Durante la gravidanza dovrete sottoporvi ad una serie di esami diagnostici per verificare i vostro stato di salute e quello bambino, inclusa appunto la Villocentesi.
Nessuno di questi esami è di fatto obbligatorio, ma alcuni, come ad esempio il prelievo del sangue per controllare glicemia e sideremia, sono oggi fortemente consigliati, tanto che alcuni, almeno in Italia, sono passati dal Sistema Sanitario Nazionale.
Esistono poi alcuni esami che sono ritenuti di tipo invasivo, in quanto richiedono la necessità di prelevare un piccolo campione di cellule all’interno dell’utero della mamma.
Uno di questi è la villocentesi, o prelievo dei villi coriali, test prenatale il cui obiettivo è quello di diagnosticare anomalie cromosomiche associate a malattie genetiche più o meno gravi.
Il nome deriva da “villi coriali”, piccole sporgenze che si trovano sulla placenta, organo deputato a garantire il corretto afflusso di sangue dalla madre al feto, da cui il medico preleva un ridottissimo gruppo di cellule per poterle poi analizzare in laboratorio.
A differenza dell’amniocentesi, altro esame invasivo che serve ad escludere la presenza di anomalie cromosomiche nel bambino, ciò che si preleva non è il liquido amniotico, ma una piccola porzione di tessuto placentare.
Il vantaggio principale per cui molte donne fra villocentesi o amniocentesi scelgono la prima è che essa può essere fatta intorno le 10/13 settimane di gravidanza, senza dover aspettare le 16 settimane previste invece per il prelievo di liquido amniotico.
Scopriamo ora a cosa serve, come viene effettuato e quali sono le future mamme che dovrebbero almeno prendere in considerazione di fare questo test.
Parleremo anche di quali rischi comporta la villocentesi e come fare a ridurli attuando alcune precauzioni.
Quali malattie è possibile diagnosticare con la Villocentesi?
La villocentesi è in grado di identificare le stesse anomalie genetiche che vengono riscontrate con l’amniocentesi, vale a dire:
- Quasi tutte le anomalie cromosomiche, tra cui la sindrome di Down , la trisomia 13, la trisomia 18 e le anomalie a carico dei cromosomi sessuali come la sindrome di Turner (nello specifico, il test può diagnosticare queste condizioni ma non può misurare la loro gravità).
- Diverse centinaia di malattie genetiche, come la fibrosi cistica, l’anemia falciforme e la malattia di Tay-Sachs (di norma il test non prevede di effettuare un’indagine completa su queste anomalie, ma se il vostro bambino per la vostra storia familiare è a rischio di uno questi disturbi,è possibile chiedere al medico di includerlo nell’indagine).
Diversamente dall’amniocentesi, il prelievo dei villi coriali non è in grado di rilevare i difetti del tubo neurale, come ad esempio la spina bifida. In tal caso quindi potrebbe esservi proposto di effettuare un test di screening con prelievo del sangue nel secondo trimestre al fine di determinare la presenza di un aumentato rischio per tutte le patologie associate a difetti del tubo neurale.
Quali sono le future mamme che dovrebbero prendere in seria considerazione di effettuare la Villocentesi?
Nessun esame diagnostico, meno che mai quelli di tipo invasivo, viene di fatto imposto durante i 9 mesi di gestazione, ma è sempre la futura mamma, in accordo col proprio compagno, a decidere se sottoporsi o meno alle indagini consigliate.
Di fatto nessun medico può imporvi di effettuare alcun tipo di test, ma sarete sempre voi a decidere cosa è meglio per voi e per il vostro bambino.
Detto questo però occorre sottolineare che esistono alcune categorie di gestanti cui i ginecologi possono consigliare di effettuare un esame di tipo invasivo come la villocentesi.
Ovviamente, se ad un certo punto della gravidanza (solitamente intorno al secondo/terzo mese), vi venisse consigliato di effettuare il prelievo dei villi coriali, questo non significa che il medico sospetti che vostro figlio possa avere una malattia genetica.
