L’introduzione di alimenti diversi dal latte materno deve essere a richiesta e guidata dal desiderio del bambino di assaggiare alimenti nuovi, con consistenze e forme differenti.
Perché ciò avvenga, è importante che il bambino possa avere libero accesso al cibo, che veda i membri della sua famiglia mangiare insieme.
Inoltre è proprio a partire dai sei mesi di vita che il neonato acquista le capacità necessarie ad introdurre alimenti complementari al latte materno: è in grado di rimanere seduto se sostenuto, l’apparato gastro-intestinale è giunto a maturazione, il sistema immunitario è attivo, perde il riflesso di protrusione della lingua e inizia ad interessarsi all’ambiente esterno esplorandolo grazie alle nuove competenze motorie.
Molte mamme si chiedono quali siano gli alimenti con cui iniziare l’alimentazione complementare, se si rischiano allergie e quali sono le quantità giuste.
La risposta a queste domande dipende sostanzialmente dal bambino.
Non ci sono alimenti vietati tra quelli notoriamente salutari, occorre ricordare che il bambino allattato al seno, ha già sperimentato tutti i sapori presenti nella dieta della mamma.
La consistenza del cibo dovrà variare in base alle capacità del singolo, è giusto iniziare con alimenti tritati o sminuzzati, per poi passare a cibi masticabili.
Ogni bambino è in grado di regolare il suo appetito, pertanto è necessario evitare di insistere se il piccolo rifiuta di terminare il suo pasto.
Esistono in commercio centinaia di preparazioni per i neonati, tuttavia spesso gli omogeneizzati contengono elevate quantità di sali, aromi e sostanze conservanti e non esistono evidenze scientifiche che indichino che le pappe pronte siano migliori del cibo preparato a casa, anzi, purtroppo la cronaca ci racconta di adulterazioni industriali avvenute a più riprese (leggasi le inchieste di Guariniello).
Si consiglia pertanto di offrire al piccolo gli stessi alimenti che cuciniamo per il pasto della famiglia, adattandone semplicemente quantità e consistenza con la debita accortezza di utilizzare solo cibi salutari.
In merito alla necessità di continuare l’allattamento fino ai due anni di vita del bambino, Lawrence nel 1989 affermava che per i mammiferi primati, l’allattamento al seno cessa quando il cucciolo ha triplicato il peso e ciò per l’essere umano corrisponde al compimento dei due anni di vita.
Studi analoghi addirittura ritengono che l’allattamento debba cessare quando il cucciolo ha raggiunto un terzo del peso da adulto (intorno ai 4 anni).
Mary Ainsworth, ricercatrice sull’infanzia, ritiene che l’allattamento prolungato fortifichi la coscienza di sé e che renda meno difficoltoso l’inserimento nell’ambiente scolastico rispetto al bambino che è stato allattato solo per brevi periodi.
Secondo la studiosa, l’allattamento al seno per il neonato assume con il tempo diversi significati:
inizialmente è imparare a succhiare per nutrirsi, poi è semplice bisogno di nutrimento, in un terzo momento diventa vera e propria interazione con la madre.
La società attuale, in cui domina l’idea della donna in carriera non neonato-dipendente e del bambino velocemente autonomo, giudica negativamente le mamme che scelgono l’allattamento al seno, o che lo portano al termine spontaneo.
E’ importante non farsi influenzare dal pregiudizio sociale, il latte materno è l’alimento migliore per la salute del bambino durante tutta l’infanzia, garantisce nutrienti essenziali e fattori protettivi, inoltre è stato dimostrato che allattare al seno riduce l’incidenza di tumori mammari e per il piccolo è trasfusione continua di cellule staminali.
Per tutti questi motivi l’autorevole Leche League, l’OMS, le associazioni pediatriche e la Federazione Nazionale dei Collegi di Ostetriche, sostengono l’introduzione di alimenti complementari al latte materno a richiesta, da effettuarsi con gradualità e facendosi guidare dall’intuito, aspettando che sia il neonato a decidere i tempi.
