Se oggi è un po’ sorpassata – ma non del tutto – l’idea che lo scopo di un matrimonio (o di qualsiasi altro modo di stare in coppia) sia quello di mettere al mondo dei figli, se non altro per accedere a una sorta di immortalità surrogata, assicurarsi una discendenza è da sempre un problema che assilla le dinastie reali, ma anche le grandi famiglie della nobiltà, con titoli e beni da trasmettere agli eredi.
Nel medioevo il problema della successione era di fondamentale importanza, e generare figli legittimi, possibilmente maschi, era un dovere al quale nessuno poteva sottrarsi.
Le coppie che non potevano avere figli dovevano cercare in ogni modo una soluzione al problema, perché l’infertilità non era una causa sufficiente all’annullamento del matrimonio, secondo le regole della chiesa dell’epoca (Enrico VIII d’Inghilterra insegna).
Per sfatare un mito sulla presunta ignoranza diffusa nel medioevo, occorre dire che la sterilità non era sempre attribuita alla donna, come forse è credenza comune
C’è però da aggiungere che, mentre agli uomini era consentito generare figli illegittimi anche prima del matrimonio, inconfutabile prova sia di virilità sia di fertilità, le donne di classe elevata non potevano far altro che aspettare il matrimonio (pena la perdita dell’onore) per dimostrare la loro capacità di mettere al mondo dei figli, possibilmente di genere maschile:
Come risolvere il problema di un bambino che non arrivava?
Intanto si poteva cominciare dalla preghiera, la più comune forma di richiesta d’aiuto, rivolta a chi può tutto e da tutti, a partire da sovrani e nobili e giù giù fino al più misero dei sudditi. Le donne invocavano S. Anna, patrona (ma non è l’unica) insieme al marito Gioacchino delle donne sterili.
Per inciso, la storia di Anna e Gioacchino, genitori della Vergine Maria, è emblematica: per vent’anni la coppia non riesce ad avere figli, e la colpa è attribuita proprio a Gioacchino, che subisce una pubblica umiliazione nel Tempio, per non avere dato figli a Israele.
A quel punto lui va a vivere nel deserto, e forse le sue preghiere impietosiscono l’Onnipotente o forse semplicemente è già tutto scritto: un angelo annuncia ad Anna un prossimo concepimento, e ugualmente fa con Gioacchino. Gli sposi si incontrano e si baciano, e con quell’innocente bacio (ma questa sarà un’interpretazione medioevale) sarà concepita Maria.
Se le preghiere, recitate nell’intimità della propria camera da letto, non trovavano ascolto, la donna (sola o insieme al marito) magari si risolveva ad andare in pellegrinaggio in uno dei molti santuari dedicati allo scopo. Le postulanti si portavano a casa ricordini benedetti, ma anche amuleti più profani che rappresentavano animali e uomini “selvaggi”, popolarmente associati alla lussuria.
Se, nonostante le preghiere, gli eredi non arrivavano comunque, allora si poteva fare un tentativo con la medicina.
Probabilmente si seguivano rimedi e consigli elencati nel discusso (non c’è accordo su chi l’abbia scritto) trattato Sulle malattie delle donne prima e dopo il parto, attribuito a Trotula de Ruggiero, medico dell’XI secolo che fece nascere la branca di ginecologia e ostetricia, almeno secondo chi è convinto della sua esistenza… ma questa è un’altra storia.
Il manuale, tanto per cominciare, dava molta importanza al peso corporeo di entrambi i coniugi: era chiaramente detto che la malnutrizione e l’obesità non favorivano la fertilità. Per sciogliere il grasso non era consigliato l’esercizio fisico (roba un po’ da pezzenti per l’epoca), ma piuttosto la pratica di bagni e sabbiature caldi.
Una volta raggiunta un’accettabile forma fisica, i coniugi potevano verificare, con una semplice prova, chi dei due fosse sterile.
All’urina di ciascuno di loro, raccolta separatamente, andava mescolata della crusca. Dopo una decina di giorni, quella che era più puzzolente e piena di vermi apparteneva al soggetto sterile.
Nel medioevo il problema della successione era di fondamentale importanza, e generare figli legittimi, possibilmente maschi, era un dovere al quale nessuno poteva sottrarsi.
Le coppie che non potevano avere figli dovevano cercare in ogni modo una soluzione al problema, perché l’infertilità non era una causa sufficiente all’annullamento del matrimonio, secondo le regole della chiesa dell’epoca (Enrico VIII d’Inghilterra insegna).
Per sfatare un mito sulla presunta ignoranza diffusa nel medioevo, occorre dire che la sterilità non era sempre attribuita alla donna, come forse è credenza comune
C’è però da aggiungere che, mentre agli uomini era consentito generare figli illegittimi anche prima del matrimonio, inconfutabile prova sia di virilità sia di fertilità, le donne di classe elevata non potevano far altro che aspettare il matrimonio (pena la perdita dell’onore) per dimostrare la loro capacità di mettere al mondo dei figli, possibilmente di genere maschile:
Come risolvere il problema di un bambino che non arrivava?
Intanto si poteva cominciare dalla preghiera, la più comune forma di richiesta d’aiuto, rivolta a chi può tutto e da tutti, a partire da sovrani e nobili e giù giù fino al più misero dei sudditi. Le donne invocavano S. Anna, patrona (ma non è l’unica) insieme al marito Gioacchino delle donne sterili.
Per inciso, la storia di Anna e Gioacchino, genitori della Vergine Maria, è emblematica: per vent’anni la coppia non riesce ad avere figli, e la colpa è attribuita proprio a Gioacchino, che subisce una pubblica umiliazione nel Tempio, per non avere dato figli a Israele.
A quel punto lui va a vivere nel deserto, e forse le sue preghiere impietosiscono l’Onnipotente o forse semplicemente è già tutto scritto: un angelo annuncia ad Anna un prossimo concepimento, e ugualmente fa con Gioacchino. Gli sposi si incontrano e si baciano, e con quell’innocente bacio (ma questa sarà un’interpretazione medioevale) sarà concepita Maria.
Se le preghiere, recitate nell’intimità della propria camera da letto, non trovavano ascolto, la donna (sola o insieme al marito) magari si risolveva ad andare in pellegrinaggio in uno dei molti santuari dedicati allo scopo. Le postulanti si portavano a casa ricordini benedetti, ma anche amuleti più profani che rappresentavano animali e uomini “selvaggi”, popolarmente associati alla lussuria.
Se, nonostante le preghiere, gli eredi non arrivavano comunque, allora si poteva fare un tentativo con la medicina.
Probabilmente si seguivano rimedi e consigli elencati nel discusso (non c’è accordo su chi l’abbia scritto) trattato Sulle malattie delle donne prima e dopo il parto, attribuito a Trotula de Ruggiero, medico dell’XI secolo che fece nascere la branca di ginecologia e ostetricia, almeno secondo chi è convinto della sua esistenza… ma questa è un’altra storia.
Il manuale, tanto per cominciare, dava molta importanza al peso corporeo di entrambi i coniugi: era chiaramente detto che la malnutrizione e l’obesità non favorivano la fertilità. Per sciogliere il grasso non era consigliato l’esercizio fisico (roba un po’ da pezzenti per l’epoca), ma piuttosto la pratica di bagni e sabbiature caldi.
Una volta raggiunta un’accettabile forma fisica, i coniugi potevano verificare, con una semplice prova, chi dei due fosse sterile.
All’urina di ciascuno di loro, raccolta separatamente, andava mescolata della crusca. Dopo una decina di giorni, quella che era più puzzolente e piena di vermi apparteneva al soggetto sterile.
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