Il più delle volte infatti si tratta solo di una richiesta di approfondimento a test di screening precedenti, come ad esempio l’esame della traslucenza nucale o la misurazione dell’osso nasale, due indagini di tipo non invasivo i cui risultati possono dare un’indicazione di aumentato rischio per la sindrome di Down o altra malattia cromosomica.
Siate dunque serene e affrontate un’eventuale situazione di questo tipo nel modo più tranquillo e naturale possibile.
Anche la presenza nella storia familiare di entrambi i genitori di una malattia genetica recessiva come la fibrosi cistica o l’anemia falciforme, oppure l’aver avuto in precedenza un figlio con anomalia genetica, potrebbero essere fattori che indicano un rischio elevato di incorrere in malattie cromosomiche da parte del vostro bambino.
Infine, le statistiche riportano un aumentato rischio di incorrere in anomalie cromosomiche per i figli nati da madri in età più avanzata: per intendersi, una donna di 25 anni ha 1 probabilità su 1200 di partorire un neonato affetto da sindrome di Down, mentre una di 40 ha una probabilità su 100.
Tutti i ginecologi suggeriscono quindi alle gestanti che hanno superato i 36 anni di età di sottoporsi a villocentesi o altro esame invasivo indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio.
Le donne cui invece di solito viene sconsigliato dal proprio medico di sottoporsi a questo tipo di esame, optando eventualmente per altri, sono quelle che hanno avuto o hanno emorragia vaginale, sono affette ad un’infezione a carico dell’apparato riproduttivo oppure sono in attesa di 2 o più gemelli.
Nei primi 2 casi il test potrebbe infatti comportare dei rischi per il proseguimento della gravidanza, mentre nel terzo il prelievo dei villi coriali si rivela inefficace in quanto, in caso di esito positivo, potrebbe non essere possibile individuare quale dei feti ha sviluppato l’anomalia.
Come si effettua il test?
La villocentesi può essere eseguita solo da un ginecologo munito di un apparecchio ecografico.
Prima di procedere al prelievo, verrete infatti sottoposte ad un’ecografia per vedere se il bambino sta bene e la placenta funziona correttamente.
Con l’ecografia, il medico rileva anche qual è il punto di accesso migliore alla placenta, decidendo se effettuare il prelievo dalla placenta anteriore o dalla placenta posteriore, cioè se dalla parte della cervice (test trans-cervicale) o del’addome (test trans-addominale).
La procedura trans-cervicale viene eseguita inserendo un tubo di plastica sottile attraverso la vagina e la cervice per raggiungere la placenta.
Tutte le varie fasi del test sono monitorate con l’ecografia ad ultrasuoni al fine di portare il tubo nella zona migliore per la rimozione di un piccolo campione di tessuto placentare.
La procedura trans-addominale, esattamente come l’amniocentesi, viene eseguita inserendo un ago attraverso l’addome allo scopo di raggiungere prima l’utero poi la placenta.
Gli ultrasuoni sono utilizzati per guidare l’ago, dopodiché una piccola quantità di tessuto verrà aspirato dalla siringa.
Se il medico decide di passare attraverso la cervice, vagina e cervice vengono prima pulite con un antisettico, per evitare il passaggio di batteri nell’utero. Invece, passando attraverso l’addome, è probabile che il ginecologo utilizzi un po’ di anestetico locale prima di inserire l’ago attraverso i muscoli e la pelle.
Entrambe le procedure comportano ovviamente dei rischi, anche se alcuni dati evidenziano tassi di aborto spontaneo leggermente superiori quando il test viene effettuato per via cervicale.
Infine, se il vostro sangue fosse Rh-negativo e quello del padre positivo, avrete bisogno di fare un’iniezione di immunoglobuline subito dopo il prelievo, perché il sangue del bambino potrebbe essersi in parte mescolato al vostro durante la procedura.
