Particolarmente utile nell’accudimento dei bambini nati prematuri, è una pratica di cura neonatale che si ispira a un modello di stampo etologico mutuato dai marsupiali da cui prende il nome, una terapia in grado di offrire al bambino un ingresso nel mondo extra-uterino molto più rispettoso della sua condizione di prematurità.
Che il contatto della madre col bambino fosse importante non è una novità e appartiene a quel nucleo di conoscenze popolari e tradizionali tramandate di generazione in generazione per quanto riguardo l’accudimento dei bambini.
Costituisce una componente essenziale del cosiddetto istinto materno, ovvero la spinta a prendere in braccio e stringere a sé il proprio bambino, fornendogli la prima forma di esperienza della holding materna (contenimento, sostegno e accoglimento sia di tipo fisico che psichico) indagati da studiosi della psicologia infantile di grande fame e importanza come, ad esempio, D. W. Winnicott.
Oggi la scienza dimostra che un gesto così semplice e all’apparenza istintivo può essere terapeutico e aiutare lo sviluppo psico-fisico del piccolo, specie in situazioni di deficit, quale può essere la nascita prematura.
Ad affermarlo è una ricerca svolta dal Brain Research Center, Bar-Ilan University e pubblicata dall’NCBI, National Center for Biotechnology Information.
Lo studio parte dall’ipotesi secondo la quale, il contatto costante con il corpo della madre favorisca la crescita fisiologica del sistema nervoso, immunitario e ormonale e aiuti il bambino ad affrontare lo stress, a regolare in modo ottimale l’alternanza sonno – veglia e a conquistare la propria autonomia dalle figure di accudimento.
Allo stesso modo, è risaputo che, nel prematuro, si possono individuare dei deficit legati al precoce distacco dalla madre e alla conseguente interruzione del fisiologico sviluppo cerebrale.
Sulla base di questi elementi, si è avviata una sperimentazione che ha coinvolto 146 madri e i loro figli nati prematuri.
I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi: per 73 neonati è stato previsto il tradizionale intervento mediante incubatrice; nei restanti casi, si è applicato il metodo Kangaroo Care (KC), che prevede un contatto diretto, pelle a pelle, della madre con il bambino, per almeno 14 giorni.
I dati della sperimentazione sono stati raccolti per i primi 10 anni di vita dei bambini, ponendo particolare attenzione alle risultanze relative non solo alla sfera relazionale, ma anche e soprattutto allo sviluppo cognitivo-psicologico-fisiologico di genitori e figli.
I risultati ottenuti, oggetto della pubblicazione, confermano l’importanza del contatto materno.
I 73 neonati sottoposti a KC, hanno presentato un netto miglioramento delle funzioni fisiologiche essenziali (ad esempio la respirazione) nelle prime settimane di vita e, successivamente, hanno evidenziato una maggiore capacità di adattamento, rispondendo ottimamente al distacco dalla madre.
Tra i 6 e i 10 anni, inoltre, gli effetti del KC raggiungono il loro apice: il bambino risulta autonomo, resistente allo stress, capace di regolare il ritmo del sonno e con un migliore sviluppo cognitivo.
Parallelamente, anche le madri del gruppo campione, hanno goduto di una migliore reazione allo stress del periodo post-gravidanza, registrando una forte diminuzione degli stati ansiosi materni e riuscendo ad instaurare nei primi anni di vita del bambino, una relazione genitoriale più equilibrata e proficua.
Oltre a confermare la bontà del KC come pratica di accudimento in tutti i casi di neonatalità, lo studio mette luce anche i veri e propri effetti terapeutici sui prematuri, dando lustro scientifico ad una pratica, il contatto madre-figlio, forse troppo presto abbandonata dai moderni approcci pedagogici.
Fonte
Maternal-preterm skin-to-skin contact enhances child physiologic organization and cognitive control across the first 10 years of life.
Che il contatto della madre col bambino fosse importante non è una novità e appartiene a quel nucleo di conoscenze popolari e tradizionali tramandate di generazione in generazione per quanto riguardo l’accudimento dei bambini.
Costituisce una componente essenziale del cosiddetto istinto materno, ovvero la spinta a prendere in braccio e stringere a sé il proprio bambino, fornendogli la prima forma di esperienza della holding materna (contenimento, sostegno e accoglimento sia di tipo fisico che psichico) indagati da studiosi della psicologia infantile di grande fame e importanza come, ad esempio, D. W. Winnicott.
Oggi la scienza dimostra che un gesto così semplice e all’apparenza istintivo può essere terapeutico e aiutare lo sviluppo psico-fisico del piccolo, specie in situazioni di deficit, quale può essere la nascita prematura.
Ad affermarlo è una ricerca svolta dal Brain Research Center, Bar-Ilan University e pubblicata dall’NCBI, National Center for Biotechnology Information.
Lo studio parte dall’ipotesi secondo la quale, il contatto costante con il corpo della madre favorisca la crescita fisiologica del sistema nervoso, immunitario e ormonale e aiuti il bambino ad affrontare lo stress, a regolare in modo ottimale l’alternanza sonno – veglia e a conquistare la propria autonomia dalle figure di accudimento.
Allo stesso modo, è risaputo che, nel prematuro, si possono individuare dei deficit legati al precoce distacco dalla madre e alla conseguente interruzione del fisiologico sviluppo cerebrale.
Sulla base di questi elementi, si è avviata una sperimentazione che ha coinvolto 146 madri e i loro figli nati prematuri.
I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi: per 73 neonati è stato previsto il tradizionale intervento mediante incubatrice; nei restanti casi, si è applicato il metodo Kangaroo Care (KC), che prevede un contatto diretto, pelle a pelle, della madre con il bambino, per almeno 14 giorni.
I dati della sperimentazione sono stati raccolti per i primi 10 anni di vita dei bambini, ponendo particolare attenzione alle risultanze relative non solo alla sfera relazionale, ma anche e soprattutto allo sviluppo cognitivo-psicologico-fisiologico di genitori e figli.
I risultati ottenuti, oggetto della pubblicazione, confermano l’importanza del contatto materno.
I 73 neonati sottoposti a KC, hanno presentato un netto miglioramento delle funzioni fisiologiche essenziali (ad esempio la respirazione) nelle prime settimane di vita e, successivamente, hanno evidenziato una maggiore capacità di adattamento, rispondendo ottimamente al distacco dalla madre.
Tra i 6 e i 10 anni, inoltre, gli effetti del KC raggiungono il loro apice: il bambino risulta autonomo, resistente allo stress, capace di regolare il ritmo del sonno e con un migliore sviluppo cognitivo.
Parallelamente, anche le madri del gruppo campione, hanno goduto di una migliore reazione allo stress del periodo post-gravidanza, registrando una forte diminuzione degli stati ansiosi materni e riuscendo ad instaurare nei primi anni di vita del bambino, una relazione genitoriale più equilibrata e proficua.
Oltre a confermare la bontà del KC come pratica di accudimento in tutti i casi di neonatalità, lo studio mette luce anche i veri e propri effetti terapeutici sui prematuri, dando lustro scientifico ad una pratica, il contatto madre-figlio, forse troppo presto abbandonata dai moderni approcci pedagogici.
Fonte
Maternal-preterm skin-to-skin contact enhances child physiologic organization and cognitive control across the first 10 years of life.
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