tratta di casi più rari – hanno trascurato l’intimità sessuale anche per alcuni anni.
In un numero limitato di casi si sono registrati anche problemi di lesioni dello sfintere anale, in particolar modo quando viene praticata l’episiotomia mediana (perché la ferita può allungarsi con maggior facilità, interessando le strutture dello sfintere anale).
Un’inchiesta molto significativa a riguardo è stata realizzata dal quotidiano Repubblica.
Perché in Italia si parla di abuso?
Il problema più evidente sembra davvero essere quello dell’informazione non corretta.
Molte neo-mamme infatti vengono indotte a ritenere che un’eventuale lacerazione ‘naturale’ possa danneggiare maggiormente il proprio corpo rispetto alla ferita episiotomica. La realtà però è piuttosto diversa.
Ecco i dati confermati da una ricerca condotta dall’Istituto Superiore della Sanità.
L’episotomia nel Belpaese viene praticata dalle donne nel 60% dei casi di parto naturale. Una percentuale piuttosto significativa, considerando che in altri paesi europei la soglia è notevolmente più bassa (in Inghilterra solo nel 14%, in Olanda solo otto donne su cento ricevono tale intervento).
Cambiare è quindi doveroso e valutati i rischi di contenziosi legali, potremmo dire che sia quantomeno consigliabile anche per quegli operatori meno inclini alle raccomandazioni della letteratura scientifica.
È un vero e proprio atto chirurgico effettuato dalle ostetriche o dai ginecologi.
Si recide la cute/mucose e i tessuti fibromuscolari del perineo al fine di favorire il parto e limitare le eccessive sollecitazioni dei tessuti.
Si ritiene infatti che gli eventi traumatici del parto possano dar luogo ad insufficienze del contenimento del pavimento pelvico con possibili futuri problemi di incontinenza urinaria da sforzo e/o prolassi dei genitali.
Non vi sono prove scientifiche a supporto di questi presunti benefici dati dall’applicazione routinaria della prativa, ma esistono numerose controindicazioni.
Il protocollo di assistenza al parto dell’OMS recita chiaramente:
“L’episiotomia non deve essere effettuata di routine perché non migliora di per sé gli esiti del parto vaginale e deve essere eseguita solo in caso di necessità”
Dobbiamo ricordare che la ferita episiotomica, seppur suturata ad arte, spesso è responsabile di malesseri locali.
Il dolore perineale infatti è molto frequente nei giorni successivi al parto, esitando in alcune, anche la difficoltà a camminare e/o a sedersi per alcune settimane.
Finite le controindicazioni?
Sono frequenti i casi di donne che lamentato problemi alla ripresa dei rapporti sessuali.
Molte neo mamme infatti non hanno una ripresa soddisfacente dell’attività sessuale per un intervallo di tempo piuttosto significativo, alcune – ma si tratta di casi più rari – hanno trascurato l’intimità sessuale anche per alcuni anni.
In un numero limitato di casi si sono registrati anche problemi di lesioni dello sfintere anale, in particolar modo quando viene praticata l’episiotomia mediana (perché la ferita può allungarsi con maggior facilità, interessando le strutture dello sfintere anale).
Un’inchiesta molto significativa a riguardo è stata realizzata dal quotidiano Repubblica.
Perché in Italia si parla di abuso?
Il problema più evidente sembra davvero essere quello dell’informazione non corretta.
Molte neo-mamme infatti vengono indotte a ritenere che un’eventuale lacerazione ‘naturale’ possa danneggiare maggiormente il proprio corpo rispetto alla ferita episiotomica. La realtà però è piuttosto diversa.
Ecco i dati confermati da una ricerca condotta dall’Istituto Superiore della Sanità.
L’episotomia nel Belpaese viene praticata dalle donne nel 60% dei casi di parto naturale. Una percentuale piuttosto significativa, considerando che in altri paesi europei la soglia è notevolmente più bassa (in Inghilterra solo nel 14%, in Olanda solo otto donne su cento ricevono tale intervento).
Cambiare è quindi doveroso e valutati i rischi di contenziosi legali, potremmo dire che sia quantomeno consigliabile anche per quegli operatori meno inclini alle raccomandazioni della letteratura scientifica.
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