Con quali ormoni viene effettuata la stimolazione ovarica?
La stimolazione ovarica si esegue con la somministrazione di FSH (follicle-stimulating hormone, ormone follicolo-stimolante), cioè un ormone prodotto dall’ipofisi e fisiologicamente presente nell’organismo femminile. Nel corso degli anni alcuni brillanti ricercatori, con un ruolo rilevante anche degli italiani, sono riusciti a ottenere l’FSH con tecnologie sempre più avanzate, prima attraverso l’isolamento nelle urine, poi attraverso tecniche di ingegneria genetica. In ogni caso, qualunque sia la sua derivazione, l’ormone utilizzato dagli anni ‘80 come base della stimolazione ovarica è sempre l’FSH.
Viene somministrato alle pazienti su base giornaliera attraverso iniezioni sottocute, e durante la stimolazione, che ha la durata media di 11-12 giorni, vengono eseguiti alcuni controlli ecografici e ormonali per accertarsi che la crescita follicolare proceda come desiderato.
Come procede il protocollo di stimolazione?
Nel corso degli ultimi trent’anni sono nati in verità moltissimi protocolli di stimolazione ovarica, ma essenzialmente due sono quelli più usati: il primo è il protocollo “lungo”, con agonisti del GnRH (gonadotropin-releasing hormone), l’ormone di rilascio delle gonadotropine; l’altro è il protocollo “corto”, che utilizza l’antagonista del GnRH.
Quando i follicoli sono pronti, cioè hanno raggiunto le dimensioni corrette, si somministra un ultimo farmaco che permette di raggiungere la maturità cellulare dell’ovocita e si procede infine con il cosiddetto recupero ovocitario. Questo ultimo farmaco è l’hCG (human chorionic gonadotrophin). Un ormone che lega il recettore dell’ormone luteinizzante (LH) che in natura appunto ha lo scopo di far ovulare la donna.
Cosa succede dopo la stimolazione? Quali ormoni vengono utilizzati oggi? Esistono ormoni simili a quelli prodotti naturalmente dall’organismo femminile?
Dopo la stimolazione ovarica, il recupero degli ovociti e l’ottenimento degli embrioni, avviene il transfer. Quando si trasferiscono gli embrioni nell’utero, è indispensabile cominciare la somministrazione di progesterone.
Oggi si preferisce usare il progesterone naturale, in tutto identico a quello prodotto dall’ovaio della donna, e che si differenzia dai cosiddetti progestinici, che non sono invece molecole presenti nell’organismo umano, bensì sostanze di sintesi simili al progesterone ma modificate farmacologicamente per aumentarne l’emivita, ovvero il tempo necessario per ridurne la concentrazione nel sangue.
L’impiego dei progestinici come supporto della fase luteale è visto con una certa diffidenza dagli specialisti, perché si pensa che a lungo termine possano avere diversi effetti collaterali, ad esempio svolgere un’azione androgenica, causare una modificazione dei valori dei grassi nel sangue, indurre effetti sulla pressione arteriosa, ecc.
Rischio di effetti secondari che il progesterone naturale non presenta: essendo uguale a quello sintetizzato dall’organismo, mantiene il completo rispetto della neutralità metabolica, cioè non possiede nessuna attività di carattere metabolico, risultando perfettamente tollerato dalla donna.
Questo rispetto della fisiologia femminile determina un altro grande vantaggio: la sicurezza dal punto di vista embrio-fetale. II progesterone naturale può essere infatti somministrato tranquillamente fino al termine del primo trimestre di gravidanza, aumentando sensibilmente le possibilità di portarla a termine senza rischi per il nascituro.
Fonte https://www.progestazione.it/gli-ormoni/pma-limportanza-della-personalizzazione/
La stimolazione ovarica si esegue con la somministrazione di FSH (follicle-stimulating hormone, ormone follicolo-stimolante), cioè un ormone prodotto dall’ipofisi e fisiologicamente presente nell’organismo femminile. Nel corso degli anni alcuni brillanti ricercatori, con un ruolo rilevante anche degli italiani, sono riusciti a ottenere l’FSH con tecnologie sempre più avanzate, prima attraverso l’isolamento nelle urine, poi attraverso tecniche di ingegneria genetica. In ogni caso, qualunque sia la sua derivazione, l’ormone utilizzato dagli anni ‘80 come base della stimolazione ovarica è sempre l’FSH.
Viene somministrato alle pazienti su base giornaliera attraverso iniezioni sottocute, e durante la stimolazione, che ha la durata media di 11-12 giorni, vengono eseguiti alcuni controlli ecografici e ormonali per accertarsi che la crescita follicolare proceda come desiderato.
Come procede il protocollo di stimolazione?
Nel corso degli ultimi trent’anni sono nati in verità moltissimi protocolli di stimolazione ovarica, ma essenzialmente due sono quelli più usati: il primo è il protocollo “lungo”, con agonisti del GnRH (gonadotropin-releasing hormone), l’ormone di rilascio delle gonadotropine; l’altro è il protocollo “corto”, che utilizza l’antagonista del GnRH.
Quando i follicoli sono pronti, cioè hanno raggiunto le dimensioni corrette, si somministra un ultimo farmaco che permette di raggiungere la maturità cellulare dell’ovocita e si procede infine con il cosiddetto recupero ovocitario. Questo ultimo farmaco è l’hCG (human chorionic gonadotrophin). Un ormone che lega il recettore dell’ormone luteinizzante (LH) che in natura appunto ha lo scopo di far ovulare la donna.
Cosa succede dopo la stimolazione? Quali ormoni vengono utilizzati oggi? Esistono ormoni simili a quelli prodotti naturalmente dall’organismo femminile?
Dopo la stimolazione ovarica, il recupero degli ovociti e l’ottenimento degli embrioni, avviene il transfer. Quando si trasferiscono gli embrioni nell’utero, è indispensabile cominciare la somministrazione di progesterone.
Oggi si preferisce usare il progesterone naturale, in tutto identico a quello prodotto dall’ovaio della donna, e che si differenzia dai cosiddetti progestinici, che non sono invece molecole presenti nell’organismo umano, bensì sostanze di sintesi simili al progesterone ma modificate farmacologicamente per aumentarne l’emivita, ovvero il tempo necessario per ridurne la concentrazione nel sangue.
L’impiego dei progestinici come supporto della fase luteale è visto con una certa diffidenza dagli specialisti, perché si pensa che a lungo termine possano avere diversi effetti collaterali, ad esempio svolgere un’azione androgenica, causare una modificazione dei valori dei grassi nel sangue, indurre effetti sulla pressione arteriosa, ecc.
Rischio di effetti secondari che il progesterone naturale non presenta: essendo uguale a quello sintetizzato dall’organismo, mantiene il completo rispetto della neutralità metabolica, cioè non possiede nessuna attività di carattere metabolico, risultando perfettamente tollerato dalla donna.
Questo rispetto della fisiologia femminile determina un altro grande vantaggio: la sicurezza dal punto di vista embrio-fetale. II progesterone naturale può essere infatti somministrato tranquillamente fino al termine del primo trimestre di gravidanza, aumentando sensibilmente le possibilità di portarla a termine senza rischi per il nascituro.
Fonte https://www.progestazione.it/gli-ormoni/pma-limportanza-della-personalizzazione/
Nessun commento:
Posta un commento