Conobbi mio marito quando avevo 17 anni. Era agosto del 2010: ci fidanzammo, ma mio padre non mi faceva uscire. Quest'ultimo infatti era molto all'antica, così scegliemmo di fidanzarci in casa. Dunque, il 19 dicembre 2010 ufficializzammo il fidanzamento.
Da quel giorno andò tutto bene, io e il mio fidanzato ci vedevamo ogni giorno e stavamo sempre insieme. Dopo qualche mese mio padre sospettò che anche il mio ragazzo come me fosse portatore sano di talassemia.
Lo convinse a fare gli esami specifici. Quel che sospettava mio padre fu subito realtà. I dottori ci dissero che, se volevamo continuare a stare insieme, quando avremmo deciso di avere un figlio, ci sarebbero state delle difficoltà ed eventuali problemi. Infatti, se i genitori sono portatori di talassemia, esiste una grande possibilità che i figli vengano talassemici.
I medici ci dissero che i nostri eventuali figli avrebbero avuto sempre bisogno di trasfusioni, che avrebbero potuto vivere a lungo o morire subito e che non avrebbero portato avanti una vita completamente sana, facendo sport o altro.
All'inizio questo ci spaventò molto. Io addirittura pensai di lasciarlo. Lui aveva paura, ma lo faceva stare male di più una interruzione del nostro fidanzamento. I nostri genitori ci lasciarono liberi di riflettere e di decidere cosa era giusto per noi.
Dopo giorni di riflessione da parte di entrambi, decidemmo di continuare a stare insieme perché l'amore era più forte del desiderio del figlio in quel momento. I giorni passavano, ma noi non pensavamo a questo problema e quando qualcuno ci chiedeva se una volta sposati avremmo avuto figli, noi rispondevamo che stavamo bene così.
Finché iniziarono dei piccoli problemi tra me e la mia famiglia: stare con loro nella stessa casa era diventato pesante, i miei litigano in continuazione ed io evitavo ogni giorno che il mio ragazzo venisse da me per non farlo assistere a scene sgradevoli.
Cosi una domenica di giugno chiesi a lui di scappare insieme e lui mi disse di sì, anche se mi disse che i suoi non meritavano questo gesto. Così scegliemmo di andare a vivere insieme: all'inizio litigammo ancora con i miei per questa nostra decisione, poi per fortuna tutto andò per il meglio. Raggiungemmo la pace con i suoi e con i miei.
La nostra casetta era perfetta, non ci mancava nulla... ma con il passare del tempo ad entrambi venne una grande voglia di diventare genitori. Sapevamo bene cosa poteva accadere, quindi non rischiavamo. Pensavamo che non avremmo potuto mettere in pericolo la vita di nostro figlio prima ancora della sua nascita.
Così passarono gli anni. Eravamo soli ed entrambi avevamo voglia di un figlio. Questo desiderio aumentava ogni giorno di più e nascondevamo a tutti, soprattutto ad amici e parenti, la verità. Se qualcuno chiedeva, noi rispondevano con la solita bugia: "Stiamo bene così, siamo liberi!"
Ma il cuore piangeva e vedere gli altri con il pancione o con i passeggini era come una pugnalata dritta al cuore. Dopo tre anni di convivenza, dopo tre anni di ricerche su Internet per saperne di più e dopo tanti colloqui con i medici, mi tranquillizzai.
Alcuni dottori ci dissero che era vero che potevano venire figli talassemici, ma che c'era una possibilità del 25% che fossero talassemici, un 25% che venissero sani e un 50 % che fossero portatori sani.
Così io e mio marito eravamo felici, ma avevamo sempre molta paura che il bimbo potesse nascere con gravi problemi. Ma provammo ad avere un figlio e al primo tentativo il test di gravidanza fu positivo. Che gioia! Eravamo tutti contenti: i nonni e gli zii soprattutto.
Appena cominciai le visite dovetti fare la villocentesi per capire se il bambino era sano o talassemico. Trascorsi mesi da schifo prima di quell'esame: sognavo un bambino che mi diceva: "Mamma se sono malato mi tieni lo stesso?"
Feci questo sogno per un mese di fila e non trovavo una risposta, pensavo: "Se lo tengo soffrirà per via di quelle trasfusioni, se non lo tengo lo ammazzo ed io non voglio farlo". Stavo male e pensavo che ero stata egoista a realizzare il desiderio di un figlio senza pensare alle conseguenze.
Finalmente l'esito: mio figlio era portatore come me e come il papà! Eravamo felicissimi, l'incubo era finito e io potevo vivere la gravidanza in massima serenità. Rimasi a riposo per una settimana per via della villocentesi, poi andò tutto bene.
Non ebbi vomito o giramenti di testa. Procedette tutto bene, il pancione cresceva giorno dopo giorno e a me piaceva fotografarlo. Poi un giorno di nuovo l'incubo: sentii al telegiornale che ad una signora avevano sbagliato l'esito di un esame e io, fino al parto, ebbi il pensiero che anche a me avevano potuto sbagliare l'esito.
