Danno ovarico: come valutarlo?
L’entità del danno ovarico è correlata non solo alla dose e al tipo di radio o chemioterapia, ma anche all’età della paziente al momento della diagnosi del tumore e alla sua riserva ovarica. Un utile strumento per valutare l’entità del danno ovarico è il dosaggio ematico dell’AMH (ormone antimulleriano), attualmente considerato il marker più affidabile di riserva ovarica. La strategia di tutela della fertilità attualmente più diffusa nella pratica clinica è la crioconservazione degli ovociti, per la quale occorre che la paziente abbia a disposizione, prima di iniziare la terapia antineoplastica, il tempo necessario per poter attuare la stimolazione ovarica.
Nei casi in cui sia controindicato posticipare la terapia antitumorale, o la paziente sia in età prepuberale, l’unica opzione possibile è invece la crioconservazione del tessuto ovarico, che ha già portato alla nascita di molti bambini sani a seguito del reimpianto del tessuto ovarico preliminarmente asportato e congelato.
Informazione è consapevolezza
Purtroppo però, non sempre le pazienti colpite da un cancro ricevono un counselling adeguato. Al contrario diversi sondaggi rivelano, sia negli USA che in Europa, che molte pazienti riferiscono esperienze negative relativamente al counselling sulla futura fertilità: lamentano colloqui frettolosi, l’impossibilità di porre agli Specialisti tutte le domande che vorrebbero, nonché spiegazioni poco chiare ed informazioni incomplete sulle strategie di preservazione della fertilità ad oggi disponibili.
Ma il dato ancor più grave è che molte pazienti sopravvissute al cancro dichiarano di non aver ricevuto affatto un counselling prima del trattamento antineoplastico. Già nel 2006 la Società Americana di Oncologia Clinica pubblicava raccomandazioni per la tutela della fertilità, stabilendo che dovrebbero essere gli oncologi stessi a discutere le possibili opzioni di preservazione della fertilità o inviare le pazienti a Specialisti della riproduzione. La realtà è che ancora troppo poche sono le pazienti che ricevono effettivamente un counselling ed hanno la possibilità di sottoporsi a trattamenti di tutela della fertilità, come conclude anche lo studio americano coordinato da Catherine Benedict e di recente pubblicato sulla rivista scientifica Cancer.
Alcune delle interviste effettuate tra pazienti sopravvissute al cancro hanno messo in risalto, inoltre, come il conflitto decisionale ed il rischio di sviluppare in futuro sentimenti di rimpianto, siano meno frequenti tra coloro che hanno ricevuto, prima di iniziare la terapia, informazioni esaustive.
Garantire assistenza alle pazienti colpite da un cancro vuol dire anche aiutarle a comprendere bene i rischi per il loro potenziale riproduttivo, informarle sulla possibilità di preservare la propria fertilità e supportarle attivamente nella loro decisione.
È giusto quindi che tutte le donne in procinto di iniziare un trattamento antineoplastico ricevano ogni informazione possibile sul rischio di infertilità futura, in modo da poter scegliere con consapevolezza, qualora naturalmente sussistano le condizioni mediche e temporali necessarie, se sottoporsi a meno ad una procedura di tutela della fertilità.
Fonte https://www.progestazione.it/fertilita/terapie-antitumorali-fertilita-limportanza-del-counselling/
L’entità del danno ovarico è correlata non solo alla dose e al tipo di radio o chemioterapia, ma anche all’età della paziente al momento della diagnosi del tumore e alla sua riserva ovarica. Un utile strumento per valutare l’entità del danno ovarico è il dosaggio ematico dell’AMH (ormone antimulleriano), attualmente considerato il marker più affidabile di riserva ovarica. La strategia di tutela della fertilità attualmente più diffusa nella pratica clinica è la crioconservazione degli ovociti, per la quale occorre che la paziente abbia a disposizione, prima di iniziare la terapia antineoplastica, il tempo necessario per poter attuare la stimolazione ovarica.
Nei casi in cui sia controindicato posticipare la terapia antitumorale, o la paziente sia in età prepuberale, l’unica opzione possibile è invece la crioconservazione del tessuto ovarico, che ha già portato alla nascita di molti bambini sani a seguito del reimpianto del tessuto ovarico preliminarmente asportato e congelato.
Informazione è consapevolezza
Purtroppo però, non sempre le pazienti colpite da un cancro ricevono un counselling adeguato. Al contrario diversi sondaggi rivelano, sia negli USA che in Europa, che molte pazienti riferiscono esperienze negative relativamente al counselling sulla futura fertilità: lamentano colloqui frettolosi, l’impossibilità di porre agli Specialisti tutte le domande che vorrebbero, nonché spiegazioni poco chiare ed informazioni incomplete sulle strategie di preservazione della fertilità ad oggi disponibili.
Ma il dato ancor più grave è che molte pazienti sopravvissute al cancro dichiarano di non aver ricevuto affatto un counselling prima del trattamento antineoplastico. Già nel 2006 la Società Americana di Oncologia Clinica pubblicava raccomandazioni per la tutela della fertilità, stabilendo che dovrebbero essere gli oncologi stessi a discutere le possibili opzioni di preservazione della fertilità o inviare le pazienti a Specialisti della riproduzione. La realtà è che ancora troppo poche sono le pazienti che ricevono effettivamente un counselling ed hanno la possibilità di sottoporsi a trattamenti di tutela della fertilità, come conclude anche lo studio americano coordinato da Catherine Benedict e di recente pubblicato sulla rivista scientifica Cancer.
Alcune delle interviste effettuate tra pazienti sopravvissute al cancro hanno messo in risalto, inoltre, come il conflitto decisionale ed il rischio di sviluppare in futuro sentimenti di rimpianto, siano meno frequenti tra coloro che hanno ricevuto, prima di iniziare la terapia, informazioni esaustive.
Garantire assistenza alle pazienti colpite da un cancro vuol dire anche aiutarle a comprendere bene i rischi per il loro potenziale riproduttivo, informarle sulla possibilità di preservare la propria fertilità e supportarle attivamente nella loro decisione.
È giusto quindi che tutte le donne in procinto di iniziare un trattamento antineoplastico ricevano ogni informazione possibile sul rischio di infertilità futura, in modo da poter scegliere con consapevolezza, qualora naturalmente sussistano le condizioni mediche e temporali necessarie, se sottoporsi a meno ad una procedura di tutela della fertilità.
Fonte https://www.progestazione.it/fertilita/terapie-antitumorali-fertilita-limportanza-del-counselling/
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