Perché ciò avvenga, è importante che il bambino possa avere libero accesso al cibo, che veda i membri della sua famiglia mangiare insieme.
Inoltre è proprio a partire dai sei mesi di vita che il neonato acquista le capacità necessarie ad introdurre alimenti complementari al latte materno: è in grado di rimanere seduto se sostenuto, l’apparato gastro-intestinale è giunto a maturazione, il sistema immunitario è attivo, perde il riflesso di protrusione della lingua e inizia ad interessarsi all’ambiente esterno esplorandolo grazie alle nuove competenze motorie.
Molte mamme si chiedono quali siano gli alimenti con cui iniziare l’alimentazione complementare, se si rischiano allergie e quali sono le quantità giuste.
La risposta a queste domande dipende sostanzialmente dal bambino.
Non ci sono alimenti vietati tra quelli notoriamente salutari, occorre ricordare che il bambino allattato al seno, ha già sperimentato tutti i sapori presenti nella dieta della mamma.
La consistenza del cibo dovrà variare in base alle capacità del singolo, è giusto iniziare con alimenti tritati o sminuzzati, per poi passare a cibi masticabili.
Ogni bambino è in grado di regolare il suo appetito, pertanto è necessario evitare di insistere se il piccolo rifiuta di terminare il suo pasto.
Esistono in commercio centinaia di preparazioni per i neonati, tuttavia spesso gli omogeneizzati contengono elevate quantità di sali, aromi e sostanze conservanti e non esistono evidenze scientifiche che indichino che le pappe pronte siano migliori del cibo preparato a casa, anzi, purtroppo la cronaca ci racconta di adulterazioni industriali avvenute a più riprese (leggasi le inchieste di Guariniello).
Si consiglia pertanto di offrire al piccolo gli stessi alimenti che cuciniamo per il pasto della famiglia, adattandone semplicemente quantità e consistenza con la debita accortezza di utilizzare solo cibi salutari.
In merito alla necessità di continuare l’allattamento fino ai due anni di vita del bambino, Lawrence nel 1989 affermava che per i mammiferi primati, l’allattamento al seno cessa quando il cucciolo ha triplicato il peso e ciò per l’essere umano corrisponde al compimento dei due anni di vita.
Studi analoghi addirittura ritengono che l’allattamento debba cessare quando il cucciolo ha raggiunto un terzo del peso da adulto (intorno ai 4 anni).
Mary Ainsworth, ricercatrice sull’infanzia, ritiene che l’allattamento prolungato fortifichi la coscienza di sé e che renda meno difficoltoso l’inserimento nell’ambiente scolastico rispetto al bambino che è stato allattato solo per brevi periodi.
Secondo la studiosa, l’allattamento al seno per il neonato assume con il tempo diversi significati:
inizialmente è imparare a succhiare per nutrirsi, poi è semplice bisogno di nutrimento, in un terzo momento diventa vera e propria interazione con la madre.
La società attuale, in cui domina l’idea della donna in carriera non neonato-dipendente e del bambino velocemente autonomo, giudica negativamente le mamme che scelgono l’allattamento al seno, o che lo portano al termine spontaneo.
E’ importante non farsi influenzare dal pregiudizio sociale, il latte materno è l’alimento migliore per la salute del bambino durante tutta l’infanzia, garantisce nutrienti essenziali e fattori protettivi, inoltre è stato dimostrato che allattare al seno riduce l’incidenza di tumori mammari e per il piccolo è trasfusione continua di cellule staminali.
Per tutti questi motivi l’autorevole Leche League, l’OMS, le associazioni pediatriche e la Federazione Nazionale dei Collegi di Ostetriche, sostengono l’introduzione di alimenti complementari al latte materno a richiesta, da effettuarsi con gradualità e facendosi guidare dall’intuito, aspettando che sia il neonato a decidere i tempi.
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