Tra gli specialisti in riproduzione, l’approccio alla gravidanza è stato da sempre centrato sull’embrione. Esiste una convinzione abituale e generalizzata che l’embrione sia, in qualche modo, il principale fattore che deciderà se l’impianto avverrà o meno, mentre l’endometrio è spesso visto come un giocatore passivo. Sebbene sia vero che l’endometrio deve essere preparato adeguatamente, tradizionalmente non è stato considerato come un organo capace di selezionare attivamente quale sarà l’embrione che s’impianterà.
Un’analisi recente mette in evidenza il crescente numero di ricerche che vede l’endometrio come un attore nell’adesione e annidamento dell’embrione (Macklon e Brosens, 2014).
Gli autori riflettono sul fatto che la perdita della gravidanza peri-impianto negli esseri umani –a differenza dei mammiferi in generale, o anche in altri primati- è particolarmente alta. D’altra parte, si sta evidenziando come gli embrioni umani possiedano un alto grado di aneuploidia, come dimostrato in diversi studi sugli embrioni biopsiati. Una possibilità esplorata dagli autori è il fatto che l’aneuploidia, in certa misura, non sia nociva per l’embrione, perché certi tipi di alterazione possono dare un vantaggio selettivo per l’embrione nella sua relazione con l’ambiente uterino, in comparazione con un embrione “perfetto”.
L’endometrio umano si decidualizza a causa di segnali di tipo endocrino, e non di segnali dell’embrione. Di fatto, la decidualizzazione ha luogo mensilmente durante la fase luteale del ciclo, indipendentemente dal fatto che la fertilizzazione si sia prodotta. Se si crea un embrione e questi inizia a produrre beta HCG, allora la gravidanza si manterrà attraverso il segnale di beta HCG all’ovaio, che a sua volta produrrà più progesterone e permetterà la continuazione della gravidanza. Come conseguenza, le cellule deciduali sono programmate per reagire contro gli embrioni che non producono sufficiente beta HCG. Ciò è molto importante, perché dal punto di vista evolutivo, se una gravidanza non è viabile, quanto prima si interrompe, meglio è.
Contrariamente a quello che i ricercatori avevano predetto, si è dimostrato che la decidua risponde con molta forza alla presenza di embrioni non competenti, cambiando la sua espressione genica e soprattutto diminuendo la produzione di IL-1b, HB-EGF, e altri fattori pro-impianto.
D’altra parte, la presenza nella decidua di un embrione con sviluppo normale non provoca nessuna sovraregolazione pro-impiantatoria specifica, cosa che indica che l’endometrio è più capace di scartare embrioni non viabili che di selezionare quelli specificatamente buoni.
Questi risultati furono raccolti da esperimenti in vitro, e si confermarono in parte dalla ricerca in vivo negli uteri di topi, dove i media di coltura condizionati da embrioni non viabili provocarono una risposta di espressione genica più considerevole rispetto a media di coltura condizionati dagli embrioni viabili. D’altra parte, gli embrioni viabili causarono cambiamenti minori ma specifici nel trascrittoma endometriale, provocando l’espressione di un ambiente intrauterino di appoggio.
È interessante pensare che, mentre un embrione non viabile attiverà un meccanismo di selezione negativo nell’utero, uno viabile avrà appoggio uterino. Per far ciò, l’embrione viabile non dovrebbe essere completamente “silenzioso”, metabolicamente parlando, e un piccolo grado di aneuploidia in questo caso sarà utile, poiché il mosaicismo permetterà che un embrione più “rumoroso” sia “ascoltato” dalla decidua.
Com’è solito avvenire nella ricerca basica, saranno necessari maggiori studi per comprendere completamente il grado di alterazione che sarebbe utile per un embrione, e per cambiare le nostre convinzioni così radicate. In ogni caso, la possibilità è davvero affascinante.
Nessun commento:
Posta un commento