Il modello ideato è stato sfruttato per interpretare le oscillazioni dei valori del Ca-125 a partire da un semplice esame del sangue, consentendo di identificare la presenza del tumore nell’86% delle donne oggetto dello studio (affette da tumore ovarico invasivo di natura epiteliale).
Un risultato schiacciante, che quasi raddoppia le probabilità di successo nell’individuare il cancro rispetto al metodo di indagine convenzionale (48%), il quale indirizza la diagnosi fissando un valore-soglia del Ca-125.
La ricerca, condotta nell’arco di 14 anni da Usha Menon e collaboratori, è stata realizzata nel Regno Unito grazie ai dati elaborati dal United Kingdom Collaborative Trial of Ovarian Cancer Screening, che ha coinvolto un totale di 202.638 donne di età pari o superiore a 50 anni. I soggetti-campione del Trial sono stati divisi in modo casuale in tre gruppi, assegnati a due diverse strategie di screening annuale (di tipo multimodale o attraverso ecografia transvaginale) o a “nessun test di screening”.
Lo studio della professoressa Menon si è focalizzato sul campione delle 46.237 donne che hanno proseguito le indagini annuali di screening multimodale in seguito al primo controllo.
Il loro sangue è stato testato una volta all’anno per valutare i livelli sierici di Ca-125, affidando in seconda battuta l’interpretazione del rischio di cancro ovarico ad un sofisticato algoritmo; i dati sono stati elaborati sulla base di fattori tra i quali età, livelli iniziali di Ca-125 e loro successive modificazioni.
Secondo la Menon, anche se ad oggi non esistono metodi di screening sul larga scala per l’individuazione del tumore ovarico, i risultati dello studio si sono dimostrati incoraggianti e potrebbero migliorarne la diagnosi precoce, riducendo il rischio che si verifichino esiti fatali.
La prospettiva che un regolare esame del sangue affiancato ad un algoritmo consenta l’individuazione di un tumore molto aggressivo ha un valore di per sé inestimabile, nonostante la comunità scientifica sia ancora prudente circa l’effettiva utilità dell’uso del Ca-125 nel salvare delle vite.
Infatti, se solitamente le donne con un cancro ovarico hanno elevati livelli di Ca-125, la fisiologia vuole che questa proteina venga comunque prodotta dalle tube, dall’endometrio e dal rivestimento della cavità addominale (peritoneo); è considerata un marcatore tumorale in quanto presente in quantità superiori alla soglia normale nel sangue e nelle urine di pazienti con alcuni tipi di cancro, pertanto viene comunemente utilizzata in fase sia diagnostica che nei follow-up oncologici.
Tuttavia, come tutti i makers tumorali, anche il Ca-125 non può essere utilizzato come unico indicatore per formulare una diagnosi di cancro poiché è aspecifico, ovvero i suoi livelli potrebbero subire variazioni in relazione a particolari condizioni/eventi (come gravidanza, endometriosi, pancreatite, mestruazioni, malattia infiammatoria pelvica).
Nonostante le riserve nutrite sul Ca-125, lo studio recentemente pubblicato dimostra che l’uso di calcoli statistici che ne interpretino le variazioni può rivelarsi utile allo scopo di ideare e diffondere uno screening di massa che faciliti la precocità della diagnosi, elemento che influenza l’aspettativa di vita delle donne che ne sono affette. Ricordiamo che solo in Italia il tumore dell’ovaio colpisce circa 6.000 donne ogni anno, rappresenta il 5% di tutti i tumori femminili e la mortalità ad essa connesso è ancora oggi molto elevata, poiché spesso la diagnosi è tardiva.
Anche se questi primi risultati sono estremamente significativi, affinché l’ultima analisi sia completa dovremo attendere la fine del 2015, quando scopriremo se i tumori individuati attraverso l’algoritmo sono stati identificati abbastanza precocemente per salvare delle vite.
