I sistemi di coltura embrionale nascono attorno agli anni ‘60 e derivano dai primi studi sulla coltura cellulare in vitro. Da allora i passi che sono stati compiuti per rendere le condizioni di coltura in vitro sempre più simili a quelle in vivo, sono stati moltissimi e molto proficui.
Lo sviluppo di nuove tecnologie nell’ambito della fecondazione in vitro è costante, e i cambiamenti più importanti sono avvenuti proprio nei sistemi di coltura.Ad oggi sono stati sviluppati mezzi di coltura embrionaria che hanno una composizione che deriva dallo studio delle sostanze presenti nel liquido tubarico ed uterino, i luoghi dove avviene la fecondazione e l’impianto embrionario.
Esistono infatti gradienti di sostanze quali zuccheri e amminoacidi, che hanno importanti azioni sul metabolismo embrionario, e solo con un loro corretto e attento dosaggio nei mezzi di coltura si possono avere le condizioni ideali per lo sviluppo dell’embrione.
Lo sforzo maggiore che viene impiegato dal laboratorio per la fertilizzazione in vitro (IVF) è quello di riuscire a ridurre al massimo lo stress metabolico dei gameti/embrioni utilizzando oltre ai mezzi di coltura sopra descritti, anche sistemi per il mantenimento della temperatura e del pH delle soluzioni che vengono utilizzate in laboratorio.
Il mantenimento della temperatura è molto importante: anche un piccolo abbassamento può portare ad alterazioni molto gravose per l’architettura cellulare; basti pensare che uno scostamento di 2°C in meno rispetto ai 37°C decondensa la piastra metafasica, ovvero il sistema microtubulare che durante la fertilizzazione organizza e separa correttamente i cromosomi.
Per mantenere la temperatura controllata si utilizzano una serie di strumenti e piani termostatati che devono garantire una temperatura costante durante tutte le fasi di manipolazione dei gameti/embrioni.
All’interno del laboratorio dovranno essere stati predisposti percorsi molto attenti che possano garantire pertanto un tale mantenimento di temperatura, accorciando al massimo i tempi di esposizione all’esterno degli incubatori degli embrioni.
Considerazioni analoghe possono essere effettuate per ciò che riguarda il mantenimento del pH, ovvero dell’equilibrio elettrolitico tra il gamete/embrione e la soluzione di coltura.
Il pH è mantenuto a 7.2 (pH necessario per la coltura embrionaria) attraverso l’utilizzo di soluzioni tampone che sfruttano la capacità tamponante dello ione bicarbonato in equilibrio con la CO2 gassosa presente negli incubatori.
Anche per questo motivo la ridotta esposizione alle condizioni esterne diventa fondamentale.
Negli incubatori, ovvero gli strumenti che sono utilizzati per mantenere costanti temperatura e pH, le condizioni di coltura sono strettamente controllate, si ha una temperatura costante di 37°C ed una aumentata percentuale di CO2 che raggiunge il 5-6 %.
Inoltre gli strumenti di ultima generazione, controllano anche la percentuale di ossigeno, e la riducono dal 21% dell’aria al 5-6 %, simulando la percentuale di ossigeno presente nei tessuti.
Quest’ultimo parametro diventa fondamentale quando il laboratorio prevede di prolungare la coltura degli embrioni sino allo stadio di blastocisti.
Solo con una ridotta percentuale di ossigeno si potrà avere un buono sviluppo della blastocisti. L’ossigeno presente in percentuali superiori al 10% nella coltura cellulare, riduce le percentuali di formazione e la qualità generale delle blastocisti, in quanto esso sviluppa specie reattive (radicali liberi) che possono danneggiare il sistema cellulare.
La coltura ed il trasferimento di blastocisti associato ad un buon sistema di crioconservazione, rappresentano oggi lo stato dell’arte delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Il trasferimento di blastocisti ha permesso di aumentare le percentuali di successo di un singolo ciclo di PMA, riducendo le percentuali di gravidanze plurime con tutti i rischi ad esse connessi.
Nel trasferimento di blastocisti la tendenza è quella di trasferire un solo embrione con una elevata capacità di impianto, gli altri embrioni formatisi, vengono crioconservati attraverso la tecnica della vitrificazione, che garantisce una ampia sopravvivenza allo scongelamento, ed eventualmente utilizzati in cicli successivi se il ciclo “a fresco” non dovesse andare a buon fine.
