Resta ancora alto il numero di tagli cesarei eseguiti in Italia al primo parto di una donna: il 25,7% di tutti i parti nel 2014. Inoltre, è alto anche il numero di punti nascita con meno di 500 parti l'anno, la soglia minima indicata dal Ministero della salute per avere garanzie di un'adeguata assistenza perinatale: nel 2014 erano 123, lasciando fuori dal conteggio le strutture con addirittura meno di 10 parti l'anno.
Sono i dati dell'ultimo Piano nazionale esiti, un programma di valutazione sull'efficacia, la sicurezza e la qualità delle cure fornite nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, presentati il 17 novembre 2015 da Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
Numero di parti all'anno per punto nascita Quando si tratta di parti, in genere "più è meglio", nel senso che le strutture nelle quali avviene almeno un certo numero di parti sono di norma quelle più adatte a garantire un'adeguata assistenza perinatale e meglio attrezzate per far fronte a eventuali emergenze.
Come riporta il Piano nazionale esiti, "le evidenze scientifiche sull’associazione tra volumi di parti ed esiti di salute materno-infantile mostrano un'associazione tra bassi volumi ed esiti negativi per i bambini di basso peso alla nascita". In altre parole, se i parti sono pochi, c'è un rischio più elevato di complicazioni anche gravi per bambini di basso peso alla nascita. Questo perché la struttura nella quale avvengono pochi parti in genere non ha una terapia intensiva neonatale, nella quale potrebbe essere necessario ricoverare neonati in condizioni critiche.
Proprio per questo motivo, già un accordo Stato-Regioni del 2010 prevedeva la chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti all'anno. Eppure, di punti nascita con queste caratteristiche ce ne sono ancora molti nel nostro paese. Per la precisione 123, distribuiti un po' in tutta Italia. Qui l'elenco elaborato da Quotidiano Sanità. Balza all'occhio che se alcuni si collocano sul filo del rasoio, con poco meno di 500 parti all'anno, altri sono decisamente lontani dagli standard minimi ministeriali, con 12 o 13 parti all'anno.
In questi punti nascita è avvenuto nel 2014 il 6% dei parti totali, oltre 34600, con il 30% di taglio cesareo primario, cioè al primo parto della donna. A indicare che se il punto nascita è sotto gli standard aumenta la probabilità di taglio cesareo.
Ancora troppi cesarei primari Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il taglio cesareo dovrebbe essere eseguito solo quando appropriato dal punto di vista medico. Si tratta infatti di un intervento in grado di salvare la vita di mamma e bambino, ma che comporta dei rischi, e quindi da evitare se non è effettivamente necessario.
In condizioni generali, in un paese con adeguata assistenza sanitaria, il numero di tagli cesarei non dovrebbe superare il 10-15% del totale, con differenze locali che possono essere giustificate in base a particolari circostanze. Probabilmente, in un ospedale di grandi dimensioni specializzato nel campo della patologia ostetrica, arriveranno più casi "a rischio", che quindi richiedono un cesareo.
Il nuovo Piano nazionale esiti fotografa una situazione in cui la frequenza dei tagli cesarei effettuati al primo parto di una donna è ancora troppo elevata, essendo pari al 25,7%. Si tratta comunque di un dato in diminuzione, considerato che nel 2010 i cesarei primari erano il 28,3%. Significa che in quattro anni è stato evitato un cesareo non appropriato a circa 32.000 donne.
Da sottolineare che esistono forti differenze regionali nel tasso dei cesarei primari, con le regioni del Nord che si collocano sotto la media del 20% e quelle del Sud che si collocano sopra (talvolta molto sopra) la media del 20%: in Campania, per esempio, si registra circa il 50% di cesarei al primo parto. Molto ampia - dal 5% al 95% - anche la variabilità tra le singole strutture.
Fonte http://www.nostrofiglio.it/news/troppi-parti-cesarei-25-7percent-e-troppi-punti-nascita-con-meno-di-500-parti-all-anno
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