Fonti http://jco.ascopubs.org/content/early/2015/05/08/JCO.2014.59.4945.abstract
https://www.ucl.ac.uk/news/news-articles/0515/020415-ovarian-cancer-screening-detection
Un risultato schiacciante, che quasi raddoppia le probabilità di successo nell’individuare il cancro rispetto al metodo di indagine convenzionale (48%), il quale indirizza la diagnosi fissando un valore-soglia del Ca-125.
La ricerca, condotta nell’arco di 14 anni da Usha Menon e collaboratori, è stata realizzata nel Regno Unito grazie ai dati elaborati dal United Kingdom Collaborative Trial of Ovarian Cancer Screening, che ha coinvolto un totale di 202.638 donne di età pari o superiore a 50 anni. I soggetti-campione del Trial sono stati divisi in modo casuale in tre gruppi, assegnati a due diverse strategie di screening annuale (di tipo multimodale o attraverso ecografia transvaginale) o a “nessun test di screening”.
Lo studio della professoressa Menon si è focalizzato sul campione delle 46.237 donne che hanno proseguito le indagini annuali di screening multimodale in seguito al primo controllo.
Il loro sangue è stato testato una volta all’anno per valutare i livelli sierici di Ca-125, affidando in seconda battuta l’interpretazione del rischio di cancro ovarico ad un sofisticato algoritmo; i dati sono stati elaborati sulla base di fattori tra i quali età, livelli iniziali di Ca-125 e loro successive modificazioni.
Secondo la Menon, anche se ad oggi non esistono metodi di screening sul larga scala per l’individuazione del tumore ovarico, i risultati dello studio si sono dimostrati incoraggianti e potrebbero migliorarne la diagnosi precoce, riducendo il rischio che si verifichino esiti fatali.
La prospettiva che un regolare esame del sangue affiancato ad un algoritmo consenta l’individuazione di un tumore molto aggressivo ha un valore di per sé inestimabile, nonostante la comunità scientifica sia ancora prudente circa l’effettiva utilità dell’uso del Ca-125 nel salvare delle vite.
Infatti, se solitamente le donne con un cancro ovarico hanno elevati livelli di Ca-125, la fisiologia vuole che questa proteina venga comunque prodotta dalle tube, dall’endometrio e dal rivestimento della cavità addominale (peritoneo); è considerata un marcatore tumorale in quanto presente in quantità superiori alla soglia normale nel sangue e nelle urine di pazienti con alcuni tipi di cancro, pertanto viene comunemente utilizzata in fase sia diagnostica che nei follow-up oncologici.
Tuttavia, come tutti i makers tumorali, anche il Ca-125 non può essere utilizzato come unico indicatore per formulare una diagnosi di cancro poiché è aspecifico, ovvero i suoi livelli potrebbero subire variazioni in relazione a particolari condizioni/eventi (come gravidanza, endometriosi, pancreatite, mestruazioni, malattia infiammatoria pelvica).
Nonostante le riserve nutrite sul Ca-125, lo studio recentemente pubblicato dimostra che l’uso di calcoli statistici che ne interpretino le variazioni può rivelarsi utile allo scopo di ideare e diffondere uno screening di massa che faciliti la precocità della diagnosi, elemento che influenza l’aspettativa di vita delle donne che ne sono affette. Ricordiamo che solo in Italia il tumore dell’ovaio colpisce circa 6.000 donne ogni anno, rappresenta il 5% di tutti i tumori femminili e la mortalità ad essa connesso è ancora oggi molto elevata, poiché spesso la diagnosi è tardiva.
Anche se questi primi risultati sono estremamente significativi, affinché l’ultima analisi sia completa dovremo attendere la fine del 2015, quando scopriremo se i tumori individuati attraverso l’algoritmo sono stati identificati abbastanza precocemente per salvare delle vite.
Fonti http://jco.ascopubs.org/content/early/2015/05/08/JCO.2014.59.4945.abstract
https://www.ucl.ac.uk/news/news-articles/0515/020415-ovarian-cancer-screening-detection
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