Lo sviluppo di nuove tecnologie nell’ambito della fecondazione in vitro è costante, e i cambiamenti più importanti sono avvenuti proprio nei sistemi di coltura.Ad oggi sono stati sviluppati mezzi di coltura embrionaria che hanno una composizione che deriva dallo studio delle sostanze presenti nel liquido tubarico ed uterino, i luoghi dove avviene la fecondazione e l’impianto embrionario.
Esistono infatti gradienti di sostanze quali zuccheri e amminoacidi, che hanno importanti azioni sul metabolismo embrionario, e solo con un loro corretto e attento dosaggio nei mezzi di coltura si possono avere le condizioni ideali per lo sviluppo dell’embrione.
Lo sforzo maggiore che viene impiegato dal laboratorio per la fertilizzazione in vitro (IVF) è quello di riuscire a ridurre al massimo lo stress metabolico dei gameti/embrioni utilizzando oltre ai mezzi di coltura sopra descritti, anche sistemi per il mantenimento della temperatura e del pH delle soluzioni che vengono utilizzate in laboratorio.
Il mantenimento della temperatura è molto importante: anche un piccolo abbassamento può portare ad alterazioni molto gravose per l’architettura cellulare; basti pensare che uno scostamento di 2°C in meno rispetto ai 37°C decondensa la piastra metafasica, ovvero il sistema microtubulare che durante la fertilizzazione organizza e separa correttamente i cromosomi.
Per mantenere la temperatura controllata si utilizzano una serie di strumenti e piani termostatati che devono garantire una temperatura costante durante tutte le fasi di manipolazione dei gameti/embrioni.
All’interno del laboratorio dovranno essere stati predisposti percorsi molto attenti che possano garantire pertanto un tale mantenimento di temperatura, accorciando al massimo i tempi di esposizione all’esterno degli incubatori degli embrioni.
Considerazioni analoghe possono essere effettuate per ciò che riguarda il mantenimento del pH, ovvero dell’equilibrio elettrolitico tra il gamete/embrione e la soluzione di coltura.
Il pH è mantenuto a 7.2 (pH necessario per la coltura embrionaria) attraverso l’utilizzo di soluzioni tampone che sfruttano la capacità tamponante dello ione bicarbonato in equilibrio con la CO2 gassosa presente negli incubatori.
Anche per questo motivo la ridotta esposizione alle condizioni esterne diventa fondamentale.
Negli incubatori, ovvero gli strumenti che sono utilizzati per mantenere costanti temperatura e pH, le condizioni di coltura sono strettamente controllate, si ha una temperatura costante di 37°C ed una aumentata percentuale di CO2 che raggiunge il 5-6 %.
Inoltre gli strumenti di ultima generazione, controllano anche la percentuale di ossigeno, e la riducono dal 21% dell’aria al 5-6 %, simulando la percentuale di ossigeno presente nei tessuti.
Quest’ultimo parametro diventa fondamentale quando il laboratorio prevede di prolungare la coltura degli embrioni sino allo stadio di blastocisti.
Solo con una ridotta percentuale di ossigeno si potrà avere un buono sviluppo della blastocisti. L’ossigeno presente in percentuali superiori al 10% nella coltura cellulare, riduce le percentuali di formazione e la qualità generale delle blastocisti, in quanto esso sviluppa specie reattive (radicali liberi) che possono danneggiare il sistema cellulare.
La coltura ed il trasferimento di blastocisti associato ad un buon sistema di crioconservazione, rappresentano oggi lo stato dell’arte delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Il trasferimento di blastocisti ha permesso di aumentare le percentuali di successo di un singolo ciclo di PMA, riducendo le percentuali di gravidanze plurime con tutti i rischi ad esse connessi.
Nel trasferimento di blastocisti la tendenza è quella di trasferire un solo embrione con una elevata capacità di impianto, gli altri embrioni formatisi, vengono crioconservati attraverso la tecnica della vitrificazione, che garantisce una ampia sopravvivenza allo scongelamento, ed eventualmente utilizzati in cicli successivi se il ciclo “a fresco” non dovesse andare a buon fine.
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