“Quando entrambi i genitori sono portatori sani della medesima malattia genetica recessiva, c’è il 25% delle possibilità di trasmettere la malattia al nascituro”, premette la genetista Giuditta Filippini, che con la ginecologa Marina Bellavia del centro ProCrea di Lugano ha seguito la coppia. “In questo specifico caso, i genitori sono risultati entrambi portatori sani della malattia di Gaucher: una malattia ad accumulo lisosomiale di origine genetica che provoca danni a carico di molti organi e al sistema nervoso”.
Il cammino di Lisa e Claudio è iniziato nel maggio 2013 con l’annuncio dellaprima gravidanza. “Alla 23esima settimana però la magia è scomparsa”, raccontano. “La bambina che aspettavamo era gravemente malata e non sarebbe potuta arrivare al termine della gravidanza. Per evitare pericolose complicanze, l’unica soluzione era l’interruzione. Abbiamo accettato ciò che la natura ci ha offerto, ma abbiamo voluto sapere. L’autopsia e, in seguito, l’analisi genetica hanno rivelato la presenza della malattia di Gaucher, così abbiamo scoperto di esserne portatori sani. È un fatto che succede ad una coppia su centomila; noi siamo quella coppia. Ci siamo fatti forza, uniti nel nostro amore e, desiderosi di diventare mamma e papà, ci abbiamo riprovato”.
La seconda gravidanza è arrivata all’inizio del 2015. Le speranze però sono durate poco: la villocentesi fatta alla 13esima settimana ha rivelato che la piccola era nuovamente affetta dalla malattia di Gaucher. “Ci è crollato il mondo addosso”, ricordano. Anche se “dolorosa e inumana”, l’unica soluzione è stata l’interruzione di gravidanza.
La svolta è arrivata quando il ginecologo della paziente ha indirizzato la coppia presso il centro svizzero di Lugano, in grado di eseguire l’analisi genetica preimpianto sui globuli polari.
“Parliamo di una diagnosi che ha come vantaggio quello di non andare a toccare in alcun modo l’embrione. Anzi, il globulo polare – continua la genetista Filippini – essendo un cosiddetto “prodotto di scarto”, non ha nessuna funzione e non sarà parte dell’embrione ma permette di determinare se la mutazione familiare materna è presente oppure no nell’ovocita che genererà l’embrione”.
La PGD comporta un cammino lungo e di equipe. “Partendo dalla diagnosi della malattia di Gaucher, fatta dal ginecologo della paziente – ricorda Filippini -, con gli specialisti del Centro è stata avviata una terapia di procreazione assistita che ci ha permesso di recuperare gli ovociti da analizzare. La biopsia dei globuli polari e la loro successiva analisi genetica ha permesso di stabilire quali ovociti fecondati potessero essere impiantati nell’utero della paziente, senza rischiare di trasmettere la malattia”.
Il lavoro più grande però è stato fatto da Lisa e Claudio, che, malgrado un percorso difficile e molto doloroso, non si sono mai arresi. Per loro infatti, si è trattato di “tornare a sperare, tornare ad essere “persone normali” con la capacità di dare vita a delle bellissime creature”, concludono.
Ora stringono con gioia tra le braccia Tommaso, un bambino desiderato, voluto e soprattutto sano.
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