Nel mese di febbraio del 2015 ha partorito Mirko, la gioia della mia vita! Lui sta veramente bene e adesso siamo completi e felici!
di Valentina
Da quel giorno andò tutto bene, io e il mio fidanzato ci vedevamo ogni giorno e stavamo sempre insieme. Dopo qualche mese mio padre sospettò che anche il mio ragazzo come me fosse portatore sano di talassemia.
Lo convinse a fare gli esami specifici. Quel che sospettava mio padre fu subito realtà. I dottori ci dissero che, se volevamo continuare a stare insieme, quando avremmo deciso di avere un figlio, ci sarebbero state delle difficoltà ed eventuali problemi. Infatti, se i genitori sono portatori di talassemia, esiste una grande possibilità che i figli vengano talassemici.
I medici ci dissero che i nostri eventuali figli avrebbero avuto sempre bisogno di trasfusioni, che avrebbero potuto vivere a lungo o morire subito e che non avrebbero portato avanti una vita completamente sana, facendo sport o altro.
All'inizio questo ci spaventò molto. Io addirittura pensai di lasciarlo. Lui aveva paura, ma lo faceva stare male di più una interruzione del nostro fidanzamento. I nostri genitori ci lasciarono liberi di riflettere e di decidere cosa era giusto per noi.
Dopo giorni di riflessione da parte di entrambi, decidemmo di continuare a stare insieme perché l'amore era più forte del desiderio del figlio in quel momento. I giorni passavano, ma noi non pensavamo a questo problema e quando qualcuno ci chiedeva se una volta sposati avremmo avuto figli, noi rispondevamo che stavamo bene così.
Finché iniziarono dei piccoli problemi tra me e la mia famiglia: stare con loro nella stessa casa era diventato pesante, i miei litigano in continuazione ed io evitavo ogni giorno che il mio ragazzo venisse da me per non farlo assistere a scene sgradevoli.
Cosi una domenica di giugno chiesi a lui di scappare insieme e lui mi disse di sì, anche se mi disse che i suoi non meritavano questo gesto. Così scegliemmo di andare a vivere insieme: all'inizio litigammo ancora con i miei per questa nostra decisione, poi per fortuna tutto andò per il meglio. Raggiungemmo la pace con i suoi e con i miei.
La nostra casetta era perfetta, non ci mancava nulla... ma con il passare del tempo ad entrambi venne una grande voglia di diventare genitori. Sapevamo bene cosa poteva accadere, quindi non rischiavamo. Pensavamo che non avremmo potuto mettere in pericolo la vita di nostro figlio prima ancora della sua nascita.
Così passarono gli anni. Eravamo soli ed entrambi avevamo voglia di un figlio. Questo desiderio aumentava ogni giorno di più e nascondevamo a tutti, soprattutto ad amici e parenti, la verità. Se qualcuno chiedeva, noi rispondevano con la solita bugia: "Stiamo bene così, siamo liberi!"
Ma il cuore piangeva e vedere gli altri con il pancione o con i passeggini era come una pugnalata dritta al cuore. Dopo tre anni di convivenza, dopo tre anni di ricerche su Internet per saperne di più e dopo tanti colloqui con i medici, mi tranquillizzai.
Alcuni dottori ci dissero che era vero che potevano venire figli talassemici, ma che c'era una possibilità del 25% che fossero talassemici, un 25% che venissero sani e un 50 % che fossero portatori sani.
Così io e mio marito eravamo felici, ma avevamo sempre molta paura che il bimbo potesse nascere con gravi problemi. Ma provammo ad avere un figlio e al primo tentativo il test di gravidanza fu positivo. Che gioia! Eravamo tutti contenti: i nonni e gli zii soprattutto.
Appena cominciai le visite dovetti fare la villocentesi per capire se il bambino era sano o talassemico. Trascorsi mesi da schifo prima di quell'esame: sognavo un bambino che mi diceva: "Mamma se sono malato mi tieni lo stesso?"
Feci questo sogno per un mese di fila e non trovavo una risposta, pensavo: "Se lo tengo soffrirà per via di quelle trasfusioni, se non lo tengo lo ammazzo ed io non voglio farlo". Stavo male e pensavo che ero stata egoista a realizzare il desiderio di un figlio senza pensare alle conseguenze.
Finalmente l'esito: mio figlio era portatore come me e come il papà! Eravamo felicissimi, l'incubo era finito e io potevo vivere la gravidanza in massima serenità. Rimasi a riposo per una settimana per via della villocentesi, poi andò tutto bene.
Non ebbi vomito o giramenti di testa. Procedette tutto bene, il pancione cresceva giorno dopo giorno e a me piaceva fotografarlo. Poi un giorno di nuovo l'incubo: sentii al telegiornale che ad una signora avevano sbagliato l'esito di un esame e io, fino al parto, ebbi il pensiero che anche a me avevano potuto sbagliare l'esito.
Nel mese di febbraio del 2015 ha partorito Mirko, la gioia della mia vita! Lui sta veramente bene e adesso siamo completi e felici!
di Valentina
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