Quali sono i rischi concreti cui si può andar incontro facendo questo test
Anche se adottando le precauzioni di comportamento descritte sopra, il rischio di incorrere in complicazioni è davvero molto basso, esistono tuttavia alcuni pericoli legati alla villocentesi.
Pur non potendo stimare esattamente il dato (alcuni parlano di una donna su 100, altri 2 donne su 100) esiste la possibilità che una gestante possa incorrere in aborto spontaneonei giorni o nelle settimane successive al prelievo.
Alcuni medici però non sono d’accordo su questo tipo di affermazioni in quanto ritengono che in verità nelle loro pazienti l’interruzione di gravidanza non si sia verificata come conseguenza della villocentesi ma per altre cause, soprattutto se il test è stato eseguito correttamente e monitorando tutta la procedura con il rilievo ecografico.
Anche la tesi che la villocentesi presenti un rischio di aborto superiore all’amniocentesi non è da tutti condivisa, in quanto avvenendo in un’epoca della gestazione in cui il numero di aborti è di norma più frequente (vale a dire prima del secondo trimestre) è assai probabile che di fatto non sussista un aumentato rischio di aborto del primo rispetto al secondo esame.
Oggi la maggior parte dei medici sono concordi nel dire che il grado di rischio di tutti i test invasivi in gravidanza dipende più dall’abilità e dall’esperienza del medico nell’eseguire la procedura, piuttosto che da tutti gli altri fattori.
Fra i test invasivi come fare a scegliere fra villocentesi o amniocentesi
I test che permettono di conoscere il cariotipo del nascituro sono due: villocentesi o amniocentesi.
Dato che è del tutto inutile effettuarle entrambe, a meno che la villocentesi non dia un esito poco chiaro per via del mosaicismo cellulare, sarete probabilmente chiamate a scegliere fra le due qualora il medico ritenesse opportuno procedere per un’indagine diagnostica di tipo invasivo.
Ora, dato che di fatto entrambi i test possono consentire di individuare alcune delle più gravi malattie genetiche riconosciute, ad eccezione dei difetti del tubo neurale, riscontrabili solo con l’amniocentesi, i fattori che dovrete tenere in considerazione sono:
- il periodo della gestazione in cui è possibile effettuare il test;
- i rischi connessi ad entrambi i due tipi di indagine.
A favore della villocentesi, c’è il fatto che essa può essere effettuata in un periodo della gestazione piuttosto precoce (tra 10 e 13 settimane di gravidanza) per cui, qualora dovessero essere riscontrati dei problemi, sarete ancora in tempo per fare ulteriori indagini o interrompere la gravidanza entro il primo trimestre.
Dato che però oggi molte donne danno la preferenza ad indagini di tipo non invasivo (fra cui il Bitest o il Tritest abbinati al prelievo del sangue per la rilevazione delle alfa- fetoproteine e alla misurazione della traslucenza nucale), valori incongruenti o poco confortanti di questi test potrebbero spingere la donna ad effettuare solo successivamente un esame invasivo, quando ormai l’unica opzione possibile è appunto quella dell’amniocentesi.
A sfavore del prelievo dei villi coriali, e a favore quindi dell’amniocentesi, il fatto che questo secondo esame presenterebbe un tasso di aborto leggermente inferiore rispetto al primo.
Non tutti i medici però sono d’accordo, in quanto il dato sarebbe secondo loro falsato dal fatto che la maggior parte delle interruzioni spontanee avvengono nel primo trimestre, tanto che almeno fino ad ora non ci sarebbero dati concreti che confermano un aumentato rischio di morte intrauterina e rottura delle membrane in donne che hanno effettuato la villocentesi rispetto a quelle che invece non l’hanno fatta.
Fonte https://www.goodbabyfood.it/villocentesi-1116
Nessun commento:
